La app Foto e la strategia cloud di Apple
Sono ormai caduti i veli da quella che sarà l’applicazione unica, modellata per OSX sulla base dell’impostazione già vista su iOS 8, che Apple vorrebbe far usare ai suoi utenti in ogni attività che coinvolga l’elaborazione e l’archiviazione delle foto. Inaugurando il nuovo corso dell’onomastica targata Tim Cook, l’app si chiamerà semplicemente Photo. Da qui nasce il suo primo piccolo difetto. Il nome verrà infatti declinato nella lingua locale, così da noi l’app si chiamerà Apple Foto, generando una buona dose di confusione, specie nei motori di ricerca. A questo punto viene da chiedersi perché non abbiano chiamato anche il nuovo smartwatch Apple Orologio.
I problemi della nuova app non si limitano purtroppo al nome. Le due soluzioni che sta per sostituire sono infatti inconciliabilmente diverse tra loro. iPhoto, con le sue funzioni minimali e l’interfaccia a metà strada tra vecchio e nuovo corso, non è stato mai troppo amato dagli utenti e dal marketing della mela morsicata, per cui meritava sicuramente una rinfrescata. Usato esclusivamente da fotografi occasionali e senza pretese, è stato più che altro uno strumento di archiviazione e ricerca delle immagini, con modeste possibilità di editing e condivisione, ma con il pregio della rapidità e della semplicità.
Quella di Aperture è tutta un’altra storia. Sono in molti i fotografi esperti o con velleità professionali che hanno pagato 199 euro per affidargli la gestione di archivi di immagini anche molto impegnativi e del flusso di lavoro.
Pur non avendo tutto quello che era capace di offrire il concorrente Lightroom, il programma Apple si è infatti sempre difeso bene, grazie a una progettazione razionale, alla buona velocità e a pochi ma potenti strumenti, in grado di dare un taglio professionale alle immagini e di gestirne bene multiple varianti e coppie raw-jpeg.
In più, con in recente calo di prezzo a circa 60 euro, lo hanno scoperto anche molti hobbisti e i dilettanti, ingrossando la schiera dei suoi estimatori. In questi giorni però, gli utenti di Aperture hanno ricevuto una lettera da Apple che avverte della sua imminente uscita dallo Store. Questo evento segna la fine degli aggiornamenti, già da tempo diventati rarissimi e lascerà agli utenti la scelta se continuare su un binario morto o convertire la propria libreria per renderla accessibile alla nuova app, attraverso una procedura irreversibile.
Nata per il cloud
La app Foto, che si può già provare con la beta pubblica di OS X 10.10.3, si posiziona dichiaratamente in mezzo alle due soluzioni, offrendo un’interfaccia più al passo coi tempi e adatta al touch (pad o screen che sia) e qualche strumento in più tra ritocchi e filtri rispetto a iPhoto. Ma soprattutto Apple Foto è alla prova dei fatti molto più veloce nella gestione di archivi di grandi dimensioni.
Il problema è che la nuova applicazione non sembra adatta all’uso professionale. Le mancano strumenti di correzione basati sui pennelli e il controllo totale sull’organizzazione della libreria e sull’editing di gruppo garantito da Aperture. Ma soprattutto è discutibile l’impostazione che la rende fortemente dipendente dalla nuova libreria foto di iCloud.
Si tratta di una nuova funzione della nuvola di Cupertino che consentirà di trasferire l’intero archivio immagini personale in cloud per risparmiare spazio sui dispositivi, che manterrebbero solo una anteprima a bassa risoluzione, potendo però accedere all’intero archivio condiviso.
In sé non c’è nulla di male, i vantaggi sono evidenti, l’idea è tutt’altro che nuova e ci sono già servizi come Flickr che consentono gratuitamente la gestione remota di un indefinito numero di immagini. Il fatto è che l’aggettivo ‘gratuitamente’ in questo caso si applica solo ai primi 5 GByte, e per lo spazio aggiuntivo si va dai 12 euro l’anno per i 20GB, ai 48 euro per 200 GB, fino a 240 euro per 1 TB. Attualmente le foto affidate al servizio streaming di iCloud sono condivise gratuitamente, fuori dal conteggio dei 5GB, ma vista la nuova impostazione, non si sa per quanto questa vecchia opzione resterà accessibile.
E se date un’occhiata alle dimensioni della vostra libreria di foto, è probabile che scoprirete di non poter restare sotto i 200 GB, specie se usate una reflex e se avete su iCloud anche qualche documento e il backup dell’iPhone. Apple non costringe nessuno a passare alla nuova modalità, e tanto mano a pagare un servizio che altri offrono gratuitamente, ma la nuova strategia è evidente. Il cloud al centro di tutto e la qualità dei servizi si paga, anche in ambito consumer.
Si tratta di una logica in controtendenza rispetto a Microsoft e Google, per i quali se i servizi non sono business lo spazio non si deve pagare. La questione è che in epoca di consumerizzazione, il confine tra i due mondi è sempre più sottile, e a Cupertino potrebbero averlo capito prima degli altri.