Il mercato europeo del cloud: le sfide chiave per il futuro
OVHcloud ha comunicato i risultati di un rapporto realizzato da KPMG Francia, commissionato anche da InfraNum, Talan e Linkt, in cui vengono analizzate le principali sfide in ambito cloud che l’Europa si troverà ad affrontare nei prossimi anni.
In Europa, il mercato del cloud computing è cresciuto in media del 27% annuo tra il 2017 e il 2019, raggiungendo i 53 miliardi di euro nel 2020. Il forte trend di crescita continuerà anche nel prossimo decennio, con un valore atteso tra i 300 e i 500 miliardi di euro entro il 2027-2030. Sebbene il mercato europeo sia ancora dominato da tre attori principali, gli specialisti europei stanno gradualmente acquisendo importanza nei rispettivi mercati nazionali: OVHcloud, ad esempio, si colloca al terzo posto in Francia nell’ambito delle infrastrutture e piattaforme cloud.
Dal 2016 negli Stati Uniti e nell’Unione Europea sono state implementate diverse normative sui dati per fornire un quadro giuridico specifico. L’annullamento del Privacy Shield da parte della Corte di Giustizia europea nel 2020 ha dimostrato che i princìpi statunitensi e i requisiti del GDPR non sono compatibili.
“Il cloud non è solo questione di tecnologia o tecnica, ma di governance che deve essere compresa a livello globale sia dalle aziende sia dalle istituzioni politiche. La posta in gioco per l’Europa è considerevole: stimiamo che, entro il 2030, il mercato del cloud potrebbe valere tra i 300 e i 500 miliardi di euro, quasi 9 volte il suo valore nel 2020, e creare oltre 500.000 nuovi posti di lavoro in Europa. In assenza di decisioni di rilievo, l’Europa potrebbe perdere fino alla metà del proprio impatto economico e sociale su questo mercato” spiega John Gazal, Vice Presidente Southern Europe e Brasile di OVHcloud.
I cinque scenari per il futuro del mercato europeo del cloud
Nel report sono stati individuati 5 possibili scenari che, con vantaggi e tempi diversi, potrebbero portare ad un nuovo paradigma del mercato UE del cloud:
- Il cloud come bene comune, principalmente guidato dall’interoperabilità volontaria dei servizi cloud, da ecosistemi cloud comuni a livello settoriale e dall’accelerazione del multi-cloud, che consentirebbe la crescita di un ecosistema europeo con maggiori vantaggi per i consumatori e maggiori possibilità di sviluppo per gli attori europei operanti nel settore. Questo scenario potrebbe concretizzarsi grazie all’iniziativa GAIA-X, che intende costruire un ecosistema cloud interoperabile basato su princìpi e valori forti.
- La crescita dei provider europei, principalmente guidata dalle esigenze di mercato emergenti ancora sottovalutate (edge computing, AI per dati industriali o sviluppo di offerte sovrane) e dalla spesa pubblica (progetti B2G). Questo scenario potrebbe concretizzarsi con il supporto delle autorità UE che con forza sostengono la creazione di un Mercato Unico dei Dati (IPCEI, Data Governance Act, regolamento UE sul cloud di prossimo rilascio…).
- Un’importante fase normativa (simile a quella osservata nel mercato delle telecomunicazioni qualche anno fa), con l’emergere di un ente regolatore del cloud che vincoli i provider, in particolare gli hyperscaler, attraverso una maggiore trasparenza dei prezzi, l’interoperabilità forzata o l’open access all’innovazione. Questo scenario è fortemente supportato dai decision-maker che si aspettano una concorrenza più sana e il definitivo decollo dei cloud provider e dell’ecosistema europeo.
- L’europeizzazione dei cloud provider, sia attraverso l’europeizzazione delle operation (investimenti in R&S, appalti e creazione di valore), sia con l’effettivo controllo europeo delle filiali, con le autorità UE a sostegno della creazione di valore effettivo a livello locale e un rigoroso allineamento alle normative europee.
- La separazione delle attività cloud sia funzionale (separazione tra attività cloud e altre attività con una chiara suddivisione in termini di personale, uffici e IP), sia strutturale, con una netta separazione del business del cloud in una legal entity differente, come già discusso negli Stati Uniti. Tutto ciò porterebbe a una competitività “più equa” tra i provider europei e quelli statunitensi.