Apple Watch, tanti limiti ma farà bene a salute e pagamenti elettronici
Quando Apple, non esattamente famosa per l’economicità dei suoi giocattoli, decide di buttarsi nel lusso, fa sul serio. Lo dimostra il listino del nuovo orologio dal nome così originale, che nella versione in oro supera abbondantemente gli 11 mila euro. Roba da far sembrare conveniente anche il Rolex.
Per chi, appassionato di tecnologia e non di gioielleria, ha sopportato con rassegnazione e un pizzico di disgusto le stravaganze di sultani e grandi firme in cerca di pubblicità, pronti sfoggiare pacchianissimi melafonini tempestati di pietre preziose, vedere Apple puntare direttamente a questo mercato fa un po’ tristezza.
Del resto il momento è quello giusto, con la crisi che sembra meno incombente e i nuovi ricchi che non sentono più l’impulso di nascondere i loro eccessi.
Ma anche ragionando sulla più comprensibile versione da 399 euro, l’Apple Watch è gravato da pesanti compromessi che tra qualche mese potrebbero smorzare una parte dell’euforia collettiva con cui finora è stato accolto.
1. Ha meno innovazioni di quanto si sperava
Lasciando perdere i più stravaganti deliri dei rumors precedenti al lancio, il Watch contiene buone idee dal punto di vista software ma nessuna soluzione unica, tra le molte presentate da Apple come brevetto o favoleggiate a partire dalle acquisizioni che la più danarosa società del mondo ha continuato a portare avanti senza sosta. Mancano lo schermo curvo, il misuratore di pressione, quello di ossigeno nel sangue, le celle solari, la ricarica col movimento, la scansione della retina e altro ancora. Nulla di necessario, intendiamoci, ma per quanto bello e funzionale sia il Watch, resta l’impressione che questo primo modello serva più che altro a mettere prematuramente le basi di un percorso che diventerà effettivo solo nelle sue prossime reincarnazioni.
2. La batteria dura troppo poco
Per quanto Apple abbia passato il tempo tra l’annuncio e la commercializzazione proprio a migliorare questo aspetto, il risultato non sembra convincente. Qualsiasi fit meter da polso, con orologio, analisi continua del battito e segnalazione delle chiamate in arrivo, dura almeno 4-5 giorni e costa meno della metà. Peraltro, con un massimo di 18 ore di autonomia non si capisce come si possa effettuare il monitoraggio del sonno senza ritrovarsi al mattino con al polso un braccialetto scintillante ed elegante ma totalmente inutilizzabile, a meno che non abbiate la fortuna di poterlo caricare un paio d’ore prima di andare al lavoro.
3. L’ergonomia non è perfetta
Rotellina, pulsante di comunicazione, tocco forte e tocco leggero. Non c’è male come numero di interazioni per un orologio le cui logiche di funzionamento sono tutte da imparare. Siamo lontani dalla filosofia del singolo-tasto-per-fare-tutto che ha fatto la fortuna del primo iPhone. Del resto le funzioni del Watch sono tante e dalle prime impressioni non sembra che le logiche di funzionamento siano sempre coerenti tra le app disponibili al lancio. Sempre meglio di quasi tutti gli smartwatch concorrenti, certo, ma peggio di molti braccialetti specializzati per il fitness, che fanno meno cose ma con la massima semplicità. E questa, una volta, era la principale caratteristica dei prodotti della mela morsicata.
4. Non è abbastanza robusto
Nato per lo sport, come testimonia il nome della versione meno costosa, il Watch è però difficilmente capace di resistere alle esuberanze di un vero atleta. La versione base non ha il vetro zaffiro e rischia di trasformarsi in breve tempo in una carta geografica di graffi e ammaccature. Anche il costosissimo modello superiore potrebbe rivelarsi, alla prova dei fatti, non all’altezza delle esperienze più impegnative. Il suo design lucido sembra più adatto a una serata elegante che a monitorare il cuore durante un allenamento di free climbing. Per non parlare della resistenza all’acqua, limitata a qualche goccia di pioggia, molto al di sotto delle più prudenti aspettative della vigilia.
5. Il lusso non va d’accordo con l’obsolescenza
Ancora prima del lancio, Jony Ive si dichiarava “dispiaciuto per i poveri orologiai svizzeri”, dato che il suo Watch ne avrebbe accelerato l’estinzione. Questo potrebbe essere parzialmente vero se si considerano i modelli economici, stile Swatch per intenderci, che dovranno più che altro adeguarsi all’ondata tecnologica.
Il difficile sarà spiegare a chi ha speso poco meno di un migliaio di euro, o addirittura più di diecimila, per lo smartwatch Apple, ragionando come si fa per un Tag Heuer o un Omega, che il bellissimo oggetto acquistato tra due o tre anni al massimo sarà considerato da tutti un ferrovecchio, e probabilmente comincerà a non funzionare con le app più recenti.
questo primo modello sembra mettere le basi di un percorso che diventerà effettivo solo con le versioni future
Al contrario, chi possiede un orologio di lusso, o anche solo un buon modello di fascia media, ha la ragionevole certezza che il suo investimento resterà elegante negli anni a venire. Anzi, col tempo potrebbe anche valere di più. La rapida obsolescenza dei prodotti tecnologici si sposa infatti poco col concetto di lusso fine a sé stesso. E se cambiare smartphone per stare al passo coi tempi è un gioco alla portata di molti, è prevedibile che siano parecchi di meno quelli disposti a cambiare ogni due anni un orologio pagato 700 euro, o a lasciar marcire nel cassetto un inutile ma carissimo pezzo d’oro.
Il vero valore dell’Apple Watch
Quanto detto non significa che il progetto uscito dai laboratori di Cupertino non sia valido. Lo è sicuramente se lo si immagina in prospettiva, considerando ciò che potrebbe diventare tra qualche anno, quando uscirà il Watch 2 e gli sviluppatori avranno per le mani nuove prospettive nei due campi che maggiormente si avvantaggeranno della tecnologia indossabile, ovvero la salute e l’identificazione.
Sul primo fronte l’ultimo passo di Apple si chiama ResearchKit, e la sua utilizzazione potrebbe rendere l’Apple Watch molto più popolare di quanto non avverrà vedendo la versione in oro al polso di qualche danaroso idolo dei teenager.
Si tratta dell’espansione dell’HealthKit, introdotto con iOS 8 per supportare la nascita di app dedicate alla salute. Il ResearchKit è una piattaforma open source specificamente pensata per la raccolta di dati medici, che potrebbe rendere obsoleti gli attuali sistemi ricerca e monitoraggio sul campo. Il sistema consentirà ai professionisti di ricevere informazioni sui loro pazienti praticamente in tempo reale, e ai ricercatori di creare liberamente app specifiche per il tracciamento dei sintomi desiderati, catturati dai sensori del Watch o dell’iPhone.
Il secondo fronte che si avvantaggerà della nascita dell’iPhone è quello legato a Apple Pay. Il sistema sta avendo già molto successo oltre oceano, dove sono 700 mila gli esercizi abilitati, più 50 mila distributori automatici di Coca Cola, e si candida a diventare un punto di riferimento per i pagamenti in mobilità. L’Apple Watch rende possibile utilizzare il sistema, basato su Nfc, anche a quei modelli di iPhone privi della tecnologia necessaria, come il 5 e il 5c. Inoltre il fatto di non dover estrarre di tasca lo smartphone per effettuare il pagamento, ma solo avvicinare il polso al Pos, lo rende in assoluto il metodo di identificazione più comodo in circolazione. E per la diffusione di questo genere di servizi, quella della massima comodità è l’unica strada possibile.