La carica dei 300 (milioni): Aruba investe in un data center a Roma

La carica dei 300 (milioni): Aruba investe in un data center a Roma
L’azienda italiana esperta nel cloud acquista gli spazi per un modernissimo datacenter rivolto anche e forse soprattutto a startup e pubblica aministrazione

Dalla primavera del 2020 Roma vedrà l’inizio delle attività del nuovo Hyper Cloud Data Center di Aruba, con un investimento previsto di circa 300 milioni di Euro in cinque anni, con duecento assunzioni dirette. L’azienda aretina ha annunciato il suo quarto data center italiano, ubicato all’interno dell’area del Tecnopolo Tiburtino (Roma est).

Nato per volontà della Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con la Regione Lazio e il Comune di Roma, il polo ospita realtà imprenditoriali tecnologicamente innovative, principalmente start-up.

“Roma è attrattiva, ecco perché Aruba investe nella Capitale”, ha detto Virginia Raggi, sindaca di Roma. Comune e Regione sono “pronti a rendere Roma e il Lazio il volano economico d’Italia”, ha poi aggiunto, citando altri investimenti quali lo Stadio della Roma, la Business City di Fiumicino aeroporto e anche la sperimentazione 5G con Fastweb in ottica banda ultra larga. “Tutti questi programmi sono sostenibili: Roma potrebbe essere la start-up city d’Europa”, ha concluso la Prima cittadina.

L’Amministratore Delegato di Aruba Stefano Cecconi,e la sindaca di Roma Virginia Raggi. (Credit: Aruba)

L’Amministratore Delegato di Aruba Stefano Cecconi,e la sindaca di Roma Virginia Raggi. (Credit: Aruba)

“Il manifatturiero romano per imprese di capitale è cresciuto dai 5,5 miliardi di euro del 2009 agli 8,1 miliardi del 2017, recuperando dalla forte crisi”, ha aggiunto Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma. Anche se come valore complessivo il Lazio non ha ancora recuperato il Pil pre-crisi, la manifattura ha ottenuto grandi risultati.

Le cifre del data center di Aruba a Roma

Il data center campus è progettato su un’area di 74 mila metri quadri, di cui 30 mila di sale dati. Rispetto al centro di Milano, il terreno acquisito è meno esteso e si avrà un maggiore sviluppo in altezza. I 66 megawatt richiesti a regime saranno prodotti da fonti interamente rinnovabili: per gran parte prodotti in loco grazie al fotovoltaico, mentre la quota restante verrà acquistata da siti sempre rinnovabili.

Al suo completamento i centro di Roma, definito Hyper Cloud Data Center, sarà certificato Ansi/Tia 842A Rating 4, il più alto livello per la fault tolerance. Oltre ad essere collegato alle principali dorsali internet, disporrà di interconnessioni multiple con il campus di Arezzo (IT1 e IT2) e con il Global Cloud Data Center (IT3) di Ponte San Pietro (BG), molto vicino a Milano.

Un rendering con vista aerea del progetto per il data center romano di Aruba. (credit: Aruba)

Un rendering con vista aerea del progetto per il data center romano di Aruba. (credit: Aruba)

I quattro data center nazionali fanno parte di un più ampio network europeo Aruba, che comprende anche Germania, Francia, Inghilterra, Repubblica Ceca e Polonia.

“Il data center di Milano, aperto appena lo scorso anno, ha avuto un grande successo ed è stato necessario completarlo ben prima di quanto previsto”, ha poi aggiunto Stefano Cecconi, AD di Aruba, ipotizzando un analogo successo per il nuovo datacenter romano.

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La nuova sfida (anche europea) degli ambienti IT ibridi

La nuova sfida (anche europea) degli ambienti IT ibridi
La gestione dei dati in ambienti IT ibridi, con particolare riferimento a protezione, sicurezza e compliance, sta trasformandosi nella principale criticità aziendale.

Le ultime analisi di mercato pubblicate da IDC mostrano come il trend di adozione di infrastrutture IT ibride (mix di tecnologie e servizi on-premise, legacy e cloud) e multicloud (mix di cloud diversi di più fornitori) sia destinato ad accelerare notevolmente anche in Europa. Al momento, il 30% circa delle aziende europee ha in essere un ambiente IT ibrido, di cui poco meno di un terzo multicloud ready. Entro il 2019, un altro 30% di imprese europee adotterà una di queste due opzioni.

Teoricamente tutte le aziende europee possono arrivare a utilizzare servizi IT ibridi nel giro di pochi anni. Per farlo, è però necessario un approccio più strategico ai processi e all’architettura dei data center e soprattutto nuove capacità e competenze per garantire la portabilità delle applicazioni, l’ottimizzazione dei workload e la gestione dei dati attraverso ambienti cloud e non cloud.

Proprio la gestione dei dati in ambienti IT ibridi, con ciò intendendo soprattutto le attività di protezione, sicurezza e compliance, di integrazione e migrazione, di governance e orchestrazione, sta trasformandosi nella principale criticità per gran parte delle aziende. La crescita esplosiva dei dati (IoT, device mobili, utenti digitali), la proliferazione dei tipi (da non strutturati a strutturati), la diversificazione dei repository (cloud, data center), le nuove normative (GDPR) e infine la necessità di trasformare il dato grezzo in informazione e quindi in leva competitiva e decisionale stanno ponendo sotto enorme pressione i CIO, chiamati nel contempo a ottimizzare i costi del cloud e a rendere i processi più agili.

ambienti IT ibridi

Stando a una recente indagine condotta da IDC in Europa, il 49% delle aziende cita la protezione dei dati (backup, recovery e business continuity) al primo posto tra le principali sfide che dovranno essere affrontate nei prossimi 12-18 mesi nel percorso di migrazione ad ambienti IT ibridi e multicloud. Al secondo posto, per il 43% delle imprese, la sicurezza e la compliance.

“La trasformazione digitale sta avendo un profondo impatto sulle priorità dei CIO anche in tema di data center operation, forzandoli a passare da un approccio fortemente focalizzato sul controllo dei costi a un approccio orientato al miglioramento di sicurezza e compliance da un lato e delle capability di DR/high-availability dall’altro” sottolinea Sergio Patano, senior research & consulting manager di IDC Italia. “Obiettivo principale è quello di creare un ambiente IT agile, flessibile, scalabile e soprattutto ‘up&running 7X24’, in grado di supportare e indirizzare un business sempre più esigente in termini di time-to-market”.

“La protezione dei dati è certamente il tema più discusso in questo 2018, segnato da un’impennata nella richiesta di soluzioni di disaster recovery, business continuity e backup” aggiunge Stefano Sordi, CMO di Aruba. “Merito anche del GDPR, che pone questioni molto rilevanti in termini di protezione del dato, non solo in termini di tutela della privacy ma anche al fine di evitarne la perdita, garantirne la disponibilità in qualsiasi momento, la portabilità e la localizzazione. La legge rappresenta un grande passo avanti, perché la Comunità Europea è stata davvero pioniera sul tema del trattamento dei dati personali, stabilendo dei principi fondamentali per l’identità delle persone”.

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