Nel 2020, Google annunciava un ambizioso piano per raggiungere la “neutralità carbonica” entro il 2030, con lo scopo di bilanciare le emissioni di gas serra prodotte con quelle rimosse dall’atmosfera. Tuttavia, un recente report rivela che l’azienda è ben lontana dal raggiungere questo traguardo.

Contrariamente alle aspettative, le emissioni di Google sono infatti aumentate del 13% nel 2023 rispetto all’anno precedente (+25,910 gigawattora anno su anno). Ancora più allarmante è il confronto con il 2019, anno di riferimento, che mostra un incremento del 48% delle emissioni; da sottolineare che 1 gigawattora equivale all’energia prodotta in un’ora da una centrale elettrica che serve centinaia di migliaia di famiglie. La grande G attribuisce questa crescita principalmente all’intelligenza artificiale e alla conseguente domanda di potenza computazionale nei data center, strutture che richiedono enormi quantità di energia elettrica.

La produzione di questa elettricità, spesso ottenuta dalla combustione di carbone o gas naturale, comporta il rilascio di gas serra come anidride carbonica e metano, che contribuiscono al riscaldamento globale intensificando gli eventi meteorologici estremi.

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Nonostante Google sia considerata un’azienda leader nell’impegno per la sostenibilità ambientale, Lisa Sachs, direttrice del Columbia Center on Sustainable Investment, sostiene che l’azienda dovrebbe fare di più. In particolare, Sachs suggerisce che Google dovrebbe collaborare maggiormente con aziende più ecologiche e investire nell’infrastruttura della rete elettrica.

Kate Brandt, Chief Sustainability Officer di Google, riconosce la complessità della sfida, sottolineando che l’obiettivo di neutralità carbonica entro il 2030 è estremamente ambizioso. Brandt ammette che l’approccio dell’azienda dovrà evolversi continuamente, affrontando numerose incertezze, incluso l’impatto ambientale futuro dell’IA.

Inoltre, sono ormai diversi gli esperti che sottolineano come l’espansione rapida dei data center necessari per alimentare l’IA potrebbe ostacolare la transizione verso l’energia pulita, cruciale per affrontare il cambiamento climatico. Non si parla infatti solo di elevatissimi consumi di energia, ma anche di grandi quantità d’acqua necessarie per il raffreddamento e di inquinamento acustico. Spesso i data center vengono costruiti dove l’elettricità costa meno, non necessariamente dove sono disponibili fonti rinnovabili come l’energia eolica o solare.

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Tuttavia, c’è anche un aspetto positivo, visto che con l’aumento del consumo di Google, è cresciuto anche l’utilizzo di energia rinnovabile. Lo scorso anno, Google ha infatti raggiunto una media del 64% di energia carbon-free per i suoi data center, che a detta dell’azienda sono in media 1,8 volte più efficienti dal punto di vista energetico rispetto ad altri nel settore.

Sachs elogia Google per la sua ambizione e onestà, ma auspica che l’azienda partecipi a un dialogo più rigoroso su come accelerare l’adozione di energia pulita di fronte alla crisi climatica, “in modo che la situazione non peggiori ulteriormente prima di iniziare a migliorare”.