Rappresentanti istituzionali, ricercatori e organizzazioni che lavorano alla strategia europea per il supercomputing si sono incontrate a Cracovia, in Polonia, per la terza edizione dell’EuroHPC Summit. EuroHPC Joint Undertaking è l’organizzazione che raggruppa attorno al tema di frontiera del supercalcolo la Commissione europea, stati membri dell’Unione più alcuni altri che si sono uniti all’iniziativa, più tre associazioni di categoria di aziende che operano nel campo del supercomputer, delle piattaforme dati e del quantum computing.

Il convegno di Cracovia arriva in un momento quanto mai delicato nel panorama della tecnologia in Europa, scopertasi troppo dipendente dai fornitori e dalle tecnologie “Made in USA”, paese che si sta dimostrando sempre meno alleato della EU ogni giorno che passa, e sempre più un ostile rivale.

“Dobbiamo ridurre la dipendenza tecnologica da paesi esteri, anche in vista di possibili restrizioni all’esportazione di tecnologie per l’intelligenza artificiale”, ha annunciato Henna Virkkunen, EVP per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia della Commissione europea nel suo messaggio inaugurale.

Per fare ciò, la EuroHPC JU sta basando la sua strategia su tre pilastri considerarti strategici:

  • La rifocalizzazione del supercomputing verso le infrastrutture per la IA, concretizzate nelle AI Factories e nelle prossime Giga Factories;
  • Lo sviluppo di una filiera per la produzione di componenti, tecnologie e competenze in grado di assicurare l’indipendenza tecnologica da possibili restrizioni;
  • La ricerca per il Quantum Computing.

Nei tre giorni di lavori sono stati dati aggiornamenti sulle evoluzioni in questi tre settori, delineate le strategie future, ma c’è stata anche occasione per un confronto e riflessioni con il pubblico di ricercatori, tecnici e rappresentanti delle aziende.

I supercomputer e le AI Factories

Da quanto è stato istituito a fine 2018, EuroHPC è riuscito a piazzare quattro suoi supercomputer nelle prime venti posizioni della classifica HPC500, di cui due nella Top 10: Leonardo in Italia, e Lumi in Finlandia. Quest’ultimo rappresenta la prima delle tredici AI Factories che saranno costruite nei prossimi mesi per “formare l’ossatura della strategia IA europea, creando una rete interconnessa per healthcare, manufacturing, climate science e finance”, ha dichiarato Andres Jensen, Executive Vice President di EuroHPC JU.

Le AI factory formeranno l’ossatura della strategia IA europea, creando una rete interconnessa per healthcare, manufacturing, climate science e finance

Il fatto che tutto ciò venga realizzato da una struttura pubblica, con la collaborazione tra più stati che sviluppano e condividono tecnologie aperte, sempre restando nei confini di framework legali che sappiamo essere restrittivi rispetto a quelli di altri continenti – GDPR e AI Act su tutti – è oggettivamente un traguardo di cui essere orgogliosi.

Oltre alla creazione dei data center, la strategia europea per la IA prevede di supportare le aziende e startup non solo fornendo accesso alle risorse di calcolo, ma anche competenza e dati per addestrare i propri modelli.

EuroHPC SUmmit 2025

Diversi esponenti e persone nel pubblico hanno sottolineato però come ancora siano poco chiare le modalità di accesso a queste risorse da parte delle piccole imprese. Le AI Factory infatti sono compartecipazioni tra EuroHPC e i singoli stati membri che le ospitano, e le richieste al momento possono essere fatte alle due diverse istituzioni con percorsi differenti. Consci di queste complicazioni, EuroHPC ha promesso di snellire le procedure burocratiche e istituire un portale unificato per raccogliere le richieste.

Verso la hexascale, in modo sostenibile

Tornando a parlare di classifiche, il primo modulo installato del supercomputer Jupiter, Jedi, occupa la prima posizione della Green500, che valuta le installazioni più efficienti dal punto di vista energetico. Jupiter raggiunge questo risultato attraverso un sistema di raffreddamento ad acqua il cui calore viene recuperato e utilizzato per il riscaldamento delle abitazioni limitrofe.

Con il completamento dell’installazione, che avverrà nel corso dell’anno, Jupiter sarà il primo supercomputer europeo a raggiungere la cosiddetta hexascale, cioè prestazioni nell’ordine delle 1018 operazioni in virgola mobile al secondo. Al momento ci sono solo tre supercomputer al mondo in questa classe di prestazioni, e sono tutti negli USA.

Un altro modo per ribadire che lo sviluppo di data center sempre più potenti, una delle priorità nella strategia per l’intelligenza artificiale, può avvenire anche nel rispetto di valori altrettanto prioritari, come quello della sostenibilità ambientale.

L’indipendenza tecnologica deve partire dai chip

Per quanto l’avere centri di supercalcolo sovrani sia un traguardo importante, tutti questi sistemi sono basati su tecnologie americane, con chip e schede prodotti principalmente da Intel, AMD e Nvidia. Il problema è che gli Stati Uniti si stanno dimostrando sempre più protettivi nella diffusione delle tecnologie più avanzate, e una controparte sempre meno collaborativa con l’Europa. Questo processo è iniziato prima ancora dell’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Negli ultimi giorni della sua presidenza, Joe Biden ha infatti firmato un ordine esecutivo con il quale ha limitato le esportazioni delle tecnologie per la IA più avanzate in più della metà dei paesi membri dell’Unione Europea.

Sarà difficile costruire nuovi supercomputer se mancheranno i componenti principali dedicati al calcolo. Nei giorni scorsi abbiamo parlato del progetto DARE sostenuto da EuroHPC e che mira a creare CPU e acceleratori per la IA completamente europei basati sull’architettura open source RISC V. La ricerca e la sperimentazione in questa direzione è però già iniziata da tempo con il progetto EU Pilot (acronimo ricorsivo che sta per  Pilot using Independent, Local and Open Technologies). Lo scorso luglio sono stati condotti con successo i test sui primi chip a 12nm. Nei prossimi mesi dovrebbe essere realizzato un test di un sistema completo, raffreddato a liquido per immersione.

Quanto tempo servirà per avere un processore made in EU competitivo? “In 5-10 anni l’approccio open di Risc V può essere competitivo, insieme con l’offerta Arm – dice nel panel dedicato alle tecnologie la prof. Cristina Silvano, docente di Scienza e ingegneria dell’Informazione al Politecnico di Milano, aggiungendo però che – il codesign con i produttori hardware sarà fondamentale per sfruttare le architetture il più possibile e ottenere il massimo in termini di efficienza energetica, con prestazioni misurate in flops per secondo per watt”.

Altrettanto importante sarà il ruolo del software, in particolare di compilatori ottimizzati e nuove librerie per aiutare il lavoro degli sviluppatori e utenti, sottolinea Teresa Cervero, Leading Research Engineer al Barcelona Supercomputing Center.

Se è vero che l’Europa in questo momento dipende dai chip americani, va però anche ricordato che per la loro produzione gli USA dipendono da un fornitore e una tecnologia che sono esclusivi dell’Europa. Parliamo dell’olandese ASML e della sua tecnologia litografica a Ultravioletti Estremi per la produzione dei wafer di silicio più avanzati. La partita, insomma, è ancora aperta.

Quantum computing: la rincorsa è possibile

Se nel settore delle CPU e GPU tradizionali il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina è molto ampio, il quantum computing è ancora un settore nel pieno della fase di ricerca e sviluppo e in cui l’Europa ha ancora carte da giocare.

Per questo motivio, EuroHPC ha deciso di sostenere sei diversi progetti che seguono filoni di ricerca differenti tra loro, per testare ogni possibile alternativa. I quantum computer che sorgeranno in Repubblica Ceca, Francia (dove sono già in fase di calibrazione), Germania, Italia, Polonia e Spagna saranno basati sulle tecnologie con qbit a superconduttori in diverse tecnologie, qbit fotonici e ad atomi neutri.

La sperimentazione potrebbe anche non terminare con un modello vincente, ma rivelare che alcune di queste tecnologie sono più adatte a un certo tipo di calcoli, mentre altre si adattano meglio a elaborazioni differenti.

Il corridoio con esposti alcuni componenti dei diversi progetti in corso è stato scherzosamente chiamato “Quantum Tunnel”

Il corridoio con esposti alcuni componenti dei diversi progetti in corso è stato scherzosamente chiamato “Quantum Tunnel”

Il Vecchio continente si sta svecchiando?

Assonnata, innamorata delle regole, soggiogata alla burocrazia, con una produttività limitata dai sindacati, incapace di innovare… In molti ambienti è questa la narrazione che viene propagandata nel descrivere il rapporto dell’Europa con la tecnologia di frontiera.

Ebbene, negli ultimi anni gli avanzamenti nel settore del supercomputing sono stati fatti a un ritmo davvero invidiabile, riuscendo a coordinare enti eterogenei e superando gli ostacoli burocratici. Certo, il terreno da recuperare è ancora molto, ma la traiettoria è quella giusta. Per convincere i critici servirà anche un po’ più di determinazione e un filo di arroganza nel comunicare meglio i traguardi raggiunti. Nei tanti poster presenti nelle hall venivano elencati progetti e realizzazioni dei quali non si parla abbastanza (uno su tutti DestinE, il gemello digitale della Terra che ha appena aperto i suoi primi servizi al pubblico.

Secondo altri osservatori, anche autorevoli, il modello EuroHPC – un consorzio con molte voci e altrettanti interessi – non è adatto alla ricerca di frontiera. Servirebbe un’istituzione più simile al Cern, in cui gli scienziati possono decidere in autonomia la direzione da imprimere alle loro ricerche. È sicuramente una prospettiva allettante, ma è fuori di dubbio che in questo momento sia necessario costruire infrastrutture e tecnologie concrete in tempi molto brevi per preparare l’Europa a rispondere alle sfide di uno scenario globale in frenetica evoluzione. O involuzione, sarebbe forse meglio dire.