È una delle branche super specialistiche più high-tech del momento. Che effettua procedure guidate dall’imaging, da nuove tecnologie ecografiche con fusione di immagini, e da sistemi informatizzati e robotizzati di guida degli strumenti.

È la radiologia interventistica oncologica argomento di discussione della settima edizione di Mio-Live (Mediterranean Interventional Oncology), il congresso internazionale organizzato dalla Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma al quale hanno partecipato anche la Società di interventistica oncologica americana (Sio), quella europea (Cirse) e due società scientifiche coreane (Ksir e Ksita).

Il convegno è stata l’occasione per tracciare lo stato dell’arte del livello tecnologico raggiunto dalle procedure di radiologia interventistica e la pratica clinica multidisciplinare messa in atto quotidianamente nei centri oncologici di riferimento come Fondazione Policlinico Gemelli.

L’accelerazione con lo sviluppo tecnologico

Questo tipo di radiologia ha registrato una forte accelerazione negli ultimi anni grazie allo sviluppo delle tecnologie. L’interventistica si è evoluta infatti con una forte crescita delle pubblicazioni nel periodo 2005-2015. Lo sviluppo tecnologico ha portato all’affermazione di tecniche quali l’ablazione a radiofrequenza (Rfa), l’ablazione a microonde (Mwa), la Crioablazione (Cra) e la Elettroporazione Irreversibile (Ire).

Si tratta di un tipo di radiologia che non prevede né anestesia generale, né esposizioni chirurgiche; per questo il paziente ha una ripresa molto rapida, con minore impatto sulla sua qualità di vita.

Roberto Iezzi, Direttore della Uoc di Radiodiagnostica di Gemelli Molise, Radiologo Interventista dell’Uoc di Radiologia d’Urgenza della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e professore associato di Radiologia all’Università Cattolica

Roberto Iezzi, Direttore della Uoc di Radiodiagnostica di Gemelli Molise, Radiologo Interventista dell’Uoc di Radiologia d’Urgenza della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e professore associato di Radiologia all’Università Cattolica

Negli ultimi 10-15 anni – ricorda il Professor Roberto Iezzi  la radiologia interventistica ha trovato applicazione anche in ambito oncologico, con due tipologie di trattamenti: percutanei, attraverso l’introduzione dall’esterno, direttamente nella lesione, di strumenti – in genere aghi – che determinano bruciature delle lesioni, e intra-arteriosi, nei quali la porta d’ingresso alla lesione è rappresentata da un vaso arterioso. In genere si entra dall’arteria femorale all’inguine ma di recente si è cominciato a utilizzare l’arteria radiale al polso”.

Scarsa invasività (grazie all’uso di strumenti e materiali di calibro sempre più ridotto) e precisione, perché le procedure sono guidate dall’imaging, sono le sue caratteristiche principali.

I trattamenti

Ablazione percutanea delle lesioni tumorali

Consiste nel posizionare direttamente a livello delle lesioni tumorali, partendo dall’esterno, aghi e device per determinarne la necrosi, cioè la distruzione. Questo si può effettuare sfruttando vari tipi di energia; con le radiofrequenze (la prima fonte di energia utilizzata per queste procedure) e, da qualche anno, anche con le micro-onde; entrambe le procedure producono un calore intenso, in grado di distruggere le lesioni.

Ma la stessa cosa può essere fatta sfruttando la crioablazione, che determina una necrosi cosiddetta a frigore (da freddo) capace di stimolare anche delle azioni biologiche, cioè il suicidio della cellula determinato dal rapido congelamento, seguito dallo scongelamento del tessuto tumorale.

Infine, l’ultima tecnologia introdotta è l’elettroporazione (o elettrochemioterapia) grazie alla quale gli aghi determinano dei circuiti elettrici a livello del tessuto da colpire. Questi a loro volta provocano l’apertura di buchi a livello della membrana delle cellule tumorali che, nella elettroporazione irreversibile, causano la rottura della membrana e la necrosi del tessuto tumorale; oppure, nell’elettrochemioterapia, un’apertura temporanea di pori che permettono l’ingresso di farmaci all’interno della cellula tumorale, provvedendo a distruggerla.

Trattamenti intra-arteriosi

Per questa via si possono effettuare chemio-embolizzazioni e radioembolizzazioni, sempre in maniera mininvasiva e locoregionale. Si tratta di veri e propri trattamenti chemio e radioterapici, mirati però direttamente alla lesione tumorale, per i quali si utilizzano microparticelle superselettive, con diametri variabili e scelti su misura per il tipo di lesione da colpire.

Esistono particelle embolizzanti permanenti o riassorbibili, di calibro diverso (dai 40 ai 900 micron), che portano in maniera specifica e selettiva un tipo di chemioterapico (a dosaggio variabile) direttamente all’interno del tumore. Quelle riassorbibili si limitano a veicolare il farmaco, senza l’effetto embolizzante, (cioè di interrompere il flusso di sangue) che in caso di funzionalità epatica danneggiata, comprometterebbe ancor più la salute dell’organo.

Dove possibile, invece, con le particelle più grandi si sfrutta anche l’effetto embolizzante, cioè di chiusura del vaso, che affama il tumore. II vantaggio di questo tipo di trattamenti super-selettivi è di far arrivare una quantità maggiore di chemioterapico (o di radiazioni) direttamente all’interno del tumore, riducendo in modo significativo gli effetti indesiderati sistemici e le complicanze.

Nella radio-embolizzazione queste particelle su misura veicolano dei radioisotopi e quindi effettuano una radioterapia direttamente all’interno del tumore.

Pro. Riccardo Manfredi, Direttore Radiologia Diagnostica e Interventistica Generale della Fondazione Policlinico Gemelli e Professore Ordinario di Radiologia all’Università Cattolica

Pro. Riccardo Manfredi, Direttore Radiologia Diagnostica e Interventistica Generale della Fondazione Policlinico Gemelli e Professore Ordinario di Radiologia all’Università Cattolica

“La radiologia interventistica – commenta Riccardo Manfredi – nei centri ad alto livello di specializzazione come il nostro si affianca ormai di routine, agendo anche in maniera complementare, alla chirurgia, la radio e la chemioterapia, nel trattamento dei tumori. Le procedure interventistiche vengono selezionate, scelte e discusse da un team multidisciplinare e possono essere utilizzate come alternativa o in associazione alle terapie tradizionali”.

Un esempio è dato dall’immunoterapia. Le procedure percutanee (crioablazione in particolare) e intrarteriose (radioembolizzazione) hanno un effetto immunomodulante, cioè vanno ad alterare e a determinare una migliore risposta all’immunoterapia. Sono in questo momento in corso numerosi studi di associazione di procedure loco-regionali a immunoterapia sistemica.

Nata per il trattamento delle lesioni primitive (epatocarcinomi, colangiocarcinomi) e secondarie del fegato (metastasi), la radiologia oncologica nel corso degli anni ha ampliato il suo raggio d’azione e oggi viene utilizzata per i tumori del polmone, del rene e dell’osso. Le indicazioni si stanno ampliando anche verso altri tumori, come pancreas, tumori ginecologici e della prostata.

Al Gemelli ogni anno vengono effettuate oltre quattromila procedure di radiologia interventistica, metà delle quali in ambito oncologico.