A prima vista sembra una semplice compressa. Invece è un concentrato di tecnologia che arriva dalla Corea arricchito dall’azione dell’intelligenza artificiale. È il NaviCam Sb ideato dalla Anx Robotics che utilizza un algoritmo che facilita l’individuazione delle patologie concentrandosi sulle immagini sospette. I dati del produttore dicono che grazie all’utilizzo del software NaviCam ProScan, il sistema di endoscopia capsulare Anx Robotics è più veloce dei sistemi convenzionali perché grazie all’Ia è possibile trovare molte più lesioni in tempi minori.

In pratica nello stesso tempo con la videocapsula è possibile esaminare sette pazienti in più. Lunga 27 mm con un diametro di 11,8, la compressa ha un campo visivo di 140° e una risoluzione di 480×480. Oltre alla precisione e al risparmio di tempo è economica, il download veloce del video consente procedure brevi ed è possibile utilizzare un metodo non radioattivo per il controllo della sua posizione. Il registratore dei dati viene installato grazie a una cintura per sensori e indossato durante l’intero periodo di registrazione.

Malattie difficili da individuare

Come spiega Maria Elena Riccioni, Uoc Endoscopia digestiva chirurgica del Policlinico Gemelli, l’utilizzo della videocapsula in sé non è una novità, ma in questo caso l’avanzata della tecnologia cambia lo scenario. “La videocapsula è un’indagine, utilizzata per la diagnosi delle patologie dell’intestino tenue da circa venti anni. Qui al Gemelli facciamo almeno 250 esami l’anno con la videocapsula, per una serie di indicazioni, quali la ricerca delle fonti dei cosiddetti sanguinamenti ‘oscuri’, che né la gastroscopia, né la colonscopia hanno permesso di individuare, una malattia di Crohn difficile da diagnosticare, un sospetto tumore del tenue, le sindromi poliposiche, malattie ereditarie gastro-intestinali rare”.

La procedura prevede che il paziente a digiuno, dopo aver firmato il consenso informato, ingerisca la videocapsula. A questo punto viene dotato del rilevatore-registratore (una sorta di Holter) che porterà con sé per tutta la durata dell’esame (circa otto ore che corrisponde alla durata della batteria della capsula). Al termine dello studio, la videocapsula viene espulsa con le feci. Il medico, rivede su un monitor la registrazione del passaggio della compressa nei diversi tratti di intestino, a occhio nudo o con l’ausilio dell’algoritmo che attira la sua attenzione su aree sospette (evidenziate da un quadratino colorato).

La sala operatoria ibrida

L’attenzione alle nuove tecnologie del Policlinico capitolino è arricchita dalla nuova sala ibrida inaugurata presso il Centro malattie apparato digerente dedicata al trattamento endoscopico delle patologie gastroenterologiche. La sala operatoria comprende una Tac a 128 strati e un angiografo rotazionale a braccio robotizzato Artis Pheno di ultimissima generazione che lavorano in maniera integrata, grazie a un software dotato di algoritmi di segmentazione che consentono di elaborare in tempo reale una ricostruzione 3D degli organi.

La sala ibrida è dotata anche di un eco-endoscopio, che consente la visualizzazione diretta della posizione in cui si trova lo strumento ‘dall’interno’, e di aggiungere dunque ulteriori dettagli di imaging. Il ‘cervello’ della sala ibrida è un sistema di video-integrazione. Il software di integrazione delle immagini è in grado ad esempio di fare una road map automatica dei vasi sanguigni, per mostrare qual è il campo di attraversamento degli strumenti operatori; oppure di prolungare virtualmente lo strumento chirurgico in maniera da far vedere al chirurgo quali sono gli organi attraverserà o quali nervi o vasi incontrerà su una determinata traiettoria.