Arresto cardiaco, quando è il drone a salvare la vita
A Taranto è stato effettuato il primo test di volo del progetto sperimentale Seuam (Sanitary emergency urban air mobility) di Sis 118, il drone che ha portato un defibrillatore in uno scenario simulato di arresto cardiaco improvviso.
In questo tipo di situazioni i tempi di soccorso sono fondamentali e abbatterli può significare anche il 40% in meno di vittime di arresto cardiaco. La simulazione si è svolta nel molo di Sant’Eligio, con la partecipazione di un testimone che, sotto la guida telefonica della Centrale operativa 118, ha provveduto inizialmente a effettuare il massaggio cardiaco e quindi a defibrillare il paziente utilizzando l’apparecchio portato dal drone veicolato, in tempo reale, sul posto dagli infermieri della Centrale operativa. Un intervento tempestivo deve assicurare entro i primi tre minuti dall’insorgenza l’inizio delle compressioni toraciche ed entro i primi cinque minuti la scarica elettrica erogata dal defibrillatore.
Obiettivo del progetto sperimentale Seuam – presentato a Roma il 13 ottobre 2021 insieme al partner tecnico Caltec, consorzio aerospaziale campano, e ai partner istituzionali Comuni di Taranto, Santa Lucia di Serino, Altomonte, Massa di Somma, alle università Campus Biomedico di Roma, Libera Università Mediterranea ‘Giuseppe Degennaro’ di Casamassima (Bari), Politecnico di Milano, Federconsumatori nazionale, Coni Comitato regionale della Campania, Federsanità Anci Campania – è ridurre in modo significativo le morti evitabili, dovute a malore o trauma, portando, grazie all’uso di droni iperveloci teleguidati dalle Centrali operative 118, apparecchiature salvavita, quali il defibrillatore semiautomatico, ma anche farmaci, sangue ed emoderivati su scenari di altissima criticità, a supporto delle attività di soccorso dei mezzi ordinari inviati dal Sistema di emergenza territoriale 118.
Drone vs. ambulanza
Un secondo test si è svolto ad Altomonte (Cosenza) e in questo caso il drone ha vinto la gara di velocità su un’ambulanza arrivando sulla scena di un arresto cardiaco improvviso con un vantaggio di 3 minuti e 11 secondi. L’intervallo tra la scarica erogata precocemente dal defibrillatore, utilizzato da soccorritori occasionali, al paziente, e il successivo arrivo dell’ambulanza, è stato di 2 minuti e 12 secondi.
Questo significa aumentare del 20% la probabilità di salvare il paziente colpito da arresto cardiaco. Il test ha previsto l’invio in contemporanea di un’ambulanza, proveniente da Iersi e un drone nel luogo del soccorso. A parità di punto di partenza, l’ambulanza ha dovuto percorrere un tratto stradale di 2.5 km circa, mentre per il drone con il defibrillatore la distanza coperta è stata, in linea retta, di circa 500 metri.
Altri risultati sono arrivati dallo studio effettuato in Svezia dalla Swedish Heart Lung Foundation e pubblicato da The Lancet secondo il quale, durante il periodo di studio (dal 21 aprile 2021 al 31 maggio 2022), si sono verificate 211 segnalazioni di sospetto arresto cardiaco extraospedaliero e in 72 (34%) di queste è stato impiegato un drone.
Tra questi, il defibrillatore (Dae) è stato consegnato con successo in 58 casi (81%) e il motivo principale della mancata consegna è stato l’annullamento da parte del centro di spedizione perché il caso non era un arresto cardiaco extraospedaliero. Nei casi per i quali erano disponibili gli orari di arrivo del drone e dell’ambulanza, la consegna del Dae da parte del drone è avvenuta prima dell’arrivo dell’ambulanza in 37 casi (67%), con un vantaggio temporale mediano di 3,14 minuti.
Tra questi casi, 18 (49%) erano veri arresti cardiaci extraospedalieri e in sei casi (33%) è stato collegato un Dae consegnato dal drone. Due (33%) hanno avuto un primo ritmo defibrillabile e sono stati defibrillati da un Dae fornito dal drone prima dell’arrivo dell’ambulanza, con una persona che ha raggiunto una sopravvivenza di 30 giorni. Non si sono verificati eventi avversi.
La consegna del Dae (non l’atterraggio) è avvenuta entro 15 m dal paziente o dall’edificio nel 91% dei casi. Secondo lo studio svedese i droni equipaggiati con Dae inviati in caso di sospetto arresto cardiaco extraospedaliero hanno consegnato il defibrillatore prima dell’arrivo dell’ambulanza in due terzi dei casi, con un beneficio in termini di tempo mediano clinicamente rilevante di oltre tre minuti.
Secondo lo studio le criticità riguardano soprattutto la limitata disponibilità di defibrillatori fissi nelle aree residenziali, il basso tasso di utilizzo e i problemi di manutenzione degli Aed pubblici. Gli esperti sottolineano anche la necessità di integrare gli Aed fissi con quelli sui droni che hanno il compito di migliorare la copertura del territorio soprattutto per quanto riguarda le aree residenziali. I risultati poi sono diversi a seconda delle aree interessate con i droni che potrebbero aiutare a colmare le differenze. Nelle aree urbane con poco traffico le ambulanze hanno tempi di risposta più brevi, mentre i droni potrebbero intervenire meglio in quelle più trafficate.
Esistono anche problemi organizzativi che prevedono la necessità di migliorare i protocolli nelle chiamate di emergenza e il perfezionamento dei protocolli relativi all’invio dei droni per evitare eventi di sovra-triage e assicurarne un uso efficiente.
Un test per verificare l’integrità biologica dei materiali
Un altro esperimento ha riguardato nel 2023 il trasporto di sangue ed emocomponenti e faceva parte di uno studio congiunto dell’Istituto di fisica applicata ‘Nello Carrara’ del Cnr di Firenze, della Asl Toscana Nord Ovest, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con ABzero, uno spin off della Scuola Superiore Sant’Anna.
In questo casi è stata accertata l’integrità biologica di campioni ematici, trasportati in una smart-capsule attraverso un drone. Lo studio ha previsto anche il monitoraggio in tempo reale delle condizioni dei materiali con la rilevazione della temperatura, l’umidità, il pH ed l’emolisi con l’attivazione di una procedura di allerta e di risposta in caso di necessità. Sperimentazioni simili sono state effettuate anche in Usa e Francia.
“Lo studio ha dimostrato – spiega Angela Pirri del Cnr Ifac – che lo sviluppo di una capsula dotata di intelligenza artificiale, trasportabile con un drone, è in grado di preservare le condizioni termiche dei materiali biologici trasportati, in tutte le condizioni di volo (diverse altitudini, velocità, accelerazioni/decelerazioni), mentre i test chimici hanno confermato l’integrità dei campioni prima e dopo le operazioni di trasporto su drone – conclude – la performance complessiva del sistema è stata validata durante lo svolgimento di otto differenti missioni di volo, di circa 13 minuti di durata ciascuna, e coprendo una distanza totale di 105 km di volo per complessive 39 ore di volo”.