Il codesign è la chiave per l’innovazione nella sanità
L’assistenza sanitaria sta subendo una profonda trasformazione e la tecnologia è una dei principali driver. Digitalizzazione, data science e innovazione scientifica ci mettono di fronte a nuove sfide e opportunità che danno un nuovo significato al concetto di “cura”. Il design, inoltre, può contribuire allo sviluppo e umanizzazione della tecnologia. Da qui il nome del congresso organizzato dal Circolo del Design di Torino Humanizing Technology by design.
Negli ultimi 10 anni, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha perso 37 miliardi di euro tra tagli e definanziamenti, ma l’ultimo anno ci ha insegnato quanto sia importante finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie utili alla prevenzione e la cura delle più diverse malattie.
Basti pensare alla ricerca condotta da Google DeepMind che mostra come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella lettura di una mammografia possa ridurre il numero di falsi positivi e falsi negativi nella previsione di un cancro al seno.
O ancora alla recente ricerca condotta dalla Harvard Business Review che ha dimostrato come la formazione dei medici con realtà aumentata (AR) e realtà virtuale (VR) ne abbia migliorato le performance e affinato le soft skills in sala operatoria.
L’uomo al centro
Molto spesso i sistemi sanitari sono costruiti sulla cura della malattia anziché sulla salute e il benessere del cittadino in generale. È importante, però, che questo cambi e che vada sempre di più nella direzione della prevenzione. Come abbiamo detto poco fa, sarà proprio la tecnologia ad aiutarci.
“Dobbiamo guardare al problema e decostruire tutte le consapevolezze. – ha affermato Marta Lago, EU lead for Patient Experience & Solution Design di Amgen – Ogni azione, ogni suggerimento deve rispondere a un bisogno del paziente e non basarsi solo su quello che il medico o il designer pensano possa essere utile”.
La pandemia è stata un acceleratore del cambiamento in tre modi:
- Ha trasformato la somministrazione e il monitoraggio delle cure, anche fuori dall’ospedale. Si parla sempre di più di autonomia del paziente, che deve essere in grado di gestire la propria salute, e la digitalizzazione sarà sicuramente un facilitatore. Ogni cittadino, grazie ad applicazioni sul proprio smartphone, smartwatch e qualsiasi altro strumento digitale, è oggi in grado di monitorare giorno dopo giorno la propria salute. Anche solo questo genera un impatto positivo sulla qualità di vita del paziente e lo si spinge a farlo quotidianamente fino a diventare una routine.
- Ha evidenziato le vulnerabilità economiche e sociali dei sistemi sanitari. L’aspettativa di vita sta aumentando e a questo punto le opzioni sono due: o aumenta la qualità della vita oppure i costi devono diminuire.
- Ha reso consapevoli i cittadini-pazienti sul loro potere nel richiedere un’assistenza sanitaria più umana ed equa. Il Covid ha evidenziato il gap tra pazienti poveri e quelli ricchi e deve essere ridotto al minimo.
Il codesign nella sanità
Questo nuovo approccio human centered alla tecnologia e l’attenzione al risultato hanno dato un forte impulso all’innovazione collaborativa nel settore sanitario. Si parla ora di cocreation e codesign.
Codesign significa creare uno spazio dove vengono ascoltate le voci di chi vive e comprende la condizione del paziente e le sue necessità, ad esempio gli psicologi. Significa eliminare le barriere tra il design e lo user per guidare il processo decisionale guardando al problema con la prospettiva del paziente stesso.
Si passa quindi da design for a design with. L’idea dei Patient Experts (Pazienti esperti), ad esempio, ha l’obiettivo di tranquillizzare le persone che stanno attraversando un problema grazie al supporto di chi quel problema l’ha superato. Crea empatia, fiducia e l’esperienza dei vecchi pazienti può aiutare lo sviluppo di una eventuale soluzione. Da non sottovalutare anche il supporto alle famiglie dei pazienti che spesso sono costrette a modificare la propria vita.
Non si dovrebbero più utilizzare solo per abitudine determinate metriche se non riflettono le necessità e le volontà del paziente, che ha anche altre priorità oltre alla sopravvivenza. E qualsiasi esse siano, non bisogna sacrificarle ma facilitarle.
Abbiamo visto ancora solo la punta dell’iceberg, i ruoli tradizionali stanno cambiando. “C’è chi ha paura che gli algoritmi possano prendere il posto dei medici. Non dico che sia impossibile, ma vederla in questo modo non è corretto: il ruolo del medico sarà sempre fondamentale, ma si sposterà da azioni che possono essere sostituite dall’AI al rapporto diretto col paziente e la gestione del team. Spero in un futuro human centric e umano” ha concluso Lago.
Coprogettazione: il medoto di OpenDot
Secondo Enrico Bassi, Direttore di OpenDot, coprogettazione significa spostare il potere dal designer all’utente. “I progettisti sentono il dovere di assumersi il ruolo di chi risolve il problema. E va benissimo quando si parla di un prodotto tradizionale. Ma in ambiti come quello della salute non funziona” ha affermato.
L’utente, il paziente e la sua famiglia sono fondamentali per comprendere la quotidianità, ed è qualcosa che non si trova sui libri. Non si può prescindere dalla collaborazione con ospedali, fondazioni e associazioni di pazienti.
OpenDot, un FabLab aperto a tutti, da ormai sei anni si impegna per innovare il mondo della cura, co-progettando insieme a persone con disabilità, associazioni, medici, fondazioni e terapisti. Nello specifico, parte dall’identificazione delle necessità per arrivare alla prototipazione delle soluzioni e a un impatto diretto sulla vita di chi le utilizza.
Non è, però, semplice. Proprio OpenDot, assieme alla Fondazione Together to Go, ha formalizzato il proprio metodo di co-design in un manifesto e un toolkit per facilitare la coprogettazione, banalmente aiutando a superare gli ostacoli linguistici tra le professioni che dovranno collaborare.
OpenDot utilizza la stampa 3D per i suoi progetti perché semplifica il processo di progettazione e test, che con le tecnologie tradizionali risulterebbe troppo costoso e troppo lento.
Glifo, un supporto per la scrittura realizzato su misura grazie alla stampa 3D, ad esempio, nasce dalla co-progettazione tra maker, designer, terapisti e le famiglie di bambini con disabilità per permettergli di scrivere e disegnare in autonomia. Inoltre, proprio a Giugno 2021 è stato lanciato un configuratore online che permette a chiunque di personalizzare il proprio Glifo. Seddle up!, un ausilio posturale su misura dal design maneggevole e facilmente trasportabile è nato dall’idea (e dall’esperienza) di un terapista. TOP! Together to Play, ancora, è una suite di videogiochi basati sull’eye-tracking per innovare l’healthcare attraverso codesign e data analysis.
“La cosa più bella è che realtà come OpenDot sono presenti in tutto il mondo. Il nostro compito ora è diffondere le nostre conoscenze e competenze per il bene di tutti”, dice Bassi.
Ora che conosciamo le potenzialità del codesign, le cose da fare sono tre:
- Dato che tutti questi processi sono partecipativi, è fondamentale imparare a conoscere il mondo dei propri partner partendo dal comprenderne il linguaggio, le logiche e i limiti normativi del settore. Non serve essere esperti di tutto.
- Non avere paura di provare, queste tecnologie ci consentono grande facilità nel tentare cose nuove e la possibilità di sbagliare senza costi eccessivi.
- Bisogna infine sperimentare qualcosa di innovativo – non per forza tecnologicamente: la tecnologia è uno strumento, non l’obiettivo.