Anche il vetrino del microscopio diventa digitale
Siapec-Iap, la Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica, sta cercando di indirizzare un file che può viaggiare a distanza, materia di base per la patomica, questo con un documento realizzato con l’Istituto Superiore di Sanità che ha il compito di stabilire quali sono i requisiti minimi del vetrino digitale.
“L’anatomo-patologo – spiega Anna Sapino, presidente della Società italiana di Anatomia patologica e citopatologia – è il medico che fa la diagnosi su pezzi operatori, biopsie o aghi aspirati guardando al microscopio. Così decidiamo se una lesione è tolta e la natura che ha se è un tumore o un infiammazione. La diagnosi è il nostro ruolo principale. È un lavoro che richiede alta professionalità, la possibilità di confronto e l’utilizzo di nuove tecnologie, perché non sempre è tutto bianco o nero, e in questi casi dobbiamo avere un supporto per limitare al massimo il dubbio diagnostico”.
Telepatologia e patomica
Con la digitalizzazione i vetrini si sono trasformati quindi in immagini digitali condivisibili anche a distanza e con la possibilità di utilizzare diversi ingrandimenti e multipli piani di fuoco per la loro corretta visualizzazione (virtual microscopy), come se si lavorasse con il vetrino e il microscopio convenzionali.
Anche per l’anatomopatologo si parla quindi di “telepatologia con l’utilizzo delle immagini digitali anche per la nuova scienza – è sempre Sapino a parlare – che è la patomica che, in analogia alla radiomica, dall’immagine riesce a estrarre dati particolari che possono essere inseriti in un percorso di intelligenza artificiale e quindi estrapolare dati prognostici, predittivi ma anche diagnostici. Non è detto che un domani proiettando il vetrino il patologo non sia aiutato a trovare la giusta visione. Non è un futuro lontano ma ci vorrà un’educazione anche nostra per utilizzare la tecnologia in maniera adeguata”.
La pandemia anche in questo comparto ha aiutato lo sviluppo favorendo la patologia digitale e le condivisioni virtuali. Poi l’introduzione di scanner capaci di trasformare il vetrino fisico in file consultabili da computer ha posto le basi per la diffusione della telepatologia con il sistema più avanzato al mondo che si trova in Giappone dove è prevista la centralizzazione dei referti di tutti i pazienti, mentre in Europa abbiamo l’esempio interessante dell’Olanda.
In Sicilia e in Piemonte abbiamo alcuni laboratori di anatomia patologica completamente digitalizzati, dalla ricezione del campione di tessuto alla diagnosi finale. I vantaggi derivanti dall’utilizzo di questa tecnologia sono evidenti. L’investimento si ripaga con risparmi di milioni di euro in pochi anni, i pazienti e i vetrini non devono viaggiare per avere una consulenza e la rete annulla le distanze tra centro e periferia con migliori tempi per la refertazione.
La possibilità di condividere i vetrini digitali con esperti rappresenta inoltre un’arma in più per garantire il miglior standard di diagnosi e cura. Altro aspetto importante prevede che le cellule prelevate con l’esame citologico e analizzate in laboratorio dall’anatomo-patologo consentono non solo la diagnosi ma anche lo studio delle alterazioni dei geni, indispensabile per la selezione dei pazienti oncologici che possono essere trattati con terapie mirate. L’analisi del vetrino è il punto di partenza dell’oncologia di precisione, che può migliorare le percentuali di sopravvivenza nella fase metastatica della malattia, fino a raddoppiarle.
Però servono professionisti. Il diffondersi dell’oncologia di precisione ha portato maggiori carichi di lavoro. Oggi in Italia gli anatomo-patologi sono circa 1.100, cinque anni fa erano almeno 1.500.