Precise, l’imaging cardiovascolare riduce il rischio d’infarto
Il paziente con sospetta malattia coronarica può ridurre del 65% il suo rischio di morte, di infarto e di esami invasivi inutili se viene valutato con le metodiche di precisione d’avanguardia: TAC Cardiaca e FFRCT (Fractional Flow Reserve CT-Derived), il parametro che permette di capire se i restringimenti riscontrati nelle arterie hanno effettivamente la capacità di causare una ostruzione rilevante al flusso di sangue. Lo confermano i risultati, recentemente presentati al congresso dell’American Heart Association, dello studio internazionale randomizzato Precise, in cui il Centro Cardiologico Monzino è primo arruolatore al mondo e unico centro italiano partecipante.
Milioni di test
“I risultati dello studio Precise hanno una grandissima rilevanza per la pratica clinica perché offrono per la prima volta una soluzione ottimale e non invasiva al complesso problema della diagnosi del dolore toracico in pazienti senza precedenti problemi di cuore – spiega Gianluca Pontone, Direttore del Dipartimento di Cardiologia Peri-Operatoria e Imaging Cardiovascolare del Monzino, Principal Investigator di Precise -. In tutto il mondo occidentale questo diffusissimo disturbo porta a un enorme volume di test ogni anno (quattro milioni solo negli USA) con costi altissimi per i pazienti, in termini di stress e invasività, e per i sistemi sanitari. Il nucleo del problema è che non c’erano fino a ieri sufficienti evidenze per percorsi che aiutassero il medico a scegliere se fare un esame oppure no e soprattutto, di fronte a un paziente a rischio basso, ad accettare di non fare nulla ed aspettare. Sapevamo da studi precedenti che, nel paziente a basso rischio, Tac cardiaca e FFRCT producono diagnosi efficaci ed accurate, ma mancava uno studio multicentrico randomizzato. Per questo al Monzino siamo stati fra i promotori e ideatori di Precise, e l’abbiamo concepito nei dettagli proprio per risolvere globalmente il problema della diagnosi del dolore toracico, con tutte le sue conseguenze. Nello studio abbiamo assunto un ruolo di leadership, grazie alla nostra esperienza ed expertise, unica in Europa, nell’imaging cardiovascolare, in particolare proprio nella TAC cardiaca e FFRCT, ma soprattutto grazie alla nostra convinzione del valore di Precise per i nostri pazienti”.
“Lo studio Precise ha arruolato in Europa e in Usa, nel periodo dicembre 2018-maggio 2021, 2103 pazienti al momento sani, cioè senza precedenti episodi cardiovascolari, con sospetta coronaropatia. Al Monzino ne abbiamo reclutati 270, il numero più alto per singolo centro – continua Andrea Baggiano, Responsabile dell’Unità RM Cardiovascolare e Referente per il reclutamento di pazienti Precise –. I partecipanti sono stati randomizzati in due bracci, mettendo a confronto due diversi approcci diagnostici: un braccio ha applicato l’approccio tradizionale, che prevede che ogni medico scelga uno o più dei diversi score clinici utilizzati internazionalmente per la stratificazione (cioè attribuzione del paziente a una determinata classe di rischio), e poi prescriva, a sua discrezione, una serie di test funzionali, che possono andare dal test da sforzo e dall’ecocardiografia da sforzo, fino alla coronarografia; l’altro braccio ha seguito l’approccio di Precise, che prevede invece che tutti i medici applichino un unico score clinico (PMRS) e lo utilizzino per decidere cosa fare. Se il PMRS era basso il paziente non faceva nulla, se era alto veniva sottoposto a TAC cardiaca e, se risultava necessario, i dati della TAC venivano anche analizzati con FFRCT. I risultati dello studio hanno dimostrato che nel braccio di Precisione i pazienti hanno avuto una probabilità di infarti miocardici, decessi ed esecuzione di esami invasivi non necessari ridotta del 65% rispetto ai pazienti del braccio tradizionale”.
“Dopo Precise e il consolidamento del ruolo dell’imaging avanzato nella diagnosi della patologia coronarica, la nuova frontiera è quella dell’uso di tali tecniche per guidare il trattamento sdoganando l’uso dell’imaging non invasivo nell’arena delle terapie interventistiche” conclude Pontone.