Il difficile passaggio al digitale delle RSA
Ascom Ums, fornitore leader di soluzioni tecnologiche in ambito sanitario ha commissionato a Ipsos l’indagine “Rsa oltre l’emergenza, la strada per l’innovazione“ volta ad analizzare le sfide che queste strutture si trovano ad affrontare alla luce della pandemia e le prospettive future di cambiamento ed evoluzione.
La ricerca comprende un’analisi desk, frutto dell’integrazione di dati ufficiali disponibili da diverse fonti, e una parte qualitativa basata su una serie di interviste ad alcuni esponenti e decision maker di RSA.
La diffusione delle tecnologie
L’analisi desk realizzata da Ipsos ha definito un quadro generale del mondo delle Rsa in Italia che vede la presenza di 3.300 strutture con trecentomila posti letto dedicati agli anziani con una maggiore concentrazione al Nord rispetto al Sud.
Incrociando anche analisi del Cergas della Bocconi e del Politecnico di Milano, si evidenziano alcune criticità come: le regole di accesso e di funzionamento variabili ed eterogenee di regione in regione, con un sistema di finanziamento pubblico inadeguato, la riduzione complessiva della qualità dell’assistenza derivante dai tagli al personale specializzato e alla manutenzione delle strutture effettuati per contenere i costi.
L’indagine qualitativa ha permesso di prendere in esame la diffusione delle tecnologie nelle strutture prese in esame, in particolare riguardo alle soluzioni di comunicazione e collaborazione unificata del team di assistenza, il software di analisi dei dati, i dispositivi di sicurezza del paziente e i sistemi di monitoraggio e cartella clinica elettronica.
Mentre le prime due tipologie risultano essere piuttosto diffuse, i dispositivi di sicurezza del paziente e i sistemi di monitoraggio delle funzioni vitali e integrazione della cartella clinica sembrerebbero pressoché assenti.
Il motivo di fondo è che le Rsa sono strutture che assolvono a una funzione assistenziale più che sanitaria. L’ospite standard in teoria non ha bisogno di un monitoraggio continuativo dei parametri vitali, a meno che non versi in stato vegetativo o non si trovi in un reparto post acuzie presente nella Rsa. Il carattere esclusivamente assistenziale, almeno in una visione tradizionale, disincentiverebbe quindi dall’implementare sistemi digitali per il monitoraggio delle funzioni vitali.
L’indagine rivela però un’importante possibile evoluzione: la netta separazione tra attività di assistenza e di cura è messa in discussione a seguito della pandemia e della diffusione dei contagi all’interno delle strutture.
Gli ospiti risultati positivi al Covid-19, non potendo essere trasferiti in un presidio ospedaliero, hanno richiesto un monitoraggio costante dei parametri, soprattutto dei livelli di saturazione del sangue. Allo stesso tempo, i pazienti non contagiati hanno posto sotto la lente l’esigenza di un monitoraggio preventivo, in grado di intercettare in anticipo eventuali primi sintomi.
Il tema della maggiore efficienza e ottimizzazione derivante dall’adozione di determinate tecnologie, afferma la ricerca, è diventato quindi cruciale per far fronte a uno scenario nel quale l’ambito assistenziale e quello sanitario non possono più essere tenuti separati. Una più diffusa adozione dei sistemi di monitoraggio e l’integrazione di questi con la cartella clinica elettronica, permetterebbe di sollevare gli operatori da una parte del carico assistenziale, fornendo una rassicurazione in termini di pronto intervento nel caso di indicatori fuori norma.
La pandemia ha quindi creato una nuova esigenza che i finanziamenti del PNRR potrebbero aiutare a soddisfare mettendo a disposizione risorse economiche destinate all’acquisto di tecnologie. Il passaggio al digitale è ostacolato da problemi di budget. Gli investimenti nella digitalizzazione non prevedono infatti coperture nei rimborsi regionali a favore delle Rsa.
La trasformazione digitale implica poi una revisione dei processi organizzativi interni con le conseguenti resistenze da parte del personale. Il cambiamento rappresenta quindi il secondo freno all’innovazione tecnologica. L’ultimo ostacolo riguarda le barriere strutturali e la frammentazione territoriale. La connessione a Internet è il primo passo nel percorso di trasformazione digitale. Uno step che, tuttavia, deve fare i conti anche con la frammentazione territoriale di alcune strutture e con i tempi di intervento non sempre celeri.