Il tatuaggio elettronico fa il check alle protesi ortopediche
Il wireless può essere utile anche per segnalare le micro-fratture non rilevabili dall’esterno che possono danneggiare le protesi ortopediche. È la nuova tecnologia sviluppata dal gruppo di ricerca di Elettromagnetismo Pervasivo della Facoltà di Ingegneria Medica all’Università di Roma Tor Vergata, diretto da Gaetano Marrocco. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Ieee Journal of Electromagnetics, Rf and Microwaves in Medicine and Biology.
“Ogni anno, più di 2,9 milioni di persone in tutto il mondo si sottopone a protesi articolari. Sebbene siano realizzate per durare anni, le statistiche rivelano che il 5%-10% di esse andrà incontro a cedimenti prematuri. Una delle cause principali è la generazione di micro-fratture dovute alla fatica”, afferma Gaetano Marrocco, Docente di Wireless Electromagnetic Technologies a Ingegneria Tor Vergata e Direttore del gruppo di ricerca di Elettromagnetismo Pervasivo di Ingegneria.
Si tratta di una sorta di tatuaggio elettronico utile per contrastare difetti di fabbricazione e invecchiamento che sono considerate le cause principali della generazione di microfessure nelle protesi impiantate.
Le curve di riempimento
L’abstract dello studio spiega che “un meccanismo di rilevamento simile a un tatuaggio, basato su curve di riempimento spaziali prefrattali, è avvolto sul dispositivo medico e accoppiato con un transponder Rfid a potenza zero. La protesi intelligente risultante è in grado di identificare la formazione precoce di crepe e di comunicare con l’esterno del corpo tramite comunicazione di retrodiffusione”.
Il metodo di rilevamento delle crepe sfrutta la porta anti-tamper dei comuni circuiti integrati di identificazione a radiofrequenza (Rfid) e una piccola antenna, che funge da raccoglitore, strettamente integrata con la protesi metallica. Simulazioni e test con un mockup di protesi d’anca metallica e un fantasma di gamba dimostrano che il dispositivo può identificare crepe superficiali piccole come 0,6 mm e può essere interrogato senza fili fuori dal corpo fino a 70 cm di distanza.
Il sensore ha una forma particolare e riesce a coprire quasi completamente la parte di protesi da monitorare. La sua forma è stata scelta in base alle proprietà di una particolare curva matematica, chiamata Space Filling Curve (Sfc – curva che riempie lo spazio), scoperta per primo dal matematico italiano Giuseppe Peano (1858 – 1932) e poi raffinata da David Hilbert (1862-1943) e da vari matematici negli anni seguenti (Fukuda, Gosper).
Una diagnosi precoce e personalizzata
Queste curve, generabili con semplici formule matematiche, hanno la capacità di riempire una superficie senza mai intersecarsi. Formano densi labirinti e possono avere l’apparenza di isole che si interconnettono, come gli elementi delle opere di Escher.
“Ma se realizzate con un filo conduttore o con inchiostro conduttivo, le Sfc possono essere considerate come un elettrodo che diventa sensibile alle interruzioni, come quelle prodotte da una fessurazione della superficie”, sottolinea Marrocco.
Per applicare questa idea al monitoraggio dell’integrità meccanica di protesi ortopediche, la Sfc viene realizzata tramite un’impercettibile incisione sulla superficie della protesi, sia essa metallica, ceramica o polimerica.
L’incisione è poi riempita con un isolante e infine con una vernice conduttiva che forma l’elettrodo. Si ottiene così un tatuaggio elettronico che veglierà con discrezione sull’integrità della protesi. Ma come funziona?
“Per rilevare l’eventuale micro-frattura/interruzione, l’elettrodo è collegato a uno speciale microchip – spiega il professore. – Una volta interrogato dall’esterno con un lettore simile a quello usato per leggere le etichette elettromagnetiche di molti indumenti (sistemi di Radiofrequency identification – Rfid), il microchip inietta una debole corrente nell’elettrodo. In caso di presenza di una micro-frattura, il chip rileva una condizione di circuito aperto e trasmette quindi un bit di allarme all’interrogatore esterno. Se la protesi è stata tassellata, ogni tassello sarà provvisto di un chip con un codice di identificazione univoco. In questo modo la frattura sarà anche localizzabile”.
“Questa innovazione apre la strada a una diagnosi precoce e personalizzata dello stato di salute del paziente. Con la medesima tecnologia, è infatti possibile ottenere informazioni sulla temperatura interna e identificare infiammazioni locali dovute a mal integrazioni della protesi, infezioni o rigetto. Il microchip è inoltre provvisto di una piccola memoria interna e può conservare i dati sul modello della protesi, la data di impianto ed eventuali note sull’esito degli ultimi controlli medici, funzionando così come una cartella clinica digitale che diventa un tutt’uno con il paziente”, conclude Marrocco.