L’innovazione digitale nel nostro SSN è caratterizzata contemporaneamente da fermento ed entropia. Il fermento è dato dall’attenzione di tutti i livelli istituzionali verso la dematerializzazione dei documenti, l’interoperabilità dei flussi informativi, la virtualizzazione di alcuni servizi e l’opportunità di supportare agilmente i pazienti con prodotti digitali (app, wearable) sempre più disponibili e di intuitiva utilizzazione. Il fermento è il risultato, in parte, della necessità di aggiornamento infrastrutturale soprattutto sul piano dei flussi informativi e, in altra parte, della ricerca di soluzioni sempre più improntate al patient empowerment”.

“L’entropia, invece, è dovuta al fatto che la leadership strategica delle iniziative classificabili nell’ambito della digitalizzazione, in Italia, sia disseminata tra attori diversi, spesso in modo non coordinato e con elevato rischio di generare esperienze di rilevante interesse ma confinate in ambiti organizzativi e geografici specifici”.

Il consueto rapporto annuale dell’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano (OASI) del Cergas dell’università Bocconi di Milano fotografa in questo modo la situazione della digitalizzazione nella sanità italiana (qui avevamo scritto del rapporto dell’anno scorso). Secondo gli esperti dell’ateneo milanese il livello centrale ha prevalentemente agito sul piano della dematerializzazione e dell’interoperabilità dei flussi informativi nell’ambito del Nsis e ha definito un quadro di riferimento per la telemedicina.

Diverso il discorso che riguarda le Regioni che fino a oggi hanno avuto un ruolo intermedio tra l’implementazione di iniziative a leadership strategica nazionale (il Fse) e la promozione di iniziative proprie, prevalentemente dirette a rendere più omogeneo il trattamento di dati e informazioni tra le aziende sanitarie.

In questo modo gli enti locali, anche se ci sono delle eccezioni, non hanno assunto i contorni di una leadership strategica ma è sembrato abbiano riproposto su scala locale l’azione svolta dal livello centrale verso le regioni (omogeneizzazione, interoperabilità). “Al momento attuale, questi processi sono, peraltro, in divenire e il loro grado di sviluppo varia considerevolmente da regione a regione” commenta il rapporto.

I due livelli di governo dell’innovazione digitale in Sanità

L’OASI indica invece come rilevante il ruolo del livello delle Aziende, soprattutto in virtù delle partnership con le imprese. Questo livello agisce soprattutto sull’innovazione visibile dal paziente come l’uso di specifiche tecnologie (la robotica), o nel processo di cambiamento dei percorsi di cura per stimolare l’aderenza terapeutica e migliorare il rapporto dei pazienti con la malattia e con la cura, oltre che nel miglioramento dell’organizzazione delle informazioni a supporto della decisione clinica.

Come spesso succede in questo Paese, però, queste iniziative non sono inquadrate o raccolte in seno a sistemi che ne facilitino la diffusione, la replicazione e l’estensione ad altre aree patologiche e altre geografie. “Sembrano, quindi, esistere due livelli di governo dell’innovazione digitale in sanità: il primo livello è guidato dal centro e riguarda soprattutto dati e flussi (oltre alle norme sulla telemedicina), mentre il secondo livello è aziendale, con iniziative tipicamente bottom-up (che però spesso rimangono al “bottom”) e sviluppate in larga parte con la collaborazione -spesso con l’iniziativa- di imprese farmaceutiche o di medical device”.

Il secondo livello, secondo il Rapporto OASI, appare più innovativo e in linea con lo sviluppo della medicina di precisione e delle iniziative in grado di aumentare il valore delle terapie (ad esempio aumentando l’aderenza), essendo governato soprattutto a livello locale. Ma partendo spesso da iniziativa dei fornitori privati, incontra diverse barriere.

università-bocconi

Gli ostacoli all’innovazione

Si parte dall’assenza di un sistema di tracciamento, di un registro o anche solo di una reportistica su questi prodotti/iniziative per andare alla collegata mancanza di informazione condivisa sulle opportunità esistenti. Esiste anche una certa diffidenza, a volte presente nel sistema pubblico, verso iniziative proposte da imprese, “assumendo come vera l’erronea assunzione per cui la finalità ultima for-profit sia incompatibile con iniziative che accrescono anche il valore pubblico”.

Altre criticità secondo l’OASI riguardano l’insufficienza dell’attuale quadro regolatorio rispetto ad applicazioni di mobile health e altri programmi che incorporino tecnologie digitali, in quanto in larga parte (e con lenta evoluzione) sopravvive la classificazione dicotomica farmaco/dispositivo medico, e molte delle iniziative proposte trovano difficile o imperfetta collocazione identitaria nei framework attuali.

Inoltre la difficoltà, spesso impossibilità, di alimentare app, programmi e iniziative locali con dati raccolti ad altri livelli istituzionali e, nel caso di iniziative che partono dalle imprese, impossibilità di ricevere ed elaborare, anche in formato anonimo, dati pubblici. Rimane poi il problema della proprietà dei dati e delle informazioni raccolti da app e programmi di proprietà di imprese private, potenzialmente ad alto valore informativo e potenzialmente integrabili con flussi di dati pubblici.

Normare in modo più esaustivo l’accesso ai dati

Con questa situazione, secondo gli esperti dell’osservatorio OASI, la priorità diventa normare in modo più esaustivo l’accesso ai dati. Perché “Attualmente, il grado di sfruttamento della rilevante quantità di dati e informazioni a scopo epidemiologico, di prevenzione e di supporto alle decisioni cliniche è ancora lontano dalle potenzialità che essi offrono”.

Per quanto riguarda app, software e tecnologie digitali sviluppati da imprese o con il supporto delle aziende, sarebbe opportuno istituire un registro o repertorio dedicato che sia in grado di integrarne l’opportunità con i programmi pubblici di prevenzione e cura, fornendo il necessario supporto per estendere il loro utilizzo su scala nazionale o, quanto meno, perché le esperienze locali siano facilmente conoscibili dalle altre istituzioni e territori del Ssn. Sempre con riferimento a queste app, software e altre tecnologie digitali, è urgente disciplinare la proprietà dei dati e delle informazioni raccolte direttamente e dei dati e informazioni che possono essere generati dall’interazione tra i dati generati e gli altri flussi informativi del Ssn.

Il rapporto chiede poi il rafforzamento dell’azione di coordinamento centrale, identificando però una singola istituzione, esistente o creata ad hoc, per disciplinare, promuovere, comunicare, diffondere, monitorare e valutare le iniziative di digitalizzazione e aumentarne il valore aggiunto per il sistema-salute. Fondamentale è superare la parcellizzazione delle responsabilità tra più istituzioni e avere una regia più forte sia nell’obiettivo dell’omogeneizzazione di flussi, a tal fine evitando che ogni regione interpreti in modo troppo eterogeneo il mandato, sia nel supporto all’inquadra mento, al miglioramento, all’integrazione e alla diffusione delle iniziative locali e private di valore aggiunto per il sistema-salute, identificando anche con un sistema pull gli ambiti prioritari di intervento su cui sensibilizzare l’iniziativa locale o privata.