In collaborazione con Progettare per la sanità Edra

La forza del machine learning per la medicina

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La relazione di Mihaela van der Schaar, docente di Machine Learning e Intelligenza Artificiale alla University of Cambridge, in una lettura tenuta al Policlinico Gemelli. L’obiettivo è una partnership uomo-macchina.

Mihaela van der Schaar, professoressa di Machine Learning, Intelligenza Artificiale e Medicina all’Università di Cambridge, ha tenuto al Policlinico Gemelli una lettura sull’I.A applicata alla medicina. “Se non fosse per la grande variabilità tra un individuo e l’altro, la medicina potrebbe essere benissimo una scienza e non un’arte”, sentenziava Sir William Osler a fine ‘800. E nel corso degli anni, il concetto di variabilità applicato alla medicina si è andato espandendo a dismisura, favorito dalle scienze omiche, che hanno aggiunto complessità, a un quadro già molto articolato.

Ma le diverse traiettorie di salute e malattia, pertinenti ai diversi individui sono influenzate anche dalla storia personale e dalle diverse esposizioni ambientali che fanno di ogni organismo un unicum difficilmente categorizzabile, anche all’interno delle linee guida. È per questo che anche nel terzo millennio la medicina resta un’arte che si esercita formulando giudizi e prendendo decisioni, sulla base di informazioni molto lontano dall’essere complete. Ma c’è un nuovo attore, ancora ai margini della relazione medico-paziente, che ha le potenzialità di trasformare l’arte della medicina in scienza: il machine learning.

ML e medico

Va detto subito – specifica la Professoressa Mihaela van der Schaarche il machine learning non può fare medicina, non potrà mai sostituirsi al medico insomma. La sua forza è però quella di fornire informazioni interpretabili, affidabili e actionable, cioè fruibili nella pratica clinica”. Con gli algoritmi di machine learning è possibile ad esempio creare calcolatori di rischio personalizzati, raccomandazioni di trattamento personalizzate, ipotesi generate dai dati, elaborazione di raccomandazioni affidabili, da utilizzare nella pratica clinica.

La grande promessa del machine learning in medicina è di portare la medicina di precisione al livello del singolo paziente, attraverso una migliore comprensione delle basi e delle traiettorie di salute e malattia. Il ML può fornire empowerment a medici e pazienti, migliorare i percorsi clinici, utilizzare meglio le risorse, abbattendo i costi, facilitare la scoperta di nuovi trattamenti, personalizzare le raccomandazioni cliniche, fornire strumenti di supporto operativi per la gestione degli ospedali. Implementato su larga scala potrebbe dunque avere un impatto trasformativo sulla salute della popolazione e sulle policy di public health.

Ma tutto ciò non è fattibile utilizzando gli strumenti di machine learning già disponibili, quelli off the shelf. È necessario creare una nuova generazione di strumenti ad hoc. Che è quello che la professoressa Van der Schaar sta cercando di fare, aprendo le porte del suo laboratorio alla comunità scientifica internazionale e mettendo a disposizione in open source una serie di algoritmi da lei sviluppati. “Gli ingredienti necessari per sviluppare strumenti di ML cutting-edge – spiega la Van der Schaar – sono i dati, anzi montagne di dati, la capacità di analizzarli non solo in modo statico, ma anche longitudinale (time series) e un’attenta valutazione degli esiti perché i risultati dell’applicazione di questi strumenti devono essere interpretabili e consentire di ‘quantificare’ l’incertezza”.

Democratizzare il ML

L’obiettivo è creare una vera partnership uomo-macchina, mirata non certo a esautorare la funzione del medico, che resta centrale nella cura del paziente, ma ad affinare le sue capacità, dotandolo di strumenti da terzo millennio. Ma siamo solo all’inizio e i punti da smarcare sono tanti e centrali. La conditio sine qua non, secondo Van der Schaar, per accelerare il cambiamento nell’healthcare è democratizzare il ML, rendendone gli strumenti fruibili liberamente (off patent) e rendendo il ML automatico e interpretabile. Fondamentale l’analisi dinamica dei dati e la capacità di fare previsioni (time to event) longitudinali, perché la variabile tempo è tra le più importanti da considerare (‘medicine is a time-series’). C’è poi il grande interrogativo inerente alla possibilità di personalizzare i trattamenti, che potrebbe essere affrontato dalla computistica controfattuale (il what if?, cioè il ‘e se ci fossimo comportati diversamente?…’).

I lavori pionieristici della Van der Schaar nel campo del ML automatico hanno già portato alla realizzazione di vari strumenti come l’AutoPrognosis, che consente di mettere a punto calcolatori di rischio clinici personalizzati (è stato per ora applicato a: fibrosi cistica, malattie cardio-vascolari, cancro della prostata, complicanze dopo protesizzazione d’anca, Covid-19, cancro della mammella; discectomia e fusione cervicale). AutoPrognosis è un pacchetto di ML open-source, state of the art, interpretabile; ma soprattutto facile da usare da parte di medici e non, interessati a sviluppare nuovi score di rischio, strumenti per la diagnostica personalizzata e la prognosi.

L’interpretabilità della logica dei risultati di ML resta un punto essenziale. Montagne di dati, testi e immagini finiscono nella scatola nera della ML; ma poi è necessario interpretarne il risultato e confrontare la scatola nera del ML, con la scatola grigia dell’uomo, cioè con la mente, l’intelletto. E ancora, trasformarla in scatola bianca, utilizzando meta-modelli simbolici.

Un potenziale e importante campo di applicazione del ML sono i trial clinici controllati (ogni anno se ne avviano oltre 1.800, metà dei quali in oncologia), che nel disegno attuale presentano tanti limiti e questo costituisce un problema non da poco, visto che le linee guida e quindi le nostre decisioni cliniche, ad esempio relative ad un trattamento, si basano sui risultati dei trial clinici randomizzati (Rct). In genere questi hanno una piccola casistica (in media 100-1000 pazienti, metà dei quali fungono da controlli e con il 20% è destinato a diventare drop out); altri problemi sono rappresentati dai costi, pari in media a oltre 40.000 dollari/paziente (il range è di 4-40 milioni di euro per trial), la durata, che si aggira in genere intorno a 1-2 anni (il 30% del tempo se ne va per la fase di reclutamento e ritarda l’80% dei trial). “Il ML in questo contesto – afferma Van der Schaar – offrirebbe l’opportunità di ridurre del 20% il numero dei pazienti richiesto; di rimpiazzare i controlli e drop out; di ridurre del 20% il costo-paziente, migliorando reclutamento, monitoraggio e operazioni. Il risparmio di costi per ogni trial si può quantificare intorno a 4-12 milioni, senza contare i mesi di tempo risparmiati per ogni trial”.

Integrare la grande ricchezza di dati del nostro G-Step, con gli algoritmi di ML della professoressa Van der Schaar – commenta Evis Sala, ordinario di radiologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e di direttore del Centro Avanzato di Radiodiagnostica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli – rappresenterebbe l’inizio di un’importante partnership, ma anche una grande innovazione con un immediato e importante un impatto clinico. Noi abbiamo un prezioso data center, un gioiello, che è la base per costruire in questa direzione, quella del value based-medicine. Un altro potenziale campo di collaborazione è con il nostro Clinical trial center. Il concetto alla base di tutto – prosegue la professoressa Sala – è che più numerosi sono i dati a disposizione, maggiore la personalizzazione dell’assistenza che si può offrire al singolo paziente. Le ricadute di questo approccio sono moltissime, dalla personalizzazione delle cure, alla definizione di nuove linee guida, alla possibilità di validare i risultati di un trial su tante diverse popolazioni. La professoressa Van der Schaar è un matematico che ha lavorato nei più prestigiosi centri accademici del mondo, come nell’industria (Ibm); il bello delle sue ricerche è che cancellano i confini e la medicina a ‘compartimenti stagni’. Il suo è un esempio di ricerca applicata in molti campi, che consente di democratizzare l’healthcare, attraverso la condivisione del know how”.

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Salute e sanità sono in cima alle preoccupazioni degli italiani

Salute e sanità sono in cima alle preoccupazioni degli italiani
Un sondaggio di IPSOS racconta priorità e aspettative. In calo la fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale, e solo due italiani su cinque hanno fiducia nell’Intelligenza Artificiale

È la sentenza di un sondaggio IPSOS secondo il quale un italiano su tre, inoltre, ritiene che l’articolo 32 della Costituzione che sancisce la salute come diritto fondamentale dell’individuo, non sia oggi pienamente rispettato.

“Priorità e aspettative degli italiani per un nuovo SSN” è l’indagine condotta dall’Istituto di ricerca nel dicembre di quest’anno e presentata nel corso della quinta edizione dell’Inventing for Life Health Summit, quest’anno dedicato al tema “Investing for Life: la salute conta“, organizzato da MSD Italia. I dati indicano che rispetto al 2021 gli italiani hanno rivisto le loro priorità e oggi affermano che la sanità sia l’area su cui il governo dovrebbe investire più urgentemente. In classifica seguono il lavoro e, rispetto al 2021, appaiono anche i costi dell’energia.

Assistenza ospedaliera in testa

Sono cambiate anche le priorità su cui gli italiani ritengono che il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe concentrarsi: se nel 2021 una delle tre principali era l’assistenza domiciliare (preferibile a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19), oggi è di maggior rilievo l’assistenza ospedaliera. Rimangono invece in cima alla classifica delle priorità la prevenzione e il Pronto Soccorso. Dietro l’assistenza, le aree considerate più importanti, ci sono la prevenzione con oncologia (72%), malattie metaboliche (30%), HIV (28%) ed epatite C (27%). Rispetto all’anno precedente la prevenzione passa però dal 44 al 32% probabilmente perché non sono ancora stati smaltiti gli effetti della pandemia. Secondo il presidente dell’Ipsos Nando Pagnoncelli ci si avvia però verso un ritorno alla normalità “con le persone che riprendono a preoccuparsi di prevenzione. Anche in questa indagine, dunque, l’area dell’oncologia rimane la più urgente, soprattutto al Nord Ovest e tra le donne“. Per quasi un italiano su 3 (29%), però, l’art. 32 della costituzione non viene rispettato. Le principali criticità che gli italiani riscontrano nell’ambito del sistema sanitario sono i tempi di attesa per accedere agli esami diagnostici necessari, per ricevere una prima visita e per ricevere una visita di follow-up.

Stato e Regioni in calo

Gli effetti del Covid si notano anche nella valutazione del Sistema sanitario nazionale e di quello regionale. Rispetto all’anno scorso i voti nella fascia 8-10 scendono dal 25 al 16% e quelli della fascia 6-10 dal 74 al 65%. In discesa anche i sistemi regionali che passano dal 31 al 24% per la fascia 8-10 e dal 69 al 62% per quella 6-10. Metà della popolazione, soprattutto al Nord, concorda sulla necessità di potenziare il sistema sanitario pubblico e il 29% si aspetta che il nuovo Governo intervenga proprio a favore della sanità pubblica rispetto a quella privata. Circa 2 italiani su 5 ritengono che l’Italia spenda in sanità pubblica meno rispetto al resto d’Europa, nonostante per il 76% essa debba essere una priorità strategica per il Paese soprattutto per le donne e per gli over 35. Riguardo al livello di soddisfazione solo il 6% è decisamente contento del Sistema sanitario nel suo complesso, ma emerge una forte richiesta di potenziamento del pubblico (52%) decisamente superiore a quella del privato (12%), mentre il 22% si dichiara insoddisfatto. Le Regioni (43%) sono considerate l’attore principale da potenziare rispetto allo Stato (32%). Circa metà della popolazione concorda sul fatto che i pazienti debbano essere attivamente coinvolti nei processi decisionali di cura, ma solo il 18% sostiene fermamente che venga data la giusta attenzione ai bisogni specifici del paziente nel percorso diagnostico-assistenziale. Quest’ultimo dato è in calo rispetto al 2021.

Intelligenza Artificiale e telemedicina

L’indagine si occupa anche dell’opinione degli italiani rispetto alla trasformazione digitale con la domanda: Alcuni dicono che i servizi digitali innovativi si diffonderanno sempre di più nella sanità. Secondo lei questa innovazione sarà positiva o negativa? A sorpresa rispetto al 2021 scendono gli apprezzamenti. Quelli più convinti passano dal 44 al 39% e gli altri dall’85 al 79%. Comunque circa due italiani su cinque sono convinti che l’intelligenza artificiale possa essere d’aiuto all’assistenza sanitaria. Un pensiero diffuso soprattutto tra gli uomini e al nord ovest. Due italiani su cinque sono fortemente favorevoli anche un uso più ampio della telemedicina, soprattutto gli uomini e i laureati. Il 70% della popolazione, in aumento rispetto al 2021, accoglie positivamente la diffusione dei servizi digitali nella medicina. Soprattutto gli uomini e i laureati. E se dovesse esprimere la sensazione che prova pensando a queste trasformazioni, quale tra queste sceglierebbe? Rassicurazione (25% nel 2022 contro 20% nel 2021), entusiasmo (21 vs 19%), diffidenza (18 vs 21%), stupore (11 vs 10%), ansia (11 vs 13%), incredulità (8 vs 10%) e paura che rimane stabile al 6%.

Era poi lecito aspettarsi un riconoscimento per l’industria farmaceutica e il suo ruolo durante la pandemia, ma in questo caso c’è qualche sorpresa. L’importanza dello sforzo di Ricerca & Sviluppo del Pharma nella lotta al Covid-19 era considerato con grande favore dal 48% ma nel 2022 questa percentuale si è ridotta al 41% e un paio di punti li perde anche l’immagine del farmaceutico dopo la pandemia. Commenta Pagnoncelli: “L’alleggerita pressione emergenziale sull’opinione pubblica fa flettere leggermente il credito di fiducia nei confronti delle coperture vaccinali, ma non incide significativamente sull’immagine dell’industria farmaceutica nel complesso. Si indebolisce un poco il riconoscimento del contributo di ricerca e sviluppo così come quello del ruolo del farmaceutico nel rilancio economico del Paese, naturale conseguenza di una minore presenza mediatica del settore”.

La ricerca propone poi una parte interessante che riguarda le fonti di informazione degli italiani riguardo la salute. Ai primi tre posto troviamo medico di famiglia, tv e motori di ricerca su Internet. Ma se andiamo a vedere l’attendibilità delle fonti c’è qualche cambiamento. I medici di famiglia, per fortuna, sono saldamente in testa, mentre risalgono la classifica le associazioni dei pazienti, Internet rimane al terzo posto e perde terreno la tv superata dai familiari e amici e anche dalla carta stampata. Social media, tv e Internet in generale sono i luoghi dove regnano le fake news.

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