Medici, social media e posta elettronica
Prevedere, se possibile, l’apertura di due profili, uno personale e uno professionale. Usare cautela nell’accettare le richieste di amicizia dei pazienti. Assicurarsi della validità scientifica dei contenuti diffusi attraverso i post. Scrivere di salute, con particolare attenzione alla prevenzione e alla lotta alle fake news, in modo da aumentare l’empowerment del cittadino. Non suggerire cure, in termini generali, né tantomeno dare consigli clinici individuali. Rispettare sempre la privacy e l’anonimato dei pazienti, soprattutto nella discussione di casi clinici, e non diffondere dati sensibili. Esplicitare un eventuale conflitto di interessi.
Sono, queste, alcune delle “Raccomandazioni sull’uso di social media, di sistemi di posta elettronica e di istant messaging nella professione medica e nella comunicazione medico-paziente”, elaborate da Eugenio Santoro, ricercatore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e primo autore del documento, Guido Marinoni, Guerino Carnevale, Francesco Del Zotti per conto del Gruppo di Lavoro – coordinato da Giacomo Caudo – “Information and Communications Technology” della FNOMCEO, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
Le proposte di raccomandazioni – che non costituiscono ancora la posizione ufficiale della FNOMCEO – potrebbero essere una base di partenza per modificare e ampliare, anche con linee guida allegate, gli articoli del Codice deontologico relativi all’Informatizzazione e innovazione, all’informazione e comunicazione, e alla pubblicità sanitaria.
Un nuovo ambito per il medico
“La produzione di raccomandazioni – spiega Guido Marinoni della FNOMCEO – sull’utilizzo dei social media nella professione medica e nella comunicazione tra medico e cittadino-paziente era una necessità già in periodo pre-Covid19. È diventata oggi ancora più attuale, considerando l’elevata diffusione di contenuti trasmessi attraverso questi mezzi di comunicazione”.
“Il numero di medici – continua – che fanno uso di una qualunque forma di piattaforma di social media è in Italia, come nel resto del mondo, in forte crescita. Se da una parte i medici usano questi strumenti per il proprio aggiornamento professionale, non mancano occasioni nelle quali viene chiesto loro di informare il pubblico su questioni che riguardano la propria salute. Disease awareness, patient empowerment, patient engagement, lotta alle fake news sono solo alcuni ambiti nei quali, in un modo o nell’altro, un medico che frequenta i social media si ritrova ad operare. Per non parlare della consuetudine a confrontarsi su queste piattaforme con i propri colleghi o, addirittura, con i propri pazienti, magari esponendo casi clinici. In Italia, questo tipo di comunicazione avviene in assenza di una regolamentazione specifica o, quanto meno, di raccomandazioni che possano indicare quali atti un medico può fare, quali può pensare di fare con particolari accorgimenti e quali è importante non faccia mai. L’uso non appropriato di questi strumenti da parte dei medici li espone al rischio di compromettere il tradizionale rapporto medico-paziente e, nei casi più gravi, a quello di possibili azioni legali per non avere osservato, consapevolmente o inconsapevolmente, la privacy dei pazienti o per avere messo in discussione la reputazione o la professionalità di colleghi”.
Simili considerazioni possono essere fatte per l’interazione medico-paziente mediata dalla posta elettronica o da sistemi di Instant messaging, oggi praticata da numerosissimi medici, senza che siano chiare regole e modalità d’uso coerenti con la deontologia professionale.
Entrando nel dettaglio delle indicazioni al primo punto si consiglia di dichiarare che si sta parlando a nome personale e non a nome della struttura per cui si lavora. È sempre opportuno, per le piattaforme che lo consentono, controllare il profilo di chi chiede l’amicizia e utilizzare cautela nell’accettare amicizie dagli assistiti/pazienti (sia nel caso di profili professionali sia personali) evitando di pregiudicare la relazione medico-paziente. Attraverso i profili (personale o professionale), prosegue il documento, si contribuisce a diffondere la cultura scientifica e l’informazione sanitaria scrivendo di salute (prevenzione, salute pubblica, promozione della salute, lotta alle fake news) e non di «medicina» e di cure, in modo da favorire l’empowerment del cittadino. Per questo è fondamentale assicurarsi della validità scientifica dei contenuti diffusi attraverso i post, non fornire consigli clinici individuali e non pubblicare o condividere post che contengono dati sanitari personali. Molta cautela è necessaria nell’esprimere giudizi/opinioni/commenti sugli assistiti, anche quando questi sono ritenuti anonimi ed è molto opportuno tenere a mente che sui social media la diffamazione e il mancato rispetto della privacy e del diritto d’autore sono reati perseguibili dalla legge.
Quando si pubblica sui social il contenuto può essere accessibile da chiunque e può rimanere disponibile indefinitamente e una volta che il post è stato pubblicato l’autore perde il controllo sulla sua diffusione. Per questo prima di pubblicare è necessaria una riflessione sul modo in cui i contenuti saranno percepiti dai cittadini e sulle possibili conseguenze che possono avere. Importante è anche la gestione della privacy e i profili personali: gli strumenti disponibili allo scopo sulle piattaforme di social media sulle quali si è deciso di aprire un account possono fare molto, se usati bene. Infine, la discussione di casi clinici attraverso le piattaforme di social media deve garantire l’anonimato e la non riconoscibilità e si suggerisce di esplicitare nel post eventuali conflitti di interessi con un “tag” elettronico (per esempio #COI o #noCOI) o con un link a una “disclosure form”.
Le indicazioni per l’email
Meno controverso è il dibattito relativo all’impiego della posta elettronica per lo scambio di informazioni tra medico e paziente, supportato da diversi studi e revisioni sistematiche condotti per misurarne l’efficacia. Gli studi suggeriscono che la posta elettronica può essere uno strumento prezioso nella gestione del follow-up dopo una visita convenzionale, nel self-management di un disturbo, nel garantire il mantenimento di un rapporto proficuo tra malato e curante nella continuità dell’assistenza, nel fornire link e materiali di approfondimento su specifiche tematiche che lo riguardano, e per gestire la routine medica (fissare appuntamenti, gestire le situazioni non di emergenza, inviare ai pazienti dei richiami per le vaccinazioni).
Ma al di là dei possibili effetti la domanda che occorre porsi è se è lecito, e in quali condizioni, usare la posta elettronica nel rapporto medico-paziente, soprattutto quando è utilizzata per veicolare informazioni sensibili.
Esistono raccomandazioni a riguardo pubblicate dall’American medical association (AMA) che regolano il rapporto medico/paziente “conosciuto” e disincentivano il rapporto medico/paziente “non conosciuto”. Alcuni suggerimenti sono tecnici, per esempio l’uso di sistemi protetti e garantiti che permettano la cifratura dei messaggi, mentre altri sono di natura organizzativa, come per esempio tenere traccia nelle cartelle cliniche informatizzate delle comunicazioni che avvengono via email.
Partendo dalle indicazioni dell’associazione statunitense FNOMCEO ha preparato una possibile lista di raccomandazioni e norme da fornire al medico. Tuttavia, precisa, nella consapevolezza che la maggior parte dei sistemi di posta elettronica non offre meccanismi semplici di cifratura dei messaggi né funzioni che facilitano l’organizzazione del lavoro del medico, si suggerisce l’ulteriore sviluppo e maggiore impiego di piattaforme sul web che gestiscono la comunicazione in ambienti protetti e che si integrano con i sistemi per la gestione della scheda sanitaria elettronica oggi usati dalla maggioranza dei medici italiani.
Si tratta di 13 suggerimenti qui elencati:
- Usa questa modalità di comunicazione solo nel caso di pazienti conosciuti
- Ottieni preventivamente un consenso previa una adeguata informativa al paziente all’impiego di tali sistemi anche con le modalità specifiche definite dagli organi regolatori per la tipologia di attività
- Richiedi al paziente di non usare questi sistemi nei casi di urgenza
- Informa i pazienti se altri avranno accesso alle loro informazioni (nel caso ciò sia possibile)
- Non inviare mai a terzi immagini o messaggi che includono informazioni che possano rendere riconoscibile un paziente in assenza del suo consenso
- Ove possibile, genera automaticamente una risposta di notifica della ricezione di un messaggio inviato dal paziente
- Stabilisci i giorni e gli orari nei quali essere disponibili a rispondere alle domande poste attraverso questi strumenti
- Stabilisci un tempo massimo per rispondere ai messaggi
- Identifica un formato standard di messaggio per rendere più agevole la comunicazione
- Ove possibile, archivia i messaggi con le relative conferme di ricezione e ove possibile, allegali alla cartella clinica elettronica/scheda sanitaria
- Usa i sistemi di cifratura dei messaggi (per consentire che questi possano essere decodificati e letti solo dal reale destinatario)
- Usa sistemi di backup dei dati per evitare perdite di dati e conversazioni importanti
- Per tutte le attività che richiedono la comunicazione di dati sensibili, è meglio orientarsi verso piattaforme sul web che gestiscono la comunicazione in ambienti protetti e sicuri e che integrano gli oggetti della comunicazione con i sistemi per la gestione della cartella clinica/ scheda sanitaria.