In collaborazione con Progettare per la sanità Edra

MedTech: Italia fra i primi in Europa

MedTech: Italia fra i primi in Europa
Il report della Confindustria europea su dispositivi medici classici e in vitro fotografa il mercato continentale dove l’Italia recita un ruolo importante

Medtech Europe, la Confindustria europea dei dispositivi medici fotografa il mercato continentale dove l’Italia recita un ruolo importante. Terza come numero di occupati nel settore, circa 94mila, dietro Germania e Uk, l’Italia è nei primi posti sia per i dispositivi medici sia per quelli in vitro, un mercato totale del valore di 140 miliardi di dollari secondo al mondo dietro gli Stati Uniti.

Il report infatti fa una distinzione fra i dispositivi medici classici e in vitro. I primi sono “prodotti, servizi o soluzioni che prevengono, diagnosticano, monitorano, trattano e curano gli esseri umani con mezzi fisici”, mentre i secondi “sono test non invasivi usati su campioni biologici (per esempio sangue, urina o tessuti) per determinare lo stato di salute di una persona”.

Così, nei dispositivi medici, la Penisola è al quarto posto con una quota di mercato del 9,1% contro il 25,6% della Germania, il 14,7% della Francia e 12,1% della Gran Bretagna. Negli Ivd in vitro, l’Italia possiede il 14% al pari della Francia contro il 19% della Germania. E più indietro il 9% della Spagna. Gli Stati Uniti sono il mercato principale nel mondo con il 41,6%, seguiti dall’Europa con il 27,6% e dalla Cina con il 7,4%.

Quello europeo è un mercato cresciuto in media del 2% all’anno negli ultimi dieci anni. La domanda è scesa nel 2009 a causa della crisi economica, con un conseguente tasso di crescita limitato all’1% (il più basso in 12 anni) e poi ha ripreso la sua marcia nel 2010. Da allora il tasso di crescita annuale è variato tra il 2,6% (2013) e 9,3% (2015) e l’8,5% nel 2020. Esaminando in dettaglio i vari settori nell’ultimo anno si è assistito a una forte crescita dell’area dei consumable growth, seguiti a distanza dai patient aid growth, other medical devices, e diagnostic imaging.

L’Italia soffre nell’export

L’Europa ha una bilancia commerciale di dispositivi medici positiva per 8,7 miliardi di euro (2020). Rispetto agli anni precedenti, i principali partner commerciali europei di dispositivi medici rimangono gli stessi: Stati Uniti, Cina, Giappone e Messico. Per quanto riguarda la bilancia commerciale dei singoli paesi l’Italia mostra qualche problema sul fronte dell’export.

Mandiamo all’estero dispositivi per circa quattro miliardi ma ne importiamo per sei. Nulla a che vedere con la prestazione della Germania che ha un export di 28 miliardi e 19 di import, Olanda (25 e 17), Irlanda (10 e 2), Belgio (10 e 9), Svizzera (9 e 4), Francia (7 e 10) e Regno Unito (5 e 8). In pratica siamo sotto di 1,9 miliardi contro gli 8,9 miliardi positivi della Germania e i 7,9 dell’Irlanda. Peggio solo Uk, Francia e Spagna che superano i due e tre miliardi.

L’innovazione corre veloce

Come sottolinea il rapporto, quello dei dispositivi medici è un settore caratterizzato da un flusso costante di innovazioni, che sono il risultato di un alto livello di ricerca e sviluppo all’interno dell’industria e di una stretta collaborazione con gli utenti. La media globale di R&S (spesa in R&S come percentuale delle vendite) è stimato intorno all’8% nel settore della tecnologia medica.

I prodotti hanno tipicamente un ciclo di vita di soli 18-24 mesi prima che una nuova versione diventi disponibile. Nel 2020, più di 14.200 domande di brevetto sono state depositate presso l’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) nel campo della tecnologia medica, il che rappresenta una crescita del 2,6% delle domande di brevetto rispetto all’anno precedente. Il comparto della tecnologia rappresenta l’8% del numero totale di domande, il più alto tra tutti i settori in Europa.

Il 38% di queste domande di brevetto sono state depositate dai paesi dell’Ueb (Ue27, Regno Unito, Norvegia e Svizzera) e il 62% da altri paesi con gli Stati Uniti che si sono ritagliati una importante fetta del 39%. Per fare un confronto con altre aree della medicina circa 8.500 domande sono state depositate nel campo farmaceutico e altre 7.200 in quello della della biotecnologia.

Mentre nell’ultimo decennio il numero di depositi dell’Ueb nel campo della tecnologia medica è raddoppiato, le domande di brevetto nel settore farmaceutico e biotecnologico sono rimaste relativamente stagnanti. Inoltre, il rapporto tra brevetti concessi alle domande di brevetto è cresciuto costantemente negli ultimi anni, raggiungendo il 73% nel 2020. Dal punto di vista occupazionale l’industria europea della tecnologia medica impiega direttamente più di 760.000 persone.

La Germania ha il più alto numero assoluto di persone impiegate nel settore della tecnologia medica, mentre il numero di tecnologia medica pro capite è più alto in Irlanda e Svizzera. In confronto, l’industria farmaceutica europea farmaceutica europea impiega circa 795.000 persone. Il settore conta in Europa più di 33.000 aziende di tecnologia medica. Il maggior numero ha sede in Germania, seguita da Italia, Regno Unito, Francia e Svizzera.

Le piccole e medie imprese costituiscono circa il 95% dell’industria della tecnologia medica, la maggior parte delle quali impiega meno di 50 persone. È un settore dove si stanno facendo largo anche le startup.

Secondo i numeri forniti dai report State of HealthCare redatti da Cb Insights per il Q1 e Q2 del 2021, solo nel primo trimestre del 2021 sono stati investiti quasi 32 miliardi di dollari in equity, anche se le aziende specializzate in Medical Device hanno raccolto 4.6 miliardi di dollari registrando una flessione del 23% rispetto all’ultimo (intenso) trimestre dello scorso anno. Sono stati chiusi 96 mega-round ossia round sopra i 100 milioni di dollari, soprattutto nei settori Poct (Point of care testing) e Digital pathology.

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Al Policlinico Gemelli l’algoritmo aiuta l’individuazione delle patologie

Al Policlinico Gemelli l’algoritmo aiuta l’individuazione delle patologie
NaviCam ProScan, il sistema di endoscopia capsulare Anx Robotics, utilizza un algoritmo che facilita l’individuazione delle patologie concentrandosi sulle immagini sospette. Grazie all'IA riesce a trovare molte più lesioni in tempi minori

A prima vista sembra una semplice compressa. Invece è un concentrato di tecnologia che arriva dalla Corea arricchito dall’azione dell’intelligenza artificiale. È il NaviCam Sb ideato dalla Anx Robotics che utilizza un algoritmo che facilita l’individuazione delle patologie concentrandosi sulle immagini sospette. I dati del produttore dicono che grazie all’utilizzo del software NaviCam ProScan, il sistema di endoscopia capsulare Anx Robotics è più veloce dei sistemi convenzionali perché grazie all’Ia è possibile trovare molte più lesioni in tempi minori.

In pratica nello stesso tempo con la videocapsula è possibile esaminare sette pazienti in più. Lunga 27 mm con un diametro di 11,8, la compressa ha un campo visivo di 140° e una risoluzione di 480×480. Oltre alla precisione e al risparmio di tempo è economica, il download veloce del video consente procedure brevi ed è possibile utilizzare un metodo non radioattivo per il controllo della sua posizione. Il registratore dei dati viene installato grazie a una cintura per sensori e indossato durante l’intero periodo di registrazione.

Malattie difficili da individuare

Come spiega Maria Elena Riccioni, Uoc Endoscopia digestiva chirurgica del Policlinico Gemelli, l’utilizzo della videocapsula in sé non è una novità, ma in questo caso l’avanzata della tecnologia cambia lo scenario. “La videocapsula è un’indagine, utilizzata per la diagnosi delle patologie dell’intestino tenue da circa venti anni. Qui al Gemelli facciamo almeno 250 esami l’anno con la videocapsula, per una serie di indicazioni, quali la ricerca delle fonti dei cosiddetti sanguinamenti ‘oscuri’, che né la gastroscopia, né la colonscopia hanno permesso di individuare, una malattia di Crohn difficile da diagnosticare, un sospetto tumore del tenue, le sindromi poliposiche, malattie ereditarie gastro-intestinali rare”.

La procedura prevede che il paziente a digiuno, dopo aver firmato il consenso informato, ingerisca la videocapsula. A questo punto viene dotato del rilevatore-registratore (una sorta di Holter) che porterà con sé per tutta la durata dell’esame (circa otto ore che corrisponde alla durata della batteria della capsula). Al termine dello studio, la videocapsula viene espulsa con le feci. Il medico, rivede su un monitor la registrazione del passaggio della compressa nei diversi tratti di intestino, a occhio nudo o con l’ausilio dell’algoritmo che attira la sua attenzione su aree sospette (evidenziate da un quadratino colorato).

La sala operatoria ibrida

L’attenzione alle nuove tecnologie del Policlinico capitolino è arricchita dalla nuova sala ibrida inaugurata presso il Centro malattie apparato digerente dedicata al trattamento endoscopico delle patologie gastroenterologiche. La sala operatoria comprende una Tac a 128 strati e un angiografo rotazionale a braccio robotizzato Artis Pheno di ultimissima generazione che lavorano in maniera integrata, grazie a un software dotato di algoritmi di segmentazione che consentono di elaborare in tempo reale una ricostruzione 3D degli organi.

La sala ibrida è dotata anche di un eco-endoscopio, che consente la visualizzazione diretta della posizione in cui si trova lo strumento ‘dall’interno’, e di aggiungere dunque ulteriori dettagli di imaging. Il ‘cervello’ della sala ibrida è un sistema di video-integrazione. Il software di integrazione delle immagini è in grado ad esempio di fare una road map automatica dei vasi sanguigni, per mostrare qual è il campo di attraversamento degli strumenti operatori; oppure di prolungare virtualmente lo strumento chirurgico in maniera da far vedere al chirurgo quali sono gli organi attraverserà o quali nervi o vasi incontrerà su una determinata traiettoria.

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