SAP e la trasformazione digitale nell’Healthcare
Anche nelle più grandi corporation, molti progetti hanno origine da una specifica esigenza del capo. o una sua esperienza personale che gli ha lasciato una spinta a voler fare qualcosa per risolvere un problema. Nel caso di SAP, le priorità della divisione Healthcare sono state recentemente reimpostate dal CEO Bill McDermott dopo che, a seguito di un incidente domestico nel quale ha perso la vista da un occhio, si è trovato a fare sulla propria pelle l’esperienza del paziente.
Seppure, immaginiamo, sia stato curato nelle migliori strutture americane, ne ha ricavato un’esperienza sgradevole: dati e informazioni erano legati alla struttura che li aveva generati, e non alla sua persona; ogni volta che si spostava in un centro diverso, doveva ottenere le cartelle da una struttura per portarle nell’altra, dove nuovi dati sarebbero stati generati e aggiunti a una nuova cartella, slegata dalla prima. Ha quindi chiesto ai laboratori di ricerca SAP di studiare come la tecnologia possa portare a un “salto quantico” nell’esperienza del paziente.
Ne sono nati tre filoni di attività in SAP Healthcare: medicina personalizzata, telemedicina e ricerca clinica, recentemente discussi nel corso dell’evento “La trasformazione digitale nel settore Healthcare” organizzato da SAP.
Medicina personalizzata
Grazie alla tecnologia è possibile oggi adottare il concetto di medicina personalizzata. Il paziente può essere curato non solo per protocolli, ma in base ai suoi dati effettivi in tempo reale, al suo profilo genetico, abitudini e condizioni di vita.
Un dato, derivante da una ricerca pubblicata su Nature e citata nel corso dell’evento dal prof. Massimo Delledonne, ordinario di Genetica presso il dipartimento di biotecnologie dell’Università degli Studi di Verona, fa impressione: i dieci farmaci che generano il più alto fatturato negli Stati Uniti, sono altamente inefficaci.
Nel migliore dei casi, agiscono effettivamente su un paziente su quattro, ma alcuni di essi funzionano solo in un caso su dieci o, addirittura uno su venti pazienti trattati. Questo avviene per esempio perché il principio attivo funziona solo con persone geneticamente predisposte. Nel peggiore dei casi, oltre a non apportare alcun beneficio, il farmaco scatena addirittura effetti controproducenti o comunque dannosi.
Attraverso la medicina di precisione, è possibile somministrare un farmaco solo a quei pazienti che ne trarrebbero effettivamente un beneficio, evitando allo Stato costi inutili, trovando per gli altri pazienti la terapia più indicata, ed evitando effetti collaterali.
Per questo tipo di approccio, prosegue Delledonne, serve però fare una mappatura del genoma del paziente. Questo è un campo in cui le tecnologie, anche grazie all’esplosione della potenza di calcolo, ha fatto passi da gigante. Se la prima sequenziazione del DNA umano, lo Human Genome Project del 2001, ha richiesto 13 anni di lavoro e un investimento di tre miliardi di dollari, oggi è possibile ottenere la mappa del proprio genoma in un tempo che varia da uno a otto giorni, spendendo tra i 1.000 e gli 8.000 dollari, a seconda dell’urgenza.
I farmaci per cui si spende di più sono efficaci, nella migliore delle ipotesi, solo per un paziente su quattro
Questo tipo di analisi non è però riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale, e solo la Regione Lombardia offre un rimborso parziale ai suoi abitanti. La Cina ha invece stanziato 7 miliardi di dollari per sequenziare il DNA dell’intera popolazione.
Telemedicina
“Attraverso l’internet delle cose, strumenti come smart watch e smartphone è possibile trasmettere tutti i dati del paziente a una piattaforma abilitante per recepire i dati, elaborarli con database sofisticati e presentarli correttamente al personale medico”, afferma Carla Masperi, Chief Operating Officer di SAP Italia.
Per fare un esempio, Akku-Chek Connect di Roche Diagnostics è un dispositivo che registra il livello di glucosio nel sangue unitamente ai dati di frequenza cardiaca e ritmo di attività, mettendoli a disposizione del paziente e del medico curante.
Per Martin Kopp, General Manager Healthcare Providers di SAP, “applicazioni di questo tipo stanno contribuendo a trasformare l’intero impianto delle informazioni mediche, che al momento sono legate al macchinario diagnostico, alla struttura ospedaliera o al medico, mettendo per la prima volta il paziente al centro del servizio. È il paziente il detentore di tutti i dati sanitari che lo riguardano e che lo seguono nel suo percorso, dal medico di base, allo specialista, alla struttura ospedaliera”.
Ricerca clinica
Grazie alle odierne tecnologie IT è possibile elaborare enormi quantità di dati e trovare correlazioni prima invisibili, presentando ai ricercatori i dati rilevanti in modo efficace, velocizzando così la ricerca e accorciando il ciclo di sviluppo di nuovi farmaci.
Archiviazione e analisi dei dati sono sicuramente campi in cui SAP è molto ferrata, ma – per ammissione dello stesso Kopp – “SAP non è famosa per la chiarezza delle sue interfacce grafiche. In questo caso, invece, ha lavorato fianco a fianco con tutti gli utenti coinvolti per creare uno strumento semplice e utile, arrivando a vincere un premio Red Dot Award per il design”.
I dati anonimizzati dei pazienti vengono elaborati a scopo di ricerca, e le informazioni utili alla terapia trasferite al medico curante
In questo caso, gli strumenti impiegati sono SAP Connected Health Platform, piattaforma di ricezione ed elaborazione dati basata su SAP HANA, e SAP Medical Research Insight, lo strumento che dà accesso ai dati presenti nella piattaforma.
Usando questa piattaforma, SAP sta collaborando con l’ASCO (Associazione americana di conologia clinica con 30.000 iscritti) per sviluppare CancerLinkQ, una piattaforma che analizzerà milioni di dati di 500.000 pazienti (dati clinici, genetici, sociali, protocolli impiegati e risultati dei trattamenti…).
I dati raccolti da tutti i medici che operano sul campo, dopo essere stati anonimizzati, vengono raccolti e analizzati dai ricercatori per trovare correlazioni e tendenze. I risultati diventano poi accessibili ai medici, che possono nuovamente applicarli ai casi specifici dei loro pazienti avendo a disposizione molti dati in più per decidere il trattamento corretto. Per esempio, scoprendo che un certo farmaco ha un’efficacia migliore di altri nei soggetti che hanno la stessa età, fenotipo e abitudini di vita del paziente.
Obiettivo: stare bene
L’obiettivo finale di tutto ciò? Usare questi strumenti non solo per la cura, ma soprattutto per il benessere. Arrivare a stabilire come non ammalarsi, invece che curare.
Nel frattempo, se è vera la stima di 1.000 decessi al giorno nei soli Stati Uniti dovuti a errori medici, fatta dall’associazione Patient Safety America, ci si accontenterebbe di essere curati in tempo utile con terapie efficaci. E ogni avanzamento in questo campo, è sicuramente benvenuto.