Fascicolo sanitario elettronico, cresce in Italia l’uso tra medici e pazienti
Anche se non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) guadagna consenso fra medici e pazienti in Italia.
Una recente indagine dell’Osservatorio sulla sanità digitale del Politecnico di Milano stima che nell’ultimo anno il 35% dei medici specialisti e il 48% dei medici di medicina generale (Mmg) hanno utilizzato questo strumento considerato utile dal professionista: riduce il tempo necessario per reperire le informazioni (per il 70% degli specialisti e il 65% dei Mmg) e semplifica la lettura dei documenti scambiati (70% degli specialisti e il 60% dei Mmg).
Inoltre, fornisce informazioni critiche per la gestione del paziente in situazioni di emergenza (68% degli specialisti e 60% dei Mmg) e permette di prendere decisioni più personalizzate e basate sull’intera storia clinica del paziente (68% e 53%).
Nonostante la disponibilità di informazioni sul Fse sia ancora limitata, aumentano i cittadini, intervistati in collaborazione con Doxa Pharma, che vi hanno fatto accesso (41% vs il 35% rilevato lo scorso anno), “anche a fronte di una sempre crescente consapevolezza dei vari attori che entrano in contatto con il paziente e che possono suggerirne l’utilizzo, oltre che a campagne informative mirate”, come spiega Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio.
Entrando nel dettaglio osserviamo che l’utilizzo nella fascia 35-44 arriva al 50% anche perché il 59% di questi cittadini ha fatto accesso anche o solo per altre persone. “Un elemento – osserva Locatelli – che dice come questo strumento stia diventando fondamentale per i cittadini anche se mediato”.
Il problema dei dati non strutturati
A livello aziendale, invece, una percentuale ancora rilevante di strutture sanitarie non alimenta il Fse con i dati raccolti e spesso, quando lo fanno, li caricano in formato non strutturato.
L’eterogeneità o addirittura la mancanza di soluzioni di supporto digitale dei processi clinici nelle strutture sanitarie, tra cui in primis la Cartella clinica elettronica, rimane quindi un ostacolo rilevante per una piena alimentazione del Fse. I dati strutturati comunque sono in aumento.
“All’interno del Fse – spiega Locatelli – troviamo sempre più dati strutturati come referti di laboratorio ma abbiamo ancora la presenza di parte documentale con minore presenza di dati non strutturati. Per avere tutta questa documentazione gli ospedali però devono possedere gli strumenti per generarli. Se guardiamo solo le strutture pubbliche abbiamo percentuali più elevate della gestione dei dati strutturati che diventano significative per i verbali di pronto soccorso. Qui si vede la spinta del Pnrr”.
I dati dicono che l’alimentazione dei dati da parte delle aziende sanitarie è del 92% con dati strutturati per i dati di laboratorio, 80% per i referti di radiologia, 78% verbali di pronto soccorso, mentre il dato più basso, 31%, riguarda i referti di anatomia patologica.
Ospedali, il 46% è dotato di Clinical Data Repository
Passando al portafoglio applicativo presente negli ospedali, il 46% è dotato di Clinical data repository che raccoglie documenti e dati strutturati prodotti dalle componenti applicative della struttura sanitaria. Un terzo possiede uno strumento unitario ma non a questo livello di evoluzione e il 21% non ha un sistema unitario. Questo è un ostacolo fondamentale per l’alimentazione del Fse, spiega Locatelli.
Il 72% ha qualche tipo di cartella clinica elettronica attiva, ma solo il 38% degli infermieri la usa. “Siamo a metà del guado rispetto alla trasformazione digitale dei processi clinico sanitari centrata sulla cartella clinica elettronica” prosegue Locatelli. E infatti la cartella clinica elettronica rimane poco utilizzata visto che raccoglie solo il 21% dei medici.
La strada da seguire, conclude il responsabile scientifico dell’osservatorio, prevede la valorizzazione dei dati raccolti facendo leva sugli standard di riferimento per l’interoperabilità dei dati. “Ma questo rappresenta un’occasione da cogliere per ripensare le logiche di raccolta del dato e farne una migliore gestione”.