Future Health Index 2022: priorità assoluta cybersecurity e privacy dei dati
L’imperativo è di lasciarsi alle spalle una pandemia che ha il difetto di non volersene andare. Ma contemporaneamente proprio l’esperienza degli ultimi due anni costringe i leader della sanità a rivedere obiettivi e priorità per ripartire, puntando sul digitale con i dati in primo piano. Raccolta e interoperabilità, Intelligenza artificiale e analisi predittiva sono il focus per poter sfruttare appieno la potenza dei big data e garantire migliore efficienza ed efficacia al sistema.
È il quadro delineato dal Future Health Index 2022, l’importante studio a livello mondiale di Philips giunto alla settima edizione. L’indagine coinvolge 15 Paesi analizzando prospettive e priorità, del mondo della sanità.
La pandemia ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo, mettendo sotto forte stress il personale sanitario. A questo si aggiungono le previsioni che parlano di una significativa carenza di personale, quantificabile in 15 milioni di professionisti entro il 2030, che necessita anche di una maggior formazione sulle tecnologie sanitarie digitali, il problema della sicurezza dei dati e la tutela della privacy. Lo studio coinvolge anche l’Italia dove il 41% dei leader della sanità indica come priorità assoluta la cybersecurity e la privacy dei dati, ma il 25% punta ad agevolare il passaggio verso la telemedicina.
Un percentuale significativamente più alta di quella registrata in Europa (21%) e a livello mondiale (20%), probabilmente influenzata dai gravi episodi di data breach verificatisi in Italia durante l’ultimo anno. Per quanto riguarda gli investimenti fascicolo sanitario elettronico (55%) e telemedicina (45%) rimangono tra le priorità. In particolare il 42% considera prioritario passare alla telemedicina entro i prossimi tre anni.
Accanto a questi temi classici è l’intelligenza artificiale a stimolare la curiosità del mondo sanitario con il 67% delle preferenze rispetto al 60% a livello globale e al 56% in Europa. Facile quindi la previsione anche grazie al PNRR, che prevede uno stanziamento di circa venti miliardi di euro per il rafforzamento delle infrastrutture tecnologiche, l’intelligenza artificiale continuerà a crescere. L’85% degli intervistati in Italia afferma sarà la loro principale priorità di investimento nei prossimi tre anni, rispetto al 78% a livello globale e al 72% in Europa.
“Il PNRR costituisce per l’Italia una straordinaria opportunità per investire seriamente nella digitalizzazione del sistema sanitario, puntando su un approccio data-driven in cui la raccolta, l’archiviazione e la condivisione dei dati siano connesse e integrate con la medicina predittiva e l’Intelligenza Artificiale”, ha dichiarato Andrea Celli, General Manager Philips Italia, Israele e Grecia.
“Il Future Health Index 2022 ci mostra tuttavia che la rivoluzione digitale della sanità rappresenta una sfida da cogliere su più livelli – tecnologico, infrastrutturale, culturale – che possiamo vincere solo con uno sforzo di sistema, dove aziende, strutture ospedaliere e istituzioni mettano a fattor comune competenze e know-how a beneficio del paziente e dell’intero sistema sanitario. Gli stessi leader della sanità riconoscono la necessità di dover rafforzare i propri investimenti con partnership forti e strategiche, programmi di formazione del personale e una buona governance, per massimizzare i profitti”.
L’attesa rivoluzione digitale della sanità non può che passare anche dalla standardizzazione e valorizzazione dei dati. I leader italiani della sanità dimostrano di averne piena coscienza, tanto che attualmente circa due terzi di coloro che lavorano in ambito clinico (68%) e operativo (65%) affermano di raccogliere e archiviare dati. I dati in ambito clinico vengono utilizzati per elaborare analisi descrittive (53%) e predittive (49%). In generale, la fiducia nell’utilizzo dei dati è alta. Due terzi (66%) ritengono che le proprie strutture dispongano della tecnologia necessaria per sfruttarne appieno il potenziale, e il 78% si sente sicuro dell’accuratezza dei dati a sua disposizione, un risultato nettamente superiore alla media europea (66%) e globale (69%). In generale si registra una forte predisposizione verso l’analisi predittiva.
Circa tre quarti (72%) ritiene che l’analisi predittiva possa avere un impatto positivo sulle prestazioni sanitarie, mentre il 68% afferma che potrebbe avere un impatto positivo sulla value-basedcare. Allo stesso tempo, il 63% ritiene che i sistemi analitici avanzati contribuiranno a ridurre i costi delle cure, rendendo così l’assistenza sanitaria più accessibile.
L’analisi predittiva è in grado di apportare miglioramenti operativi all’interno delle strutture, dalla programmazione (29%) e pianificazione dei trattamenti (25%), fino alla previsione e alla pianificazione delle spese (19%). Sebbene la sicurezza e la privacy dei dati sia considerata il principale ostacolo all’utilizzo efficace dei dati, l’uso dell’analisi predittiva potrebbe apportare i maggiori benefici (31%) proprio in quest’area dell’assistenza sanitaria.
Non mancano però gli ostacoli sul percorso della sanità data-driven. I principali timori sono legati a sicurezza e privacy (32%), seguiti dalla difficoltà di gestire grandi volumi di dati (28%) e dalla mancanza di competenze del personale (27%). Per favorire un utilizzo efficace dei dati, secondo il 34% del campione bisognerebbe ripensare la ridistribuzione dei budget di investimento. Un dato nettamente superiore a quello dei colleghi europei (22%) della media globale (21%).
Dall’indagine emerge anche la fiducia degli italiani nelle potenzialità dell’analisi predittiva. Circa tre quarti (72%) degli intervistati ritiene che possa avere un impatto positivo sulle prestazioni sanitarie, mentre il 68% afferma che potrebbe avere un impatto positivo sulla value-based care e sui costi delle cure (63%), rendendo così l’assistenza sanitaria più sostenibili e accessibile.
Riguardo allo stato dell’arte, il 65% dichiara di aver già adottato o essere in procinto adottare l’analisi predittiva: un dato che pone il nostro Paese al quinto posto della classifica globale, ben sopra la media (56%) e a poca distanza da Stati Uniti (66%) e Brasile (66%), seppur nettamente distaccati dai leader in quest’ambito, rappresentati da Singapore (92%) e Cina (79%). I dati però qualche problema lo creano. Più della metà (58%) ritiene che il personale sia sommerso dalla quantità di informazioni disponibili. Questo dato è significativamente più alto rispetto al 47% della media europea. Tuttavia, solo un quarto (27%) ritiene che una scarsa preparazione da parte del personale influisca sull’utilizzo dei dati, e solo il 16% afferma che il personale sia restio all’uso di nuove tecnologie.
In questo processo di sviluppo fondamentale è la collaborazione con le altre strutture sanitarie e le aziende attive nella Health Technology. Date le notevoli differenze regionali all’interno del sistema sanitario italiano, la collaborazione con altre strutture ospedaliere e sanitarie viene vista dagli intervistati come un’opportunità preziosa per imparare dalle esperienze altrui. Dalle collaborazioni con le aziende, i leader italiani della sanità si attendono vantaggi che vanno dall’accesso a modelli di pagamento flessibili e opzioni di finanziamento innovative (44%) alla formazione e la preparazione del personale (31%), dalla visione strategica per il futuro (27%) alla consulenza specializzata (26%).