L’E-Health deve essere data-driven
La crescita di big data e analytics
Il whitepaper “Una Data Strategy per la Sanità Italiana”, parte dai dati di NetConsulting Cube, secondo la quale il 59% delle aziende indica che i dati sono già fruibili per l’uso secondario e il 29% dichiara che lo saranno in futuro. A oggi, inoltre, poco più della metà del campione (52%) ha in corso progetti di revisione dell’architettura dati, la maggior parte dei quali riguardanti la revisione della data governance (82%) e il rinnovo della data platform (55%).
L’importanza dei data è confermata anche dai valori registrati dal mercato dei Big Data. Secondo una stima di Mordor Intelligence, il Big Data Healthcare Market valeva 23,7 miliardi di dollari Usa nel 2020, con una previsione di crescita sino a 58,4 miliardi entro il 2026, registrando così una CAGR del 16,2%.
Per quanto riguarda l’Italia, NetConsulting Cube stima un valore di 135 milioni di euro per il mercato Big Data e Analytics in Sanità per il 2022 con una prospettiva di crescita a 200 milioni nel 2025. Il documento raccoglie alcune best practice e fa il punto sulla sanità digitale data-enabled, sia in riferimento allo stato dell’arte, sia per quanto riguarda gli sviluppi futuri.
Dal Datawarehouse al Data Mesh
Dal punto di vista tecnologico il white paper si sofferma sull’evoluzione dall’enterprise data wharehouse al Data Mesh con l’obiettivo di aumentare la capacità di gestire dati eterogenei, in grandi volumi e in parte alimentati in real-time.
Il Data Mesh presuppone un cambio di paradigma sulla base del quale collezionare e rendere disponibili i dati e sostanzia in strategie dati e architetture basate generalmente sulla convergenza di alcuni principi base.
“In sintesi, una strategia dati basata sul Data Mesh sposa il concetto di dato federato e distribuito in specifici domini che hanno la piena responsabilità di fornire tali dati come prodotti, facilitando la comunicazione e l’interoperabilità tra dati distribuiti in diverse posizioni”.
I dati rappresentano poi la base per sfruttare al meglio l’intelligenza artificiale, ma come durante la pandemia abbiamo se da una parte abbiamo visto il loro valore, dall’altra frammentazione e difficoltà di utilizzo. Rispetto alle tre direttrici di evoluzione della Sanità, personalizzazione, proattività e delocalizzazione, l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo crescente, facendo leva su data spaces, apparecchiature consumer e sistemi di intelligenza distribuita.
Confidenzialità, integrità e disponibilità
Parlando di dati non è possibile non parlare di sicurezza. Confidenzialità (limitare l’accesso ai dati), integrità (ci si può fidare dei dati) e disponibilità (disponibili sempre, ovunque con qualsiasi device) sono i tre elementi cardine della cybersicurezza, un problema ormai di attualità.
A questo proposito gli industriali dell’hi-tech spiegano che “Non esiste una soluzione One-Fits-All bensì una serie di elementi interdipendenti che in una logica Zero-Trust devono essere considerati alla base di ogni progetto di digitalizzazione dei processi sanitari. Sarebbe corretto chiamarlo un approccio Security by Design che tocchi tutti gli ambiti di un servizio sanitario digitale, non da ultimo quello organizzativo”.
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Questo significa che, come si ripete ormai da anni, la sicurezza è una responsabilità di tutti. E per questo è fondamentale creare una cultura diffusa della sicurezza che coinvolga l’intera organizzazione attraverso piani di formazione, figure dedicate (CISO) e piani di resilienza informatica per gestire nel modo migliore eventuali incidenti.
In termini pratici questo si traduce nella protezione dei WorkLoads, implementando soluzioni di sicurezza che siano il più vicino possibile alle applicazioni, analizzare costantemente le dinamiche applicative (Application’s Behavior), definendo specifiche Baselines e segnalando prontamente eventuali scostamenti e applicare simultaneamente politiche di sicurezza e segmentazione dei flussi di traffico in logica multi-cloud.
La sicurezza deve essere pensata come una parte “intrinseca e distribuita” dell’impresa e della Sanità moderna incorporando continuamente tutti gli aspetti dello stack tecnologico per fornire una sicurezza più efficace attraverso un approccio Zero-Trust (o architettura Zero Trust).
L’infrastruttura nazionale dei dati
Data governance, infrastruttura, interdisciplinarietà e life data. Il white paper si chiude con una serie di consigli e indicazioni che partono dalla constatazione della importanza di una definizione del quadro normativo e accanto a questo di un protocollo di etica dell’intelligenza artificiale che indirizzi il profilo di fiducia prevenendo bias e quindi potenziali discriminazioni. In questa direzione da tempo si mossa l’Europa con l’Ethics Guidelines for Trustworthy Artificial Intelligence.
È poi urgente sviluppare un’infrastruttura nazionale dei dati, una semantica dei Life Data, adottare algoritmi trasparenti e condivisi e un’adeguata Data Governance per guidare i processi e le strategie nel nuovo ecosistema. Altrettanto fondamentale è la costruzione di percorsi di formazione che riguardino anche gli utenti che devono avere le competenze necessarie per trarre vantaggio dalla transizione digitale.
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“Solo in questo modo sarà possibile ridurre l’inevitabile e connaturata resistenza al cambiamento che si sviluppa quando mancano la conoscenza degli strumenti e la consapevolezza dei benefici”. Le competenze digitali e quelle relative a dati e Ia però devono essere soprattutto patrimonio di medici e professionisti della salute.
Per questo devono entrare a pieno titolo nel percorso formativo di medici e professionisti della salute come già sta succedendo con le prime esperienze in corso anche in Italia per la definizione di programmi di confluenza fra percorsi di formazione Stem e medico-sanitari.
La prassi di utilizzo dei dati deve essere normalizzata partendo dalla standardizzazione semantica dei dati clinici per arrivare a un Common Data Model a livello nazionale. Il modello Hl7-Fhir è considerato un ottimo punto di partenza. Oltre alle regole per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale occorre scalare a livello nazionale le esperienze già portate avanti, accrescerne il loro utilizzo su larga scala e agevolare il dialogo con il garante della privacy. “Nel dialogo con le istituzioni l’industria deve far emergere il valore creato dalle analisi predittive in termini di efficienza ed efficacia nella pratica clinica”.
Infine, ma si tratta di una precondizione, l’infrastruttura deve consentire l’interoperabilità dei dati attraverso una loro strutturazione logica: occorre un modello semantico che, a partire dallo standard FHIR (Fast Healthcare Interoperability Resources), consenta la comprensione del significato dei dati contenuti per tutti i possibili utilizzi.