Telemedicina e sanità privata, al 58% delle strutture italiane non interessa
La telemedicina non sfonda nella sanità privata. È il racconto della prima survey nazionale sulla Telemedicina in ambito ambulatoriale privato, organizzata dall’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini insieme con l’Istituto Superiore di Sanità e il fondo sanitario integrativo Fasdac.
Il quadro che merge mostra un fenomeno ancora ai suoi primordi e con importanti ostacoli ancora da superare, soprattutto sul fronte della fiducia verso la Telemedicina da parte di operatori e pazienti e della necessità di una maggiore chiarezza organizzativa e normativa da parte delle strutture sanitarie.
L’indagine è stata condotta su oltre trecento strutture sanitarie private e private convenzionate Ssn distribuite sul territorio nazionale e ha fatto emergere alcuni dati spesso allarmanti e a tratti inaspettati.
I principali ostacoli: complessità organizzativa e scarsa propensione del personale
Secondo l’indagine il 58% delle strutture ha dichiarato di non fare telemedicina e di non essere interessata a offrire questo servizio nel prossimo futuro, a fronte di un 13% che ha dichiarato di praticarla e di voler continuare a sviluppare la propria offerta. I principali ostacoli allo sviluppo di questa pratica riguardano la complessità organizzativa dichiarata nel 24% dei casi, la scarsa propensione o collaborazione del personale sanitario dichiarata nel 15%, seguiti dalla onerosità in termini economici per il 9%.
Se guardiamo alle sole strutture di grandi dimensioni che erogano più di cinquantamila prestazioni ambulatoriali l’anno, la ”onerosità in termini economici” diventa il problema più rilevante a pari merito con la “complessità nell’applicazione della normativa Gdpr”, con il 17%.
Il livello di fiducia degli operatori verso la telemedicina è alto o medio alto per il 40% nel caso delle direzioni generali e sanitarie, ma crolla al 27% per chi è “sul campo”. Medici e professioni sanitarie infatti sono molto meno entusiasti. Rimanendo sul tema della fiducia, ma dando uno sguardo dal punto di vista del paziente, le strutture hanno dichiarato di aver riscontrato nei propri pazienti “scarsa fiducia verso la telemedicina” nel 27% dei casi, rinforzato dal problema della “scarsa familiarità con le tecnologie informatiche” che le strutture hanno riscontrato nei propri pazienti per il 23%.