Il target fissato dal PNRR per la telemedicina dice che entro dicembre 2025 almeno 300mila persone dovranno essere assistite attraverso strumenti per le visite e il controllo a distanza. Il problema è che, secondo i dati dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, questa pratica è ancora occasionale e non sistematica.

Secondo il più recente rapporto dell’Osservatorio, la quota dei medici che utilizzano servizi di telemedicina è sostanzialmente stabile con il 43% dei Mmg (medici di medicina generale), il 35% degli specialisti per televisita, mentre per il telemonitoraggio i dati indicano il 35% di Mmg, 33% di specialisti e il 15% di infermieri. In circa la metà dei casi l’erogazione dei servizi rimane però occasionale anche se l’interesse futuro si conferma elevato.

Tra coloro che hanno già utilizzato la Televisita, il 62% dei medici specialisti e il 46% dei Mmg lo ha fatto poche volte al mese. A questo si aggiunge che la maggior parte dei medici specialisti utilizza ancora strumenti non dedicati all’uso sanitario per erogare tali servizi e che non sono quindi adeguati allo scambio di dati sanitari (46%), dimostrando quindi una limitata maturità dei servizi erogati dal punto di vista tecnologico. In una quota rilevante infatti le piattaforme non permettono di raccogliere e valorizzare dati strutturati.

La maturità dei servizi di Telemedicina non dipende solo da fattori strettamente tecnologici – spiega Deborah De Cesare, direttrice dell’Osservatorio Sanità digitale –, ma anche da elementi organizzativi, che devono essere sviluppati in modo coerente e organico e che ad oggi presentano lacune rilevanti. Infatti, tra coloro che hanno già utilizzato strumenti di Telemedicina, solo il 10% afferma che nella struttura sanitaria di riferimento sono stati definiti i ruoli che concorrono all’erogazione dei servizi e solo il 24% è stato formato sull’utilizzo di queste soluzioni”.

I driver per aumentare l’utilizzo

Nell’ultimo anno solo l’8% dei pazienti ha utilizzato servizi di Televisita con lo specialista e l’11% di Telemonitoraggio dei parametri clinici, ma con un livello di interesse futuro ad utilizzare questi servizi vicina all’80%.

A fronte di un’adozione ancora limitata della telemedicina da parte dei pazienti occorre identificare e fare leva sui driver che possano promuoverne una maggiore diffusione – afferma Cristina Masella, responsabile scientifico dell’Osservatorio -. I pazienti che non hanno utilizzato servizi di Telemedicina sarebbero più propensi a farlo se questi consentissero di migliorare la relazione con il medico (87%), di risparmiare tempo (86%) e se permettessero di evitare di muoversi da casa, in condizioni di difficoltà (88%). Identificare e far leva sui principali driver consentirà di progettare e promuovere servizi in modo appropriato, trasformando la propensione mostrata dai pazienti in effettiva adozione”.

Anche in questo caso si pone il problema della formazione. Solo nel 10% delle strutture sanitarie sono stati definiti i ruoli che concorrono all’erogazione dei servizi di telemedicina e solo il 24% dei medici specialisti afferma di essere stato formato all’utilizzo delle visite a distanza e solo una parte di questi ha ricevuto una formazione completa che ha compreso anche gli aspetti tecnici.

Otto pazienti su 10 interessati alla telemedicina

Le prospettive per il futuro rimangono confortanti. L’interesse è sempre molto elevato da parte dei professionisti che iniziano a percepire i benefici quando provano il servizio di telemedicina. Per quanto riguarda i pazienti la prospettiva verso l’adozione vede otto su dieci interessati.

Al convegno di presentazione dei dati ha partecipato anche Giovanni Migliore, presidente Fiaso, Federazione italiana aziende ospedaliere e sanitarie che ha sottolineato come sia necessario abbattere le barriere regolamentari, culturali e organizzative per colmare il divario tra i servizi disponibili e il loro effettivo utilizzo.

Un potenziale grande aiuto per risolvere carenza di personale e liste d’attesa

Tra le prestazioni oggi erogabili in televisita la quota di quelle effettivamente fornite è tra l’1 e il 5% nell’86% delle aziende sanitarie che dispongono del servizio. “Stiamo utilizzando solo l’1% delle potenzialità attuali dei sistemi di telemedicina. Attraverso la tecnologia oggi potremmo migliorare l’efficienza, l’accessibilità e la qualità delle cure ma non riusciamo a superare barriere culturali o organizzative che impediscono una più ampia adozione dei servizi in favore dei pazienti”, ha aggiunto Migliore.

“La telemedicina potrebbe essere di grande aiuto nella risoluzione di due grandi problemi della sanità come la mancanza del personale sanitario e le liste d’attesa. Potremmo, ad esempio, portare visite specialistiche in aree periferiche, ottimizzando la gestione del tempo dei medici e dei pazienti, riducendo l’attesa per appuntamenti e follow-up. Potremmo effettuare il monitoraggio costante dei pazienti con malattie croniche al loro domicilio, portando ciò di cui il paziente ha bisogno, lì dove ne ha bisogno. Ma tutto questo non deve più restare circoscritto negli appuntamenti sulla telemedicina ma fare effettivamente parte del patrimonio del nostro sistema sanitario nazionale”.