Wearable: dal fitness alla sanità
I dispositivi indossabili come parte di un capo di abbigliamento, smartwatch, braccialetti o gli smartphone riscuotono infatti il favore dei consumatori e raccolgono miliardi di dati. Perché quella è la loro funzione principale. Attraverso i sensori controllano alcuni parametri e li comunicano per le analisi.
Secondo gli analisti, sempre prodighi di previsioni favorevoli, le dimensioni del mercato globale della tecnologia indossabile andranno dai 116,2 miliardi di dollari nel 2021 a 265,4 miliardi entro il 2026 con un Cagr del 18%. In Europa Market Data, Forecast parla di 2514 milioni di dollari nel 2021 che diventeranno 5950 nel 2026 con un Cagr del 18,8%.
Progressi tecnologici e maggiore consapevolezza riguardo la propria salute sono i driver del mercato, che crescerà grazie alla facilità d’uso dei dispositivi e al miglioramento dei canali distributivi. Entro il 2026, sempre secondo gli analisti, alcuni fattori economici come l’aumento della spesa sanitaria pro capite, lo sviluppo di infrastrutture sanitarie e l’aumento degli investimenti del settore industriale per sviluppare tecnologie innovative, guideranno la crescita del mercato dei dispositivi medici indossabili che troverà altre opportunità nell’invecchiamento della popolazione e nella crescita esponenziale delle malattie croniche.
Il freno è per ora rappresentato dal costo elevato dei dispositivi che ha portato a un tasso di adozione lento, limitandone il potenziale. A questo si aggiungono le preoccupazioni sulla privacy riguardanti la trasmissione di dati sensibili dei pazienti e la necessità di dispositivi miniaturizzati con lunga durata della batteria.
Un elemento, quest’ultimo, che potrebbe essere superato da una nuova generazione di prodotti come quelli realizzati dagli ingegneri dell’Università dell’Arizona che hanno sviluppato un nuovo concept che permette di sviluppare dispositivi indossabili utilizzano la trasmissione dell’alimentazione wireless con un funzionamento 24×7 senza bisogno di ricarica.
Nel frattempo, entro il il 2022, si prevede che l’uso dei wearable raggiungerà oltre un miliardo di consumatori nel mondo. Il successo è testimoniato anche da un altro dato che arriva dagli USA. All’inizio del 2020, ClinicalTrials.gov ha registrato circa 460 studi che incorporavano sistemi wearable, con proiezioni che parlano del 70% degli studi clinici entro il 2025.
La previsione di un forte sviluppo del mercato non pare azzardata anche perché fra i protagonisti del comparto c’è una pattuglia di colosssi: da Apple a Google a Sony e Microsoft e un buon numero di piccole aziende che si fanno notare per la creatività delle soluzioni.
Il mercato si allarga
Il mercato non si limita ai prodotti per i consumatori finali ma si allarga anche agli operatori professionali. È il caso degli Smart Glasses, utilizzati dai medici con un valore di circa 145 milioni di dollari nel 2020 e che per i prossimi otto anni prevede una crescita costante del 9,6%.
I wearables hanno dimostrato la loro utilità in campo chirurgico, con i sensori per il monitoraggio dei pazienti chirurgici ad alto rischio per eventi come la fibrillazione atriale.
Nel campo della cura del cancro, hanno una comprovata utilità nella fase di ricerca clinica. Uno studio, pubblicato su Clinical Genitourinary Cancer, ha esaminato i pazienti sottoposti a terapia sistemica. Anche se i tassi di utilizzo di wearable e smartphone erano significativamente più alti tra i pazienti più giovani (100% tra i 40 e i 49 anni rispetto al 38% tra gli 80 e gli 89 anni), i ricercatori hanno generalmente visto un elevato impegno con le tecnologie e l’interesse per i dati generati in tutto lo studio.
Nello stesso studio, i ricercatori hanno scoperto che i pazienti più giovani in particolare erano interessati ai dati di tracciamento dell’attività – un interesse che aumentava quando i pazienti progredivano verso terapie più avanzate ed erano preoccupati di perdere la loro capacità di essere attivi.
La cardiologia, sembra offrire grandi possibilità di utilizzo. I ricercatori stanno infatti valutando come i wearable possono essere utilizzati per controlli che vanno dalla fibrillazione atriale alle complicazioni dell’insufficienza cardiaca. L’importanza di questi strumenti è sottolineata dal report indipendente “Preparing the Healthcare Workforce to Deliver the Digital Future” che ha tracciato il futuro della sanità britannica.
Oggi, spiega il rapporto firmato dallo scienziato Eric Topol si stima che il 70-80% di tutte le decisioni cliniche dipendano dal risultato di un test, tipicamente eseguito in un laboratorio centralizzato di patologia del NHS (il sistema sanitario britannico, ndr). I progressi nei sensori e negli indossabili stanno però portando la diagnostica e il monitoraggio sempre più vicino al paziente.
Diagnosi rapide, accesso ai trattamenti più veloce, maggiore supporto per gli operatori sanitari e maggiore privacy per gli utenti che possono testarsi da casa. Sono questi alcuni dei vantaggi osservati da Topol che sottolinea l’importanza della connettività per trasmettere i dati ai sistemi informativi di laboratorio, alle cartelle cliniche elettroniche dei pazienti e ai servizi di cura e di salute pubblica.
Fondamentale è il monitoraggio dei parametri vitali da remoto come la frequenza cardiaca e i ritmi anomali, la frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno nel sangue e pressione sanguigna. Ci sono delle videocamere per il monitoraggio dei pazienti che, con algoritmi di apprendimento automatico, possono effettuare il rilevamento precoce di eventi avversi e lasciare più tempo al personale infermieristico per l’assistenza diretta dove più è necessario.
L’impatto di questi device dovrebbe raggiungere il suo livello più alto dopo il 2030, ma la pandemia e lo sviluppo tecnologico potrebbero accelerare il processo. Infatti si notano già i primi cambiamenti nell’offerta.
Dal benessere si è passati alla salute e così abbiamo visto comparire il cerotto di Philips per il monitoraggio della respirazione, il dispositivo per controllare la frequenza cardiaca fetale di Nuvo Group, una società israeliana e il dispositivo di Mister, società italiana che in collaborazione con altre aziende, enti di ricerca e la startup Biometrica ha messo a punto un sensore per l’analisi del sudore che valuta lo stato di disidratazione degli atleti durante l’attività fisica.
Altra startup italiana è la siciliana iMask3 specializzata nei sistemi di protezione individuali che ha presentato una mascherina intelligente Ffp2 in grado di eliminare batteri e virus, incluso il Sars-CoV2.
L’utilizzo sempre più massiccio di questi prodotti ha ovvi riflessi anche per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro. I dati devono essere raccolti, protetti ed esaminati dalle strutture ospedaliere, mentre i pazienti potrebbero ridurre la frequenza delle visite presso il medico o in ospedale e le riammissioni dovute a una cattiva gestione della salute personale.
Un’evoluzione, come sottolinea l’ultimo rapporto Assinform, che interessa in particolare la sanità privata attenta all’utilizzo di telemedicina, wearables e app per sviluppare nuovi servizi e nuove modalità di contatto con i pazienti.
Altri riflessi dell’arrivo dei wearable coinvolgono per esempio il comparto delle assicurazioni che potrebbe chiederne l’utilizzo per tenere sotto controllo la salute del cliente o la concessione di benefit da parte delle aziende.
Scenari di un futuro molto prossimo visto che al Festival delle Assicurazioni che si è svolto di recente a Milano. Federica Pizzaballa, Insurance Consulting & Technology Country Leader di Willis Towers Watson, ha sottolineato l’importanza di tecniche di pricing basate sugli advaced analytics e l’uso di dispositivi wearable.
Come sottolineato, un forte impulso allo sviluppo di questi dispositivi è arrivato dalla pandemia che ne ha accelerato la tendenza verso l’utilizzo. Un recente studio di Stanford Medicine e Rock Health infatti ha scoperto che la pandemia ha dato il via all’adozione digitale, sia per quanto riguarda gli indossabili sia per altri strumenti di telemedicina.
Nel loro sondaggio, su quasi 8.000 adulti statunitensi, il 43% degli intervistati ha dichiarato di possedere un wearable, dato in aumento rispetto al 33% dell’anno precedente. Più della metà di quegli utenti (51%) usa il wearable per gestire una condizione di salute diagnosticata, anche qui in aumento rispetto al solo 29% dell’anno precedente e il 54% ha monitorato una metrica della salute in modo digitale (42% del 2019).
Con questa diffusione si assiste anche a un cambiamento del modo in cui i dispositivi vengono utilizzati.
Con la pandemia, almeno negli USA, è cambiato tutto. Le persone con malattie croniche – prima del Covid – spesso compravano questi dispositivi e smettevano di usarli entro 30-60 giorni, una ricerca di Stanford, invece, sottolinea che con la pandemia l’utilizzo è stato costante.
La nuova richiesta di Sanità arriva quindi da persone normali che hanno voglia di prendersi cura di se stesse. Un’opinione confermata dall’evoluzione delle vendite di dispositivi che hanno visto alcune categorie di prodotto scendere nelle preferenze dei consumatori. Secondo IDC i braccialetti per il fitness riscuotono sempre meno successo a vantaggio di prodotti più complessi con maggiori funzionalità. Per questo si va verso una generazione di wearable sempre più sofisticata, come la diffusione di strumenti per controllare l’aritmia cardiaca.
Da qui l’arrivo di una enorme mole di dati che i medici dovranno controllare. Come faranno?
Un ruolo importante lo giocheranno l’apprendimento automatico, per identificare gli incidenti a cui un medico dovrebbe prestare attenzione, e il design. È necessario infatti creare interfacce e strumenti di visualizzazione dei dati che i pazienti e i fornitori possano utilizzare con facilità.
Problemi di sicurezza dei dati
Nel momento in cui si passa dall’utilizzo per il fitness a qualcosa di molto più sofisticato l’accuratezza dei dati diventa fondamentale. Non a caso produttori come Apple e Fitbit hanno iniziato a cercare di ottenere le approvazioni della Food and Drug Administration degli Stati Uniti per alcune delle loro tecnologie relative ai sensori.
Altri problemi correlati all’utilizzo degli indossabili riguardano la sicurezza informatica/privacy e i costi. Ospedali e sistemi sanitari in generale oggi non sono attrezzati per la raccolta e l’analisi dei dati dai wearable e la loro preparazione in materia di cybersecurity. Come abbiamo visto anche questa estate, è in ritardo rispetto ad altri settori. Non parliamo dell’eventuale collegamento con il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Esiste un problema di modelli di business. Le aziende tecnologiche direttamente o terze parti potrebbero creare un ecosistema in grado di proteggere, gestire e analizzare i dati. Da qui potrebbero nascere interessanti modelli di business incentrati sulla salute, il benessere e la prevenzione con un ruolo importante che potrebbe essere svolto dal mondo assicurativo.
Con una possibile convergenza tra il mercato degli indossabili di consumo e i dispositivi medici tradizionali. Per la sicurezza il mondo IoT è sempre stato criticato per sfornare prodotti non all’insegna del security by design. È chiaro che con questi strumenti questo deve cambiare e oltre alla certificazione della FDA o organismi simili forse ci sarebbe bisogno di verifiche anche dal punto di vista della cybersecurity.
È recente la notizia relativa alla scoperta di un database non protetto contenente oltre 61 milioni di record relativi a fitness tracker e wearable di utenti Apple e Fitbit. I ricercatori di WebsitePlanet e l’esperto di sicurezza Jeremiah Fowler hanno scoperto un database non protetto da password che conteneva decine di milioni di record appartenenti a dispositivi e app di fitness tracking e indossabili.
Il database non protetto apparteneva a GetHealth, che offre una soluzione unificata per accedere ai dati di salute e benessere da centinaia di wearable, dispositivi medici e applicazioni. Molti dei report contenevano dati come: nome e cognome, nome visualizzato, data di nascita, peso, altezza, sesso e geolocalizzazione. Un episodio molto grave anche alla luce delle indicazione dell’OMS che nel documento “Global Strategy on Digital Health 2020-2025″ sottolinea come i dati sanitari devono essere classificati come personali e sensibili, richiedendo il più alto standard di sicurezza possibile.
Secondo l’OMS è necessaria una solida base giuridica e normativa per proteggere temi quali: la privacy, riservatezza e trattamento dei dati sanitari personali, per affrontare la cybersecurity, rafforzare la fiducia, la responsabilità, la governance, l’etica, l’equità, lo sviluppo di capacità e l’alfabetizzazione.
Secondo Pasquale Stanzione, garante della privacy, è necessario un uso consapevole di questi strumenti. “Vanno scelte le impostazioni meno invasive per la privacy, con grande attenzione alla condivisione successiva dei dati. Le preoccupazioni espresse dal Comitato europeo per la protezione dati rispetto all’acquisizione di Fitbit da parte di Google, muovevano proprio dai rischi (anche in termini di dettagliata profilazione dell’utente) insiti nella concentrazione (ulteriore) di dati cosi rilevanti in capo ad aziende il cui capitale principale sono, appunto, i dati”, ha dichiarato in un’intervista. L’Europa da questo punto di vista dà una mano. Nel Gdpr infatti si parla di privacy by design e by default, si impongono obblighi di sicurezza rilevanti, garanzie in caso di trasferimento all’estero (cloud o interazione con terze parti) e una complessiva supervisione lungo tutta la filiera del trattamento”.
Ma siamo solo all’inizio.