Dai macchinari della rivoluzione industriale all’era informatica della digitalizzazione e, di recente, dell’intelligenza artificiale, i progressi tecnologici spesso sollevano lo spettro della perdita di posti di lavoro. Ma gli esperti ritengono che, oltre a sostituire i posti di lavoro, i sistemi di intelligenza artificiale possano potenziare l’attività umana, migliorando l’efficienza e riducendo il carico di attività più pesanti che possono essere delegate ad algoritmi intelligenti.

Ciò significa che gli esseri umani cooperano e interagiscono direttamente con l’intelligenza artificiale. “Chi non perderà il lavoro a causa dell’automazione potrà lavorare fianco a fianco con un software sempre più intelligente”, afferma J.P. Gownder, vicepresidente e analista della società di ricerca Forrester. “Questo scenario diventerà applicabile a quasi tutti i tipi di processi aziendali che possiamo immaginare”.

Combinando la potenza del cloud computing e i progressi dell’apprendimento automatico, gli assistenti AI potranno assumersi parte del carico cognitivo dei lavoratori umani, che potranno concentrarsi sulle attività a cui sono più adatti.

Sta già accadendo in molte aziende: un sondaggio Deloitte del 2020 su 1.300 CIO e responsabili IT ha rilevato che solo il 12% delle aziende utilizza l’intelligenza artificiale per sostituire i lavoratori, mentre il 60% la utilizza per assistere il personale.

Progettazione collaborativa

Consideriamo, per esempio, il generative design. Progettisti e ingegneri si affidano da tempo a strumenti CAD (Computer Aided Design) per creare “disegni” 3D di componenti o prodotti. Con il generative design l’utente inserisce parametri come il tipo di materiale, i requisiti di prestazione e relativi ai costi nell’algoritmo, che quindi crea una vasta gamma di modelli alternativi – che si tratti di un componente della macchina o di un mobile – tra cui il designer o l’ingegnere possono scegliere.

Il risultato può essere un design insolito e organico che non corrisponde all’estetica prevista e più “naturale” per gli esseri umani, ma che si adatta alle specifiche, a volte in modo più efficiente.

In pratica, secondo Seth Hindman, responsabile della strategia per i prodotti di generative design e apprendimento automatico di Autodesk, i software sono in grado di svolgere un processo di progettazione che richiede a designer e ingegneri di creare molte iterazioni del loro lavoro. Ciò a sua volta consente agli utenti di concentrarsi sugli aspetti di maggior valore del loro ruolo.

Il generative design è un collaboratore complementare all’ingegnere, che non ha il tempo, e nemmeno l’inclinazione, per esplorare l’intero spazio di progettazione”, sottolinea Hindman, “e può concentrarsi sugli aspetti più importanti del suo lavoro”.

Autodesk ha iniziato a usare il generative design con la creazione della piattaforma Project Dreamcatcher nel suo reparto di ricerca e sviluppo. La tecnologia è stata sperimentata da aziende come Airbus, che l’ha utilizzata per creare componenti di aeromobili leggeri, mentre il famoso architetto e designer Philippe Starck ha utilizzato la piattaforma di design generativo per progettare una linea di sedie.

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Phillippe Stark ha lavorato con il produttore di mobili Kartell e Autodesk Research per creare “la prima sedia creata dall’intelligenza artificiale in collaborazione con gli esseri umani”

Da allora la tecnologia si è fatta strada nel prodotto commerciale Fusion 360 di Autodesk, che viene utilizzato da aziende come Lightning Motorcycles, un produttore di motociclette elettriche con sede a San Jose, in California. “Grazie al software abbiamo risolto i problemi relativi al peso dei veicoli, consentendo ai progettisti di creare nuove parti in modo più rapido ed efficiente”, afferma il CEO e fondatore Richard Hatfield.

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I designer di Lightning Motorcycles hanno creato il forcellone evidenziato in blu utilizzando il software di progettazione generativa di Autodesk

In precedenza, il team di Lightning progettava una parte e quindi conduceva analisi sulla resistenza e altre specifiche prima di apportare modifiche, un processo che richiede tempo. “Il software di generative design è in grado di eseguire milioni di queste iterazioni e simulazioni con un enorme miglioramento della velocità rispetto a quello che serve per farlo manualmente”, spiega Hatfield. “È come provare a disegnare un componente con carta e penna anziché utilizzare un software per eseguire l’iterazione. È un grande balzo in avanti”.

La partnership uomo-AI in ambito lavorativo

Molti lavoratori interagiscono già con l’intelligenza artificiale in modi più sottili, spesso senza rendersene conto, dall’ottenere traduzioni istantanee all’accettazione di suggerimenti di risposta predefiniti tramite e-mail. Allo stesso tempo, le interazioni con gli assistenti AI stanno diventando più sofisticate. Assistenti vocali come Alexa, Google Assistant, Siri e Cortana, che sono familiari nella nostra vita personale, hanno iniziato a farsi strada anche nell’ambiente lavoro, per esempio aiutando gli utenti a individuare informazioni o prenotare riunioni.

Questo significa interagire con l’AI in modo più diretto. Con i recenti progressi nel software per call center di aziende come Google e Amazon Web Services, gli agenti del call center sono in grado di interagire con assistenti AI che li guidano attraverso ogni interazione con il cliente – facendo emergere note e informazioni di supporto, riconoscendo l’atteggiamento del cliente e suggerendo risposte, tutto in tempo reale. Piuttosto che automatizzare completamente il lavoro con un chatbot, l’AI aiuta l’agente a fornire un servizio migliore, migliorando la soddisfazione del cliente e di conseguenza aumentando le vendite.

Questo è un caso in cui il personale del call center non viene sostituito dall’intelligenza artificiale, ma collabora con l’AI per gestire meglio le interazioni con i clienti”, sottolinea Gownder di Forrester. “Non è uno scenario ancora molto diffuso, ma sta iniziando a succedere”.

Non è solo in ufficio che i lavoratori interagiscono con l’AI. I robot collaborativi, o “cobot”, sono diventati più diffusi nelle fabbriche, dove sono attrezzati per operare insieme agli ingegneri per tenere in posizione oggetti o strumenti pesanti, e nei magazzini, come le enormi strutture di Amazon, dove i robot aiutano i lavoratori umani a prendere e imballare le merci per la consegna.

Creare sistemi di intelligenza artificiale che interagiscono con gli esseri umani in modo naturale e affidabile significa anticipare e adattarsi alle esigenze dei lavoratori umani – o in altre parole, imparare a essere un buon compagno di squadra – secondo Julie Shah, professore associato presso il Dipartimento di Aeronautica e Astronautica al MIT e capo dell’Interactive Robotics Group del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL).

Esiste un enorme potenziale per l’AI, non solo per assumere lavori molto impegnativi in cui ci affidiamo agli esseri umani per analizzare informazioni ambigue e incerte, ma per capire una parte di come lo facciamo e lo supportiamo, fornire le informazioni giuste e dare suggerimenti in modo che l’uomo sia libero di svolgere l’aspetto più impegnativo del lavoro”, dice Shah.

La sua ricerca si concentra su come i robot possono interagire con i lavoratori umani in modo più efficace attraverso l’intelligenza artificiale, che si tratti di trovare modi per garantire che i robot forniscano i materiali giusti al momento giusto su una linea di produzione automobilistica, o dello sviluppo di sistemi di supporto intelligenti che aiutano gli esseri umani a prendere decisioni impegnative.

Tutto ciò che faccio nel mio laboratorio è incentrato sullo sviluppo di un’intelligenza artificiale che si integra come la tessera di un puzzle per migliorare le capacità umane, piuttosto che sostituire un essere umano”, spiega la ricercatrice. “La tecnologia chiave alla base di tutto ciò è la capacità di dedurre ciò che una persona sta pensando, il suo stato mentale, ed essere in grado di anticipare ciò che farà dopo, attivarsi e offrire le informazioni giuste o il materiale fisico giusto al momento giusto”.

Significa imitare i processi complessi, che gli esseri umani sono abili a svolgere, con lo sviluppo di algoritmi per prevedere e anticipare i movimenti dei lavoratori, per esempio.

Un progetto di ricerca MIT CSAIL condotto presso il Beth Israel Deaconess Medical Center ha studiato la propensione degli esseri umani a fidarsi dell’AI sul posto di lavoro. Comprendeva l’utilizzo di un sistema di intelligenza artificiale ospitato in un robot umanoide Nao per fornire suggerimenti sulla pianificazione in un reparto ospedaliero, un ambiente in cui sono necessarie decisioni continue in frazioni di secondo per coordinare le cure.

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I ricercatori del MIT hanno creato un sistema di intelligenza artificiale che supporta gli infermieri presso il Beth Israel Deaconess Medical Center

Responsabile del reparto è la caposala, che deve coordinare contemporaneamente un team di 10 infermieri, 20 pazienti e 20 stanze. Le variabili per la programmazione sono un numero enorme: per esempio, bisogna prevedere fattori come quando una donna arriverà in travaglio e quanto durerà il travaglio.

Il sistema AI è stato addestrato per replicare la programmazione effettuata dalla caposala, con la possibilità di anticipare le assegnazioni delle stanze e suggerire quali infermieri assegnare a una particolare procedura. L’infermiera ha potuto interrogare il robot, che ha risposto con suggerimenti utilizzando un software di sintesi vocale.

Durante il test del sistema, gli infermieri hanno accettato le raccomandazioni suggerite dall’AI il 90% delle volte e, se lo ritenevano opportuno, hanno rifiutato suggerimenti di “bassa qualità”. Il feedback degli infermieri è stato positivo, e le persone coinvolte hanno evidenziato i vantaggi per la formazione di nuovo personale e per la condivisione dei carichi di lavoro.

Ci fidiamo dell’intelligenza artificiale?

Man mano che più lavoratori interagiscono con l’AI, sia i dipendenti che le loro aziende possono chiedersi se sia appropriato fare affidamento su un algoritmo per prendere decisioni importanti e quando la conoscenza contestuale di un essere umano sia di maggior valore.

Ognuno ha i suoi punti di forza e un sistema di intelligenza artificiale può aggirare alcuni dei pregiudizi di cui un essere umano potrebbe non rendersi conto. “L’algoritmo potrebbe essere in grado di incorporare informazioni che sarebbero costose da raccogliere per l’essere umano“, afferma Susan Athey, professore di economia della tecnologia presso la Stanford Graduate School of Business e direttore associato dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence.

Athey cita l’esempio dello screening di curriculum di candidati per una posizione di lavoro. “Un essere umano che guarda un curriculum potrebbe avere un preconcetto rispetto ai laureati provenienti da una certa un’università, mentre un’intelligenza artificiale potrebbe essere in grado di leggere le stesse informazioni e fornire una valutazione più accurata di ciò che significa quella particolare università”.

Allo stesso tempo, gli algoritmi di intelligenza artificiale sono fallibili e possono avere pregiudizi non intenzionali programmati in essi, quindi la trasparenza è importante per garantire che gli esseri umani siano consapevoli di quanto ci si possa fidare di un algoritmo.

Non desideriamo che un algoritmo ignori sempre le decisioni umane con cui è in disaccordo”, dice Athey. “È necessario costruire algoritmi che comunichino informazioni sufficienti in modo che gli esseri umani possano capire se devono ascoltare l’algoritmo o ascoltare se stessi”.

Shah sottolinea che rendere “affidabile” un sistema non è la stessa cosa che renderlo “degno di fiducia”. Nell’industria aeronautica, per esempio, numerosi incidenti sono stati causati dalla dipendenza dei piloti da sistemi di automazione della cabina di pilotaggio imperfetti.

Sappiamo che è relativamente facile generare una fiducia inappropriata in un sistema”, aggiunge. “Ci sono piccole cose che si possono fare: per esempio rendere il sistema più antropomorfico, o farlo parlare con l’utente piuttosto che fornire una lettura di testo delle istruzioni, porta le persone a essere più propense a rispettare le raccomandazioni di un sistema e fidarsi”.

Non si tratta di rendere affidabili questi sistemi, ma aiutare una persona a calibrare adeguatamente la propria fiducia in un sistema; è importante capire quando prende decisioni entro i limiti della sua competenza e quando è al di fuori di tali limiti”.

Perché non automatizzare completamente i lavori?

Perché è necessario che l’uomo e l’IA cooperino? Perché non automatizzare completamente i lavori? Una risposta è che, almeno per ora, nella maggior parte dei casi non è tecnicamente possibile. Gli esseri umani hanno prestazioni significativamente migliori in determinati compiti, secondo i ricercatori.

Un vantaggio chiave degli esseri umani è la capacità di utilizzare l’intuizione per risolvere problemi che non sono stati riscontrati in precedenza, attingendo a informazioni da una serie di fonti.

In altre parole, possiamo usare il nostro buon senso. “Gli esseri umani possono estrapolare informazioni da circostanze che non hanno visto prima perché hanno molto buon senso”, sottolinea Athey di Stanford. “Un’intelligenza artificiale e un essere umano hanno punti di forza diversi. Gli esseri umani possono assicurarsi che le loro previsioni non siano completamente sbagliate, mentre un’intelligenza artificiale risponde solo ai dati che ha”.

L’intelligenza artificiale, d’altra parte, eccelle nell’elaborazione di grandi volumi di dati con cui un cervello umano avrebbe difficoltà. Sebbene sia possibile che l’IA possa essere equipaggiata per svolgere una gamma più ampia di compiti, la tecnologia è attualmente limitata in ciò che è in grado di ottenere senza l’input umano.

Anche nella selezione dei dati da fornire alle macchine, stiamo strutturando il mondo. Quando si allena un sistema di intelligenza artificiale su determinate immagini, sono ancora gli esseri umani che scattano le foto e le inquadrano attorno agli oggetti di interesse. “È un problema molto diverso riconoscere le cose nell’ambiente quando un robot naviga liberamente e le immagini non sono incorniciate con i nostri occhi”, dice Shah del MIT.

Noi come esseri umani abbiamo una capacità unica che l’intelligenza artificiale non avrà nel prossimo futuro, che è la capacità di considerare un problema non strutturato e strutturarlo”, aggiunge Shah. “Una volta che abbiamo strutturato un problema, l’intelligenza artificiale è molto preziosa e funziona abbastanza bene, ma penso che spesso sottovalutiamo lo sforzo che ancora oggi è necessario per strutturare un problema per l’AI”.

C’è un errore di interpretazione, secondo cui l’intelligenza artificiale può essere simile a quella umana”, afferma Gina Schaefer, manager di Deloitte Consulting e responsabile della pratica di automazione intelligente della società di consulenza. “Siamo così lontani da un’intelligenza artificiale simile a quella umana. L’IA può fare cose sorprendenti, ma oggi manca di capacità fondamentali, come comprendere il contesto. E questo è il bello dell’interazione. Ciò che si trascura è che, sebbene sia possibile sostituire gli esseri umani con parte di questa tecnologia, il vantaggio è di consentire agli esseri umani di fare ciò che è unicamente umano nel loro lavoro”.

Prepararsi per collaborare con l’intelligenza artificiale

Se implementata correttamente, l’AI può essere un vantaggio sia per i datori di lavoro che per i dipendenti, con questi ultimi in grado di dedicare meno tempo al lavoro ripetitivo.

Nella situazione ideale, queste tecnologie aiutano a prendere decisioni migliori, fornendo più insight, eseguendo automaticamente determinate attività o automatizzando processi ripetitivi”, afferma Gownder di Forrester.

Sebbene le aziende vedano il vantaggio dei lavoratori che interagiscono con l’AI, può essere necessaria una formazione e un cambiamento di competenze, con maggiore enfasi sulla creatività e ragionamenti complessi man mano che i lavori vengono adattati.

È importante che i datori di lavoro sostengano attivamente i lavoratori mano a mano che interagiscono più frequentemente con l’intelligenza artificiale”, sottolinea Gownder. “I vostri dipendenti sono dotati della giusta cultura, competenze, inclinazioni per poter iniziare a lavorare con software sempre più intelligenti? Molte persone potrebbero non volerlo fare o potrebbero non avere le competenze – potrebbero essere intimidite dalla tecnologia”.

Effettuare la transizione richiede un impegno importante aggiustamento per molte aziende. Secondo lo studio Deloitte, il 59% delle aziende ritiene che sia importante riprogettare i lavori per integrare l’AI nei prossimi 12-18 mesi, ma solo il 7% afferma di essere pronto a farlo. E solo una piccola percentuale degli intervistati (17%) sta facendo investimenti significativi nel reskilling dei propri dipendenti.

È possibile creare una migliore esperienza per i dipendenti investendo in intelligenza artificiale e automazione, ma è anche possibile farlo in modo sbagliato, come con qualsiasi cosa”, avverte Abitoder.

Ciò che è chiaro è che nei prossimi anni l’AI avrà un impatto più profondo su tutti i tipi di lavoro.

Sebbene sia un comportamento all’avanguardia per molti, diventerà presto estremamente importante”, afferma Gownder. “Vedremo tutti la trasformazione del nostro lavoro nel prossimo decennio grazie a software e automazione intelligenti, e dobbiamo iniziare a prepararci”.