L’Europa si trova in un “momento unico”, un crocevia in cui la crescente dipendenza da tecnologie cloud controllate da attori extra-europei, anche da quelli un tempo considerati alleati sicuri, impone una riflessione urgente sulla propria autonomia strategica. Ne è convinto John Gazal, VP Southern Europe & Brazil di OVHcloud, che in un’intervista esclusiva sottolinea come la sovranità tecnologica – un tema che OVHcloud porta avanti da anni – sia oggi più importante che mai.

La visione di OVHcloud è chiara: l’Europa non può rimanere “passiva” e subire i modelli altrui. “L’Europa ha bisogno di più player tecnologici forti”. La proposta è quella di una terza via tra il modello americano e quello cinese, un modello cloud specificamente europeo fondato su valori condivisi: protezione dei dati, trasparenza, reversibilità, sostenibilità.

Un pilastro di questa visione è il rifiuto del vendor lock-in. Gazal è categorico: “il cloud non dovrebbe essere una prigione”. Per questo, spiega, “tutte le soluzioni PaaS che sviluppiamo sono open source”, garantendo interoperabilità e libertà di scelta ai clienti. A questo si aggiunge un modello di pricing trasparente e prevedibile, senza costi nascosti per l’uscita dei dati (egress fee), un vantaggio competitivo specie per le PMI che necessitano di controllare i costi. Come può OVHcloud offrire queste condizioni? “Le nostre tariffe sono prevedibili perché controlliamo l’intera catena del valore, dalla produzione dei server alla gestione della nostra rete globale”.

Da infrastructure provider a campione europeo nel PaaS, AI e Quantum

John Gazal, Vice Presidente Sud Europa e Brasile di OVHcloud

John Gazal, Vice Presidente Sud Europa e Brasile di OVHcloud

Se OVHcloud è storicamente un leader nel private cloud e bare metal, gli ultimi quattro anni hanno visto un’accelerazione strategica verso il public cloud e, soprattutto, il Platform-as-a-Service (PaaS). “Era una scommessa strategica – ammette Gazal – ma necessaria per competere in un mercato da 250 miliardi di dollari (contro i 20 del private cloud) e che cresce del 20% ogni anno. Oggi, il nostro portfolio PaaS conta 40 soluzioni, con altre 14 in arrivo entro fine anno”.

Tra i servizi di maggior successo ci sono le soluzioni legate all’Intelligenza Artificiale, con disponibilità di GPU e piattaforme dedicate, e Kubernetes, segmento in cui Gazal rivendica prestazioni “pari o migliori” rispetto agli hyperscaler a parità di prezzo. Il tutto, ribadisce, con la garanzia che i dati restano in Europa, protetti e gestiti su un’infrastruttura sostenibile.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, OVHcloud sta puntando sul quantum computing.  “Crediamo che questo secolo sarà quantistico”, dichiara Gazal. OVHcloud ha acquisito un computer quantistico Quandela, offre emulatori e sta costruendo un ecosistema di startup che lavorano nel campo. L’obiettivo è chiaro: in questo campo, dove “tutte le partite sono ancora aperte”, l’Europa ha l’opportunità di giocare un ruolo da protagonista. Soprattutto, è fondamentale importante utilizzare oggi gli emulatori per prepararsi e adattare gli attuali algoritmi in modo che – quando il quantum breakthrough arriverà – aziende e governi saranno pronti ad adottarlo in modo veloce.

Appello alla politica e alle imprese: fate uno sforzo, prima di tutto mentale

Gazal plaude a iniziative come la lettera “Eurostack”, firmata da 100 attori europei (inclusa OVHcloud), che invoca azioni radicali da parte dell’Unione europea per supportare lo sviluppo di uno stack tecnologico sovrano. Le richieste principali: creare domanda tramite appalti pubblici (“buy European”), supportare la creazione di un’offerta europea solida e armonizzare le certificazioni di sicurezza cloud,superando la frammentazione tra i diversi organi nazionali come l’italiana ACN, la tedesca C5 e  SecNumCloud francese, a favore di un modello di certificazione unificato come l’EU Cloud Services Scheme dell’ENISA.

Sull’AI Act, Gazal vede luci (regole su etica, sicurezza, trasparenza per dati ad alto rischio) ma anche ombre: il rischio di creare “schemi simili a quanto accaduto nel cloud e che favoriscono lo sviluppo di pochi grandi soggetti, con il rischio di generare nuovi lock-in”. In molti ritengono infatti che i requisiti tecnici e burocratici richiesti dalla legge sull’intelligenza artificiale favoriscano quei pochi, grandi soggetti che possono sopportarne l’impegno economico e di risorse, anche se è attesa in questi giorni una decisione della Commissione volta ad alleggerire le procedure. Preoccupa anche la mancata considerazione dell’impatto ambientale della IA.

Il progetto Destination Earth, replica digitale del pianeta affidata dalla Commissione Europea e dall’ESA a un consorzio interamente europeo a cui partecipa OVHcloud, è la prova, secondo Gazal, che “l’Europa può realizzare progetti ambiziosi con le proprie forze, costruendo qualcosa di straordinario”.

L’appello finale è rivolto a istituzioni e aziende: “Dobbiamo credere in noi stessi e rafforzare il nostro ecosistema, conclude Gazal. È il momento di guardarsi intorno, riconoscere le alternative europee esistenti e sceglierle, facendo lo sforzo di abbandonare le consuetudini e le scelte più semplici”.