Il paradigma della trasformazione digitale prevede che un’azienda, qualsiasi azienda, si doti di un sistema nervoso digitale che raccolga grandi quantità di dati dalla propria struttura  interna e dal mondo esterno, li elabori in un sistema coerente e ne ricavi informazioni sensate in base a cui modificare le proprie azioni in tempo reale, ma anche fornire servizi personalizzati a un pubblico sempre più ampio. Il tutto disponibile su qualsiasi piattaforma, mobile e non, e collegato ai canali social media.

L’obiettivo è quello di trasformare ogni attività aziendale in un servizio personalizzato per il cliente, supportato da un’architettura IT orientata al servizio (Service Oriented Architecture), ed è il presupposto per la nuova frontiera del marketing multicanale, attività sempre più richiesta dai direttori marketing e dalle linee di business alla struttura IT.

Il marketing multicanale

Il marketing multicanale rappresenta la nuova frontiera del rapporto tra l’azienda e il cliente, che viene riconosciuto e servito con messaggi e azioni personalizzate in qualsiasi occasione si trovi a interagire con l’azienda: dal sito web al call center, dall’app mobile al social network, fino ad arrivare al punto vendita sul territorio.

A ogni “touch point” (interazione del cliente con l’azienda, consapevole o meno), devono corrispondere interrogazioni e risposte ai sistemi informativi interni, che servono a tracciare una mappa del percorso che il cliente fa dal primo contatto informativo fino all’acquisto (ma anche dopo, per mettere in atto azioni che puntano alla soddisfazione e alla ritenzione del cliente). E’ il cosiddetto “customer journey”

Per il CIO di una grande azienda, in cui convivono decine di sistemi diversi e spesso non comunicanti (Erp, Crm, Payroll, intranet centrali e di divisione, sistemi di produzione), magari differenti per regione geografica, realizzare un progetto di questo tipo è una sfida “interessante”, ma non priva di grattacapi e complicazioni.

Un fattore chiave qui è il tempo. Il ritmo di evoluzione delle piattaforme tecnologiche e delle tendenze da un lato, e la pressione imposta da nuovi concorrenti “nativi digitali” dall’altro, costringono a ideare e realizzare nuovi progetti in tempi velocissimi.

In caso contrario, si corre il rischio di arrivare sul mercato quando una piattaforma è già stata superata da tempo, o quando gli outsider digitali hanno già fatto un sorpasso a destra.

Complessivamente, il problema è quello di riorganizzare i sistemi IT per accentrare e distillare i dati aziendali di valore, al fine di realizzare servizi innovativi, anche modificando radicalmente l’offerta e l’organizzazione aziendale.

Le API come catalizzatore della trasformazione digitale

App e servizi mobile di nuova generazione, in particolare i servizi che ruotano attorno alla multicanalità, hanno trovato nelle API una lingua franca grazie a cui mettere in comunicazione fonti dati diversificate e miscelale per realizzare servizi innovativi. La possibilità di esporre alcuni dati interni selezionati attraverso API, e la capacità di gestirli in modo efficiente e sicuro è la chiave per intraprendere qualsiasi iniziativa di marketing customer centric e multicanale.

Prima che diverse divisioni od organizzazioni regionali si imbarchino in progetti per lo sviluppo di app mobile o attività social e di marketing personalizzato, realizzando ciascuna una soluzione parziale e indipendente, conviene che le aziende facciano comunicare tra loro i propri sistemi in un’architettura organica, basata su API.

Le API sono la lingua franca usata da app di nuova generazione e servizi digitali

Se ciascun sistema interno “impacchetta” i propri dati e li rende accessibili agli altri attraverso API, diventa più semplice fare correlazioni che evidenzino informazioni di valore, che possono trasformarsi in nuove app e servizi per i clienti, senza dover costruire ogni nuovo progetto dal primo mattone.

Questo permette di ridurre i tempi di sviluppo di nuovi progetti IT funzionali al business da diversi mesi a poche settimane, o in qualche caso addirittura in pochi giorni.

Sempre attraverso le API diventa possibile accentrare le informazioni provenienti da “sensori”, siano essi sensori fisici che rilevano la presenza dello smartphone del cliente nel punto vendita, trigger e algoritmi in grado di captare segnali dai social network o altri sistemi e interpretarli per restituire valori o attivare allarmi.

Una volta accentrati i dati, l’azienda può anche esporli verso l’esterno, aprendoli a clienti, fornitori e partner di vario tipo, per scoprire nuove fonti di guadagno o aprire nuovi mercati, di cui magri si ignorava addirittura l’esistenza.

Principali timori e resistenze interne

L’idea di esporre dati e informazioni aziendali attraverso sistemi consultabili automaticamente da software di terze parti sicuramente preoccupa più di un CIO. “Quali informazioni strategiche potranno ricavarne i concorrenti? E se qualcuno riuscisse a usare i miei dati per inventare servizi migliori dei miei? Che impatto potrà avere sulla sicurezza e sulle prestazioni dell’infrastruttura”.

Queste preoccupazioni sono senz’altro legittime, e infatti è necessario che l’architettura Api sia pensata in modo da evitare di esporre più dati di quel che si desideri, e che l’intera infrastruttura sia messa in sicurezza per prevenire eventuali abusi.

Se però le API sono progettate bene e in modo sicuro, ci sono numerosi vantaggi anche in termini di controllo e sicurezza. Già oggi, ogni azienda rivela moltissime informazioni su di sé attraverso il sito web, i canali social, ma anche con sistemi ad-hoc e spesso gestiti in modo quasi individuale dai singoli dipendenti. Quante volte si è inviato a un cliente un report troppo dettagliato, o si sono fatte richieste a un fornitore che indicavano più di quanto era legittimo che sapesse?

Alcune aziende B2B non distribuiscono un listino prezzi, ma attraverso il loro e-commerce e la richiesta di preventivi è piuttosto semplice ricavarne uno. Questo è uno dei motivi per cui una quindicina di anni fa molte aziende guardavano all’e-commerce con molta diffidenza. Dodici mesi dopo, tutte le aziende avevano una sezione per la vendita diretta sul proprio sito.

Attraverso le Api è possibile creare un unico canale di comunicazione tra i sistemi interni o anche con l’esterno, gestito e controllato da chi di dovere. Si possono definire specifici privilegi di accesso, e revocarli alla bisogna.

La API Economy è già qui

Secondo diverse stime, nel 2020 ci saranno 75 miliardi di dispositivi connessi a Internet, entro il 2017 tutte le applicazioni business saranno progettate come “mobile first”, e il 50% delle collaborazioni B2B avverrà attraverso API.

Le aziende che intendono partecipare a questa rivoluzione, e non esserne travolte, devono pensare subito a porre fondamenta solide per lo sviluppo dei servizi in ottica API. Partendo sicuramente dal loro interno, ma anche pensando a una possibile apertura verso quel sistema di app e servizi che compongono quella che ormai è chiamata “Api Economy”.

Rahul Basole e Peter Evans del Center for Global Enterprise hanno analizzato la diffusione delle 33 API pubbliche di Amazon, scoprendo che sono implementate in circa 330 diverse combinazioni o mash-up. L’unica API pubblica di Walmart – che ha dominato il settore retail per più di vent’anni ma la cui capitalizzazione di mercato è stata superata da Amazon l’anno scorso – ha prodotto un solo mashup.

Il risultato dell’analisi ha permesso ai ricercatori di creare visualizzazioni che parlano da sole.

API-economy-visualized-amazon-vs-walmart

Le API di Amazon sono non solo più numerose, ma sono anche al centro di un ecosistema di partner, clienti e fornitori che – con ogni interrogazione – forniscono dati e insight su quali prodotti o servizi sono più richiesti, in che momenti, in che aree geografiche, da che tipo di soggetti.

API-economy-visualized-overall

E quelle analizzate sono solo le API pubbliche, alle quali vanno sommate le API a uso interno, che contribuiscono a rendere l’azienda più efficiente, più informata e più agile.

Questa partita, per le aziende, si gioca su due fronti: quello tecnico e quello culturale.

Sul piano tecnico, è necessario implementare al più presto una piattaforma di API connesse in modo sicuro alle informazioni rilevanti, con l’obiettivo di fare in modo che una visualizzazione dei propri sistemi interni somigli il più possibile all’immagine qui sopra per numero di connessioni e centralità nella rete.

Sul piano culturale, è importante fare in modo che piccoli team interni, non necessariamente della funzione IT, possano sperimentare in prima persona con le API, invece di cercare di dirigere lo sviluppo con un approccio top-down.

Invece di tentare di “far tutto da soli”, cercare di costruire un ecosistema di innovatori di terze parti.

Al proprio interno, invece di imbarcarsi in pochi, grandi progetti monolitici, sfruttare la modularità delle API per fare molti piccoli tentativi. Piccole scommesse che non facciano troppi danni qualora dovessero fallire, ma che in caso di successo possano crescere e magari apportare cambiamenti significativi all’offerta e al valore dell’azienda.