Lavoro ibrido: i consigli di Citrix per il rientro in ufficio
Mentre l’estate sta per volgere al termine, i leader d’azienda si interrogano già su come organizzare il rientro in ufficio, con quali ritmi e secondo quali modelli. Citrix, azienda specializzata nella realizzazione di spazi di lavoro mobili, offre cinque suggerimenti alle aziende che stanno pianificando l’organizzazione della loro forza lavoro per i mesi a venire.
Ascoltare quali sono le vere aspettative dei dipendenti
Dalla ricerca di Citrix The Born Digital Effect, che ha combinato una ricerca globale di opinione effettuata tra 1000 leader d’azienda e 2.000 lavoratori della conoscenza in 10 Paesi, emerge che per i giovani lavoratori gli elementi fondamentali sono soprattutto stabilità e sicurezza della carriera (87%), insieme a un buon equilibrio tra lavoro e vita privata (87%). Questo viene poco capito dai leader d’azienda, che pensano invece che per i lavoratori più giovani contino soprattutto l’ultima tecnologia del workspace e le opportunità di formazione.
Ripensare il ruolo dell’ufficio
Sempre secondo lo studio, il 90% dei nativi digitali intervistati non vuole tornare in ufficio a tempo pieno dopo la pandemia e oltre la metà (51 %) vuole continuare a lavorare da casa per tutto o comunque per la maggior parte del tempo. In generale i nativi digitali preferiscono un modello di lavoro ibrido, e il 68% di loro ritiene che l’ufficio abbia soprattutto la funzione di valorizzare le interazioni sociali. Pianificando il ritorno in ufficio, i leader d’azienda dovranno tenere conto di ciò nell’organizzazione degli spazi e dei tempi di lavoro.
Offrire gli strumenti giusti
Pensando alla nuova normalità basata su un modello di lavoro ibrido, è fondamentale che i dipendenti dispongano degli strumenti giusti. Naturalmente la tecnologia avrà un ruolo fondamentale, ma solo se saprà essere costruita attorno ai bisogni della persona e se permetterà a chi lavora di esprimere al meglio il proprio potenziale. Per questo, l’adozione di uno spazio di lavoro digitale unificato e intelligente potrà essere la soluzione capace di conciliare le esigenze aziendali di controllo e sicurezza insieme a quelle di flessibilità di ciascuno.
Attenzione al digital divide
In un mondo in cui si lavora da remoto, ciascuno di noi ha lo stesso accesso a informazioni e le stesse opportunità di contribuire a un qualsiasi progetto. Ma se il modello di lavoro dominante adottato dalle aziende sarà quello ibrido, bisognerà fare in modo che non si creino disparità basate sul luogo di lavoro.
Per ridurre in modo efficace il digital divide che il lavoro ibrido minaccia di creare, le aziende devono creare un workspace digitale condiviso, che offra un ambiente di lavoro comune e trasparente in cui i team abbiano accesso alle stesse applicazioni e informazioni e all’interno del quale possano collaborare in maniera efficace sui progetti, ovunque le persone si trovino. Con il supporto di policy che incoraggino metodi di lavoro all’insegna di equità e collaborazione, tale workspace può favorire l’esecuzione del lavoro in modo efficiente da ovunque.
Sicurezza senza compromessi
Se da un lato la pandemia ha accelerato la diffusione massiccia del lavoro da remoto, questa nuova normalità evidenzia d’altro canto anche i limiti delle tradizionali VPN, mettendo in luce la necessità di un nuovo approccio per la sicurezza. La superficie d’attacco è più vasta in questo particolare periodo e, se i cyber criminali riescono a impadronirsi delle credenziali di un utente o ad accedere a un dispositivo non sicuro, una VPN tradizionale permetterà loro di vagare all’interno del network aziendale e accedere a informazioni sensibili.
È pertanto indispensabile adottare una soluzione migliore, possibilmente basata sul modello zero trust. In un contesto zero-trust, nessun utente e nessun dispositivo sono considerati sicuri a prescindere, mentre è necessario applicare metodi di autenticazione a più fattori con token hardware o soft token generati da app.
I dispositivi che si connettono alla rete vengono ispezionati e i dati aziendali protetti, limitando l’accesso alle sole risorse di cui gli utenti hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro. Le soluzioni zero-trust utilizzano inoltre il machine learning per monitorare le attività degli utenti finali e degli endpoint, paragonandoli a modelli comportamentali per determinarne la conformità alle policy aziendali. Questo permette agli addetti alla sicurezza di individuare velocemente attività sospette, rilevando account compromessi o minacce interne che si nascondono nel “rumore di fondo” delle attività quotidiane.