Digital skill e formazione: IA e Big Data mai così centrali come oggi
Cegos, tra i principali player nel Learning & Development, ha pubblicato l’edizione 2023 della ricerca annuale Cegos Observatory Barometer Transformations, skills and learning, che ha visto la partecipazione di 5.048 dipendenti e 488 Manager HR, con un campione italiano del 10% per entrambi i target, ed è stata condotta in 9 Paesi tra Europa (Italia, Francia, Germania, Portogallo, Spagna), Asia (Singapore) e America Latina (Brasile, Messico, Cile) su aziende con almeno 50 dipendenti.
“La ricerca fa emergere, in coerenza con quanto rilevato anche negli ultimi anni, l’importanza di adattare le digital skill alle sfide della trasformazione digitale. Per realizzare questo obiettivo, è fondamentale spiegare chiaramente il tema, sviluppare abilità pratiche nell’uso delle tecnologie e applicare direttamente queste conoscenze all’operatività aziendale” osserva Alessandro Reati, HR Business Practice Leader di Cegos Italia.
“Le soluzioni basate sull’IA iniziano ad apparire come leve nel mondo organizzativo: dovremmo usarle al meglio per amplificare l’impatto della formazione nei processi aziendali. Possiamo essere ottimisti? In parte. La resilienza dimostrata dalle aziende durante la crisi da Covid-19 indica un buon potenziale che però deve essere corroborato da visione strategica, investimenti e un approccio collaborativo tra direzioni e basi aziendali nel disegno dei percorsi di cambiamento. Nel Barometer si nota, però, anche un elemento che dovrebbe preoccuparci: le competenze per affrontare la transizione ecologica risultano marginali nella lista delle digital skill prioritarie da supportare e sviluppare. Questo dato potrebbe riflettere le difficoltà che i Manager HR incontrano nel comprendere e integrare appieno questo cambiamento nella strategia di Learning&Development. È una sottovalutazione rischiosa, vista l’attuale crescita della regolamentazione in questo ambito”.
Risultati della ricerca
Intelligenza Artificiale e ChatGPT nell’ultimo anno hanno iniziato a influenzare le abitudini aziendali. Infatti, il 48% dei Responsabili HR individua nell’Intelligenza Artificiale e nei Big Data e nei nuovi modi di lavorare (40%), i fattori di maggior impatto sull’organizzazione in termini di sviluppo di competenze; a livello Italia viene indicata al secondo posto la transizione ecologica (45% vs 27% INT). In particolare, il 74% dei dipendenti (+7 punti rispetto al 2022, 69% ITA) pensa che le attuali sfide della trasformazione (tecnologica, climatica, sociale…) cambieranno il contenuto del loro lavoro, con un terzo di loro (22% ITA) che esprime apprensione riguardo la potenziale scomparsa del proprio impiego.
Tuttavia, sebbene 4 dipendenti su 10 (29% in Europa) dichiarino di sentirsi sopraffatti dalla tecnologia, (+8% rispetto al 2022), il 79% dei lavoratori italiani ha espresso un sentimento contrario. Medesima percezione è condivisa dagli HR Director, i quali ritengono che solo il 14% dei posti di lavoro presenti un rischio di obsolescenza delle competenze nel prossimo triennio (18% INT). Allo stesso tempo, per far fronte a questi cambiamenti il 57% dei Responsabili delle Risorse Umane a livello internazionale (38% ITA) intende sostenere i dipendenti nell’aggiornamento delle competenze e assumere nuovi profili (56%, +10% rispetto al 2022, 52% ITA). In Italia lo sviluppo di skill legate ad altre professioni, per la mobilità interna e il ricollocamento, è considerato dal 55% degli HR (50% INT).
Questo impegno prevede al primo posto il potenziamento delle digital skill (42% vs 33% ITA); a seguire le soft skill (38%, 37% ITA), con particolare enfasi sull’agilità e l’adattabilità (53%), successivamente il miglioramento delle competenze manageriali (35%, in calo di 4 punti rispetto al 2022, 37% ITA) e di business (29% vs 17% ITA). La transizione ecologia è invece in fondo all’elenco delle priorità per i prossimi anni.
Gli HR Director sono attratti dall’IA come possibile risorsa per l’azienda; il 63% degli HR Manager prevede, infatti, di utilizzarla per personalizzare i percorsi formativi. Tuttavia, ad oggi solo il 10% di loro 5% ITA) l’ha effettivamente già impiegata come risorsa di apprendimento mentre un 23% del campione non la considera ancora rilevante per la propria organizzazione (32% ITA). Il 31% dei dipendenti (24% ITA) afferma di impiegare o aver già utilizzato strumenti di IA generativa, come ChatGPT, per formarsi, mentre il 40% ha in programma di farlo nel prossimo futuro.
La formazione a misura della persona
Le tre caratteristiche che la formazione dovrebbe avere secondo i dipendenti sono: l’utilità sul lavoro (52%, specie in Italia, 67%), face to face e guidata da un formatore (42%, 34% ITA), divertente (33%, 20% ITA). Avvicinare la formazione al lavoro quotidiano e a situazioni reali è infatti una forte aspettativa e driver di impegno per il 65% dei dipendenti internazionali e italiani. La richiesta di apprendimento è sempre più pregnante tra i dipendenti: il 51% (+15% vs 2022) si aspetta training on the job sul luogo di lavoro e che sia anche maggiormente interattivo e ludico (41%, + 10% vs 2022, 37% ITA), mentre a livello Italia si chiede anche una varietà più ampia in termini di modalità e formati (43%).
Nonostante il 41% degli HR (in calo di 14 punti rispetto al 2022, ma per il 52% degli italiani) incontri difficoltà nel conciliare l’offerta formativa con le esigenze dell’organizzazione, il 47% di loro intende offrire una formazione più personalizzata per rafforzare l’impegno dei lavoratori e adattarsi alle esigenze dei singoli con l’ausilio di metodi variegati (41% INT, 33% ITA). Per gli HR Manager i corsi futuri dovranno essere caratterizzati dalla combinazione di diverse metodologie quali l’apprendimento adattivo (62% ITA vs 46% INT), l’e-coaching nel 45% dei casi (43% ITA) e l’apprendimento sociale (48% ITA vs 41% INT).
C’è infine da rilevare l’aumento di ricerca di significato nel lavoro, con l’85% dei dipendenti a livello internazionale (+7% rispetto al 2022) che è aperto all’idea di una completa trasformazione di carriera se potesse portare maggiore senso alla propria vita professionale, tanto che il 76% dei rispondenti sarebbe disposto a partecipare a percorsi formativi al di fuori del proprio orario di lavoro.
“Supportare le competenze dei lavoratori è necessario per garantire alle aziende la giusta capacità produttiva, ma anche per creare ambienti di lavoro in grado di attrarre e creare soddisfazione quotidiana. Dall’altro lato, sono proprio i dipendenti stessi ad approcciare proattivamente la formazione, sottolineando quanto l’apprendimento dovrebbe essere concreto, applicabile al lavoro quotidiano nonché in grado di generare integrazione professionale e inclusione sociale”, conclude Reati.