Roberto Cavalli: “Verso un branding omnicanale ma personalizzato con il digitale”
Da anni si parla tanto di customer experience come priorità strategica, ma in molti settori questa purtroppo rimane tuttora una dichiarazione d’intenti o poco più. Non è così per i brand del lusso, dove la customer experience è una vera e propria ragion d’essere. “Un brand del lusso deve essere raccontato partendo dalla sua capacità di creare un sogno e un’aspettativa: il prodotto viene dopo”, ha detto in una recente intervista Sergio Azzolari, CEO di Roberto Cavalli.
In un settore di brand universalmente famosi, Cavalli sta cercando di distinguersi investendo nel digitale, con una serie di progetti nell’e-commerce, nel marketing management e nel CRM: ne abbiamo parlato con il Chief Digital Officer Fabrizio Viacava.
“Una visione della moda diversa dai grandi brand del lusso”
“Cavalli è uno dei brand storici del luxury fashion, creato da un grande stilista sui generis, scomparso proprio quest’anno: dal 2019 è di proprietà di Damac Properties del miliardario di Dubai Hussain Sajwani”, ci spiega Viacava.
“Di fatto dopo il cambio di proprietà è una startup, con sede principale a Milano e mercato principale negli USA, che sta puntando sia sull’heritage, sia su una visione del business e della moda diversi dai grandi brand del lusso”.
Da una parte infatti Cavalli è uno dei pochi brand con ancora una componente di atelier couture: “Abbiamo un archivio storico con oltre 17.000 capi che Roberto ha disegnato nella sua lunga carriera, in parte anche riscrivendo le regole del gioco della moda”.
Dall’altra sta investendo in innovazione, e in particolare in tecnologie digitali: “Sono entrato in Cavalli a settembre 2023, in questi mesi stiamo dando una direzione a tutta la strategia digitale, che si basa sull’e-commerce, sulla demand creation, e sul CRM”.
Digitalizzazione dell’archivio storico Cavalli, le opportunità dell’AI
Tra i progetti più recenti, Viacava cita un sistema di replenishment e allocation basato su AI: “Aiuta i buyer negli acquisti, dando una prima indicazione di allocazione tra warehouse, negozio, outlet, e poi suggerisce i replenishment e i trasferimenti nella rete per ottimizzare le risposte alla domanda: se per esempio emerge dai dati che una certa t-shirt ha un alto potenziale di vendita in una certa settimana e in una data boutique, il sistema anticipa il rifornimento del prodotto in quella boutique”.
Sembra semplice, ma non lo è. “Per noi ha voluto dire cambiare le politiche di buying, ma soprattutto quelle dei trasferimenti interni, che erano affidate alle logiche personali di alcuni specialisti: un approccio che in passato era vincente, ma ultimamente ci faceva perdere tante opportunità”.
Sempre in ambito di AI, continua il CDO di Cavalli, “stiamo lavorando sull’archivio storico con uno scanner 3D ad altissima risoluzione realizzato per noi da una startup svizzera: ogni capo verrà associato a un tag RFID NFC e registrato in blockchain, con generazione di NFT”.
Sull’archivio così digitalizzato poi l’obiettivo è utilizzare l’AI per fare due cose. “La prima è dare all’Ufficio Stile un “assistente all’ispirazione”, la seconda è dare ai clienti più importanti – quelli per cui realizziamo prodotti one-off (tra questi Taylor Swift e altre celebrità, ndr) – l’accesso a una parte di archivio storico e il supporto dell’AI per creare loro stessi qualcosa di nuovo, magari “fondendo” due capi e dando loro un taglio contemporaneo in perfetta continuità con lo stile Cavalli”.
Tanti test sull’AI: “Time to market enormemente ridotti”
Nel campo dell’intelligenza artificiale Cavalli sta sperimentando molto, sottolinea Viacava. “Siamo davvero nelle fasi iniziali. Vogliamo capire cosa l’AI ci permette di fare e quanto vicino riesce ad arrivare a quello che ci aspettiamo. Questi test hanno time to market enormemente ridotti, a volte sperimentiamo soluzioni diverse per lo stesso problema. Alcuni stanno funzionando, altri li abbiamo abbandonati perché lo strumento non era abbastanza maturo”.
La soluzione più utilizzata per questi esperimenti è ChatGPT, “ma abbiamo altre AI dedicate solo a piccoli processi, per esempio uno lavora sulle immagini di prodotto attribuendo dei tag: con un tool sviluppato in casa l’abbiamo mixato con ChatGPT per taggare tutti i nostri prodotti in ottica SEO, fare delle descrizioni e tradurle nelle varie lingue”.
Nei primi mesi di quest’anno Cavalli ha anche provato in alcune country minori un modello di dynamic pricing basato su AI, per rivedere il sistema dei prezzi su base settimanale in funzione delle vendite e di altri input. “Il test è durato due mesi e mezzo, con monitoraggio quasi giornaliero. Ma l’impatto non è stato quello che ci aspettavamo, non faceva la differenza. E quindi l’abbiamo stoppato”.
Un test negativo però non significa discorso chiuso. “Probabilmente presto faremo un altro test di dynamic pricing con l’AI proprietaria di una startup. Avere dei data scientist in casa rende tutto più agevole. Loro sono “l’ente certificatore” dei dati su cui lavoriamo”.
“La Marketing Automation sta doventando una leva strategica fortissima”
Abbiamo incontrato Fabrizio Viacava in occasione di un evento a Milano di Salesforce, di cui Cavalli è cliente dal 2022. “Il primo progetto basato su Salesforce è stato l’internalizzazione dell’e-commerce, poi è arrivato il CRM, che ha permesso un grande cambio di passo rispetto al sistema precedente, e poi tutta la parte di marketing automation, che per noi, specialmente in questi ultimi mesi, sta diventando una leva strategica fortissima: la base clienti di Cavalli non è grande rispetto ad altri, ma è molto reattiva e coinvolta: stiamo cercando di ampliarla ma soprattutto di contattare meglio i clienti, fornendo loro contenuti di miglior qualità e più pertinenti”.
Al momento, continua il CDO, la personalizzazione dei messaggi verso i clienti non è ancora molto spinta, ma è già meglio di sette mesi fa: “Dobbiamo fare branding puntando sulla pervasività del digitale. L’obiettivo è l’omnicanalità, che per me, più che ottimizzazione dello stock o stimolo alle vendite, significa innanzitutto coerenza. I canali – il sito, i social, la newsletter – devono comunicare messaggi coerenti, immediati, e che si completano tra loro, ma anche personalizzati, perché il cliente top spending va coccolato”.
Per questo il prossimo grande progetto digitale sarà sempre in ambito CRM. “Dovrebbe partire a breve termine. Vogliamo partire da ciò che è stato fatto lo scorso anno con i servizi professionali di Salesforce e fare il passo successivo: rendere ancora più solidi e affidabili i dati dei clienti e, partendo da questi, arrivare a un più alto livello di personalizzazione”.
L’obiettivo ultimo però è la conoscenza del cliente. “Quando una volta si entrava nei negozi sotto casa, il negoziante sapeva tutto dei clienti, e poteva fare upselling e cross selling in modo immediato”, conclude Viacava. “Oggi cerchiamo di avvicinarci a questi livelli in maniera più strutturata con grandi moli di dati, visto che il numero di clienti è molto più alto. Sarà un grande lavoro sul CRM che impatterà su tutto che succede nei negozi e online”.