Covid-19: l’innovazione cresce, ma deve diventare antropocentrica
Ai tempi del Covid-19 la tecnologia è diventata un’alleata preziosa per la maggior parte degli italiani e c’è stata una spinta rilevante verso la digitalizzazione. Ma è già tempo di una nuova prospettiva, come emerso dai dati dello studio che Deloitte ha presentato in occasione dell’Innovation Summit 2020. La ricerca è stata realizzata attraverso interviste a un campione di oltre 6.000 cittadini italiani ed europei, includendo il punto di vista di rappresentanti e manager di circa 20 imprese operanti in diversi settori industriali.
Secondo le tendenze emerse, l’innovazione che abbiamo conosciuto finora (esponenziale, centrata sulla performance tecnologica più che sulla capacità di essere utile per le persone) è utile ma migliorabile. L’innovazione del futuro deve essere guidata da un approccio antropocentrico: un approccio, cioè, che metta l’uomo al centro dei processi di innovazione.
Italiani più digitali e aperti all’innovazione
La crisi legata al Covid sta avendo un forte impatto non solo a livello economico, ma anche sulla società e molti italiani stanno cambiando i propri comportamenti e sperimentando soluzioni digitali nuove come emerge dai numeri dello studio. In questa situazione di allerta ed emergenza ancora in corso, l’innovazione è stata, e continua a essere percepita come un supporto per la quotidianità.
Il trend è certificato da diversi dati: il 59% dei pensionati ha capito, in seguito all’emergenza sanitaria, che le innovazioni digitali non sono difficili da utilizzare e l’87% degli italiani è a proprio agio nell’utilizzare le tecnologie digitali (un dato superiore a Regno Unito e Francia dove la percentuale è del 77%).
Limiti dell’innovazione
Se da una parte l’innovazione ha aiutato a gestire una situazione di crisi inaspettata, abilitando anche dei cambiamenti strutturali, dall’altra sono emersi alcuni limiti dell’innovazione stessa che impongono alcune riflessioni.
L’innovazione è ostacolata nel suo funzionamento da alcune lacune infrastrutturali. Durante il lockdown i fattori maggiormente carenti sono stati l’accesso alla connettività veloce (secondo il 50%) e l’accessibilità digitale dei servizi scolastici (49%). Al terzo posto (46%) vi è la condivisione di dati tra le strutture sanitarie.
L’innovazione non può rappresentare una “panacea” per tutte le necessità e lo sviluppo esponenziale delle tecnologie non è in grado di risolvere qualsiasi problema. L’utilizzo dei Big Data non ci ha permesso di contenere i contagi a livello globale o su base nazionale, né di formulare previsioni attendibili per limitare il diffondersi della pandemia. Inoltre, il 44% degli italiani ritiene che i sistemi di monitoraggio della popolazione messi in piedi per contenere il contagio debbano essere migliorati.
Salute e mobilità i settori prioritari
La crisi in corso ha fatto emergere diversi ambiti sui quali è necessario intervenire rapidamente per far fronte all’emergenza sanitaria nel nostro Paese. Tra tutti, Salute & Benessere e la Mobilità sono quelli che necessitano maggiormente di essere ripensati in ottica antropocentrica.
Per quanto riguarda Salute & benessere è importante sviluppare un’offerta mirata che aumenti la qualità, anche percepita, dei servizi erogati verso i clienti, e preparare dei piani per gestire al meglio eventuali ulteriori emergenze. Allo stato attuale, ad esempio, il 38% degli italiani ritiene che i tempi di attesa relativi ai servizi sanitari siano troppo lunghi, mentre il 43% vorrebbe che la ricerca e l’innovazione nei prossimi 5 anni si concentrassero sullo sviluppo di un’assistenza più veloce ed efficace.
Le iniziative di innovazione dovrebbero mirare a introdurre tecnologie avanzate per la diagnosi e la cura delle malattie, oltre che ad aumentare il livello di accesso alle cure, anche in via digitale. Infatti, anche se più della metà degli italiani preferisce la visita in presenza alla telemedicina, il 65% si dice disposto a utilizzare app di diagnosi e monitoraggio della salute. Il 60% dei consumatori inoltre sarebbe propenso a utilizzare innovazioni relative a farmaci.
Secondo lo studio presentato 9 italiani su 10 riconoscono l’importanza dell’innovazione e della ricerca nell’ambito salute e benessere, sia per continuare a gestire in maniera più efficiente le necessità sanitarie di sempre (es. cura dei malati cronici), sia per rispondere a nuovi bisogni e nuove sfide (es. telemedicina, accettazione telematica e monitoraggio da remoto). Tuttavia, solo il 6% ritiene che il livello di innovazione e ricerca in ambito salute e benessere dell’Italia sia ottimo (vs il 16% a livello europeo).
La mobilità infine è uno dei settori maggiormente toccati dalla situazione di emergenza. Crolla l’utilizzo dei mezzi pubblici e si usano di più le auto già in possesso (+39%) o mezzi alternativi come la bicicletta (+19%). Di contro le immatricolazioni auto a maggio 2020 segnano un -50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una flessione del -37% sulle immatricolazioni attese a fine 2020.
Per esempio il 20% degli utenti ha completamente abbandonato l’uso dei trasporti pubblici, il 20% li usa meno rispetto a prima dell’emergenza. Un cambio di abitudini che quindi coinvolge complessivamente il 40% degli italiani. Inoltre, più del 60% vede come priorità assolute il distanziamento sociale e il monitoraggio degli ingressi sui mezzi pubblici.
“Il valore dell’innovazione è in funzione degli asset che un Paese dispone, delle politiche industriali e dell’ecosistema economico e scientifico di riferimento. Se sapremo, nella nuova normalità tracciata indelebilmente dal covid, includere il fattore umano in ciascuno di questi elementi nella “formula della innovazione”, allora il valore generato sarà non solo quello che ci serve per svilupparsi nel contesto post covid, ma sarà anche sostenibile e rispettoso dei bisogni dell’uomo. Quindi dobbiamo valorizzare l’asset per eccellenza e cioè il capitale umano, incentivare la creatività e imprenditorialità e supportare il trasferimento tecnologico tra centri di ricerca e imprese dell’ecosistema. Tutte cose che non mancano al nostro Paese e all’Europa stessa” conclude Andrea Poggi, Innovation Leader Deloitte North South Europe.