Nella fase di adozione della IA generativa siamo arrivati al secondo capitolo. Quello in cui “l’entusiasmo iniziale delle aziende lascia il posto all’esigenza di capire le reali ripercussioni sul business”, dice Carla Masperi, Amministratrice Delegata di SAP in apertura di un incontro con la stampa sullo stato di avanzamento delle tecnologie IA nell’offerta della software house tedesca.

Le aziende sono alla ricerca di un percorso di adozione che permetta di ottenere risultati tangibili attraverso un’integrazione con i sistemi informativi aziendali che garantisca risposte pertinenti e verificate, mantenendo però un controllo sulla governance del dato.

Una situazione in evoluzione che si riflette anche nei dati presentati da Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio AI del Politecnico di Milano. Le grandi enterprise europee stanno adottando la IA Generativa principalmente nelle funzioni di business development, sales, supply chain e CRM, ma con approcci diversi: il 62% ha adottato una soluzione preconfezionata (off-the-shelf), il 32% ha effettuato una customizzazione mentre il 24% ha un approccio ibrido. Solo il 13% utilizza la IA su data center proprietari, esercitando quindi un elevato controllo sui dati, ma grava su tutti l’incubo della “shadow AI”, l’utilizzo non autorizzato di modelli aperti al pubblico da parte dei dipendenti.

Su un campione di 193 grandi e grandissime aziende italiane, il 61% ha confermato di avere dei progetti AI operativi (mediamente da uno a quattro), mentre il 37 pianifica di farlo nei prossimi 12 mesi. Che è un po’ come dire che al momento non ci sono piani, e questo può essere un problema.

Progetti IA

Consapevoli del fatto che abbiamo in Europa una normativa all’avanguardia, le aziende devono quindi governare l’utilizzo della IA, per riuscire a trarne il massimo vantaggio e non sprecare l’investimento, ma anche rimanendo nel solco della legge. Tra le aziende che hanno risposto alla domanda su “cosa devono fare le aziende per governare la IA” nel sondaggio dell’Osservatorio, il 90% afferma la necessità linee guida interne, l’85% propone workshop di formazione, il 46% pensa all’assunzione di staff specializzato e il 39% propone la creazione di comitati etici.

L’importanza di partire subito

Se il mondo dell’informatica è abituato ai ritmi della legge di Moore, già intensi rispetto ad altri settori, che prevede un raddoppio delle prestazioni ogni 18 mesi, questi ultimi anni di sviluppo ci hanno mostrato che la IA, invece, raddoppia le sue prestazioni ogni sei mesi, con i modelli top che riescono a mantenere la vetta della classifica per un massimo di 60 giorni prima di essere superati. Dato che scende a soli 20 giorni negli ultimi sei mesi, afferma Jesper Schleimann, Chief AI Officer di SAP EMEA.

Negli ultimi sei mesi il modello AI più potente ha mantenuto la testa della classifica solo per 20 giorni, prima di essere sorpassato da uno più recente

Secondo Schleimann, quindi arrivare in ritardo anche di pochi mesi rispetto alla concorrenza comporti per le aziende un enorme svantaggio. C’è ancora margine per recuperare, però, perché secondo un’indagine di IDC solo il 13% delle aziende ha raggiunto un livello di alta maturità nell’adozione della IA, mentre il restante si divide tra chi ancora non ne uso alcuno, chi la utilizza in modo occasionale senza una strategia, e chi la ha adottata solo per alcuni compiti specifici e con una pianificazione rudimentale.

AI Maturiy IDC

La proposta di SAP per le aziende è articolata in vari livelli: la piattaforma tecnologica e dati unificata abilita non solo singole funzionalità IA incluse nei diversi moduli software per ERP, CRM, HR eccetera, ma anche l’assistente Joule, che è in grado di rispondere a domande poste in linguaggio naturale con informazioni derivanti sia dai contenuti che vengono inseriti dall’utente, sia dal system of records aziendale. Fa un esempio pratico Roberto Fraccapani, Head of Solution & Architect Advisory di SAP Italia: “Per esempio, se l’analisi del Pdf di un contratto, l’assistente non solo può estrarre le informazioni rilevanti come il nome della controparte, le date di esecuzione o gli importi, validandole attraverso una verifica nel system of records, ma anche offrirmi informazioni di approfondimento come: sto già lavorando con questo fornitore? Con quanti contratti? Per quale valore complessivo?”.

Foto di Jesper Schleimann, Chief AI Officer di SAP EMEA

Jesper Schleimann, Chief AI Officer di SAP EMEA

“La IA è quindi la nuova UI, commenta Schleimann, che ci permette di interagire con i dati aziendali”

Prossimo passo sarà l’implementazione di agenti che accederanno a diverse fonti dati e strumenti, e in base a determinate condizioni applicheranno un ragionamento per fornirci indicazioni rilevanti nel momento in cui ci servono, anche in modo autonomo e senza essere interpellati. “Sarà come quando siamo in auto e il navigatore GPS ci avvisa di un incidente lungo il percorso che stiamo facendo, proponendoci una rotta alternativa prima ancora di incontrare il rallentamento, senza che noi dobbiamo chiedergli di verificare le condizioni della strada”, afferma.

SAP dichiara di avere più di 100 casi d’uso e scenari della Business AI, con molti altri in arrivo. Molti di questi sono pronti a trasformarsi in agenti.

Il cloud come abilitatore della Business AI

Da molti anni SAP sta spingendo i suoi clienti a passare dalle soluzioni installate on-prem alla sua offerta di soluzioni cloud, e la possibilità di sfruttare Joule e gli agenti IA costituisce un’ulteriore forte motivazione alla migrazione. Motivazione sentita anche da Prysmiam, la multinazionale italiana che ha di recente completato lo spostamento delle installazioni SAP verso RISE with SAP in quattro mesi. Un tempo estremamente ridotto, se si considera che ha coinvolto 100 impianti in tutto il mondo.

La rapidità è anche conseguenza di un alto livello di maturità interna – anche culturale – e una strategia chiara, supportata dall’esperienza fatta con l’adozione di Microsoft 365 Copilot e IA in generale. Spiega Catello Voccia, Group Application Delivery Director di Prysmian, che nell’ultimo periodo l’azienda ha fatto percorsi di formazione per tutto il personale, dal vertice alla base, e proposto di identificare casi d’uso percepiti come rilevanti dai lavoratori. Queste richieste sono state poi valutate in base al ritorno dell’investimento previsto e sono poi stati realizzati gli strumenti necessari in un tempo molto breve.

“Avere SAP ci garantisce di avere una fonte unica e omogenea di dati. È più facile che la IA possa supportarti in questo caso, ma bisogna in ogni caso stare attenti a validare le risposte, perché i modelli IA tendono a fornire una risposta anche quando i dati di partenza non sono di qualità”.

Lo spostamento su RISE with SAP in cloud è un prerequisito per l’adozione di Joule nell’ERP non è solo una questione di offerta commerciale, ma ha una motivazione tecnica: “per abilitare l’IA, serve che i motori siano costantemente aggiornati con le ultime innovazioni, ci dice Carla Masperi. Se si considera che i tempi di innovazione si stanno dimezzando, è chiaro che serve avere un’architettura sempre all’avanguardia, altrimenti si rischia di non restare al passo con i tempi. È una necessità intrinseca. Non serve tenere in casa i diversi motori di IA, si possono richiamare dall’esterno, e il cloud è un requisito di fatto.”

Alcuni dei modelli supportati da Joule però potrebbero essere anche installati su un cloud privato, necessità sentita in alcuni settori regolamentati. Masperi replica che “Per abilitare l’IA, è necessario essere costantemente aggiornati, e il TCO di un’infrastruttura del genere sarebbe insostenibile. La ragione per cui andiamo verso il cloud è che è in assoluto la tecnologia che rende l’IA accessibile a tutti. Se poi ci sono entità con esigenze particolari, come il Dipartimento della Difesa americano che ha necessità di avere tutto su propria infrastruttura per ragioni di sicurezza, lo possiamo fare, mas se si vuole un algoritmo che ottimizza la qualità della produzione, o il processo operativo del finance, è comunque necessario confrontarsi con database molto ampi. O possiamo fare un modo che un certo cliente operi solo su server del nostro cloud localizzati in una specifica regione geografica”.

La percezione delle aziende italiane

Carla Masperi, AD di SAP Italia

Carla Masperi, AD di SAP Italia

Nel percorso di adozione e maturazione della IA, qual è la posizione delle aziende italiane? Quali sono le più interessate?

“Non c’è un settore che prevale. Tutti sono interessati a capire l’impatto che l’AI può avere sul business. ChatGPT ha avuto il grande pregio di portare l’IA nelle aziende in modo democratico, non solo per gli addetti ai lavori. Abbiamo vissuto un paio d’anni di hype, ma ora l’attenzione del top management si sposta su altro, per esempio sull’ingaggio di un consulente strategico per capire come l’AI può impattare sui processi operativi e analitici. Come SAP, stiamo facendo toccare con mano i benefici delle AI embedded (cioè gli scenari che abbiamo già pronti all’uso), mostrando che sono attivabili non in mesi, ma in settimane o giorni. Il focus di tutti è accorciare il Time to value. Oggi un cliente, specie se parliamo di livelli di vertice, ha bisogno di vedere un intervallo molto stretto tra l’idea e la sua realizzazione. L’IA embedded è quello che permette di accelerare i processi, aumentando produttività e qualità senza che passino ere. Quando diciamo che l’IA non è per noi qualcosa di separato, ma è dentro il patrimonio applicativo, intendiamo questo. Abbiamo identificato i processi che possono essere accelerati per qualità o produttività, e li abbiamo abilitati.”

L’analista dei dati diventa stratega

Masperi sottolinea poi che l’interazione coi sistemi e i dati, che prima avveniva in modo mediato da un analista che doveva estrarre i dati, elaborarli e presentarli, oggi può avvenire con una semplice richiesta fatta al sistema dal diretto interessato, in linguaggio naturale, e che le risposte sono prive di allucinazioni perché l’assistente opera in uno spazio semantico definito, agganciato alle informazioni aziendali.

Che fine farà quindi il povero analista, a cui il CEO non avrà più bisogno di chiedere nulla?

“In realtà, si passa dall’analista allo stratega. Se non deve più produrre dei semplici report, l’analista ha più tempo per prendere decisioni, per fare scenari di tipo What if che oggi non ha tempo di fare. L’analisi dei dati sarà più accurata. Oggi magari è più basata sull’intuito, ma stiamo vivendo in tempi in cui ci sono cambiamenti vasti e improvvisi. Che succede se in una regione l’inflazione si modifica? Posso fare scenari in cui ipotizzo l’inflazione al 2, al 5, all’8 percento, e avere opzioni per diverse pianificazioni strategiche, che faccia proiezioni sulle voci di costo e le ripercussioni sulle materie prime per avere rotture di stock o materiale in eccesso. L’analista potrà fare più scenari, per prendere la mira più giusta e consentire al top management di prendere le giuste decisioni”, conclude Masperi.

Cosa che probabilmente è più vicina a quel che l’analista ha studiato rispetto a quanto è costretto a eseguire regolarmente per il CEO.