Le sfide strategiche per i CIO nel 2019

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Impegnati su due fronti, tra gestione dello status quo e progetti innovativi, i CIO sono alla ricerca di pratiche e strumenti per ottimizzare i budget sempre risicati, liberare risorse e reperire talenti. Le priorità dei leader IT europei nell’Insight Intelligent Technology Index.

Lo avete notato? Anche quelle funzioni che fino a ieri si limitavano a utilizzare le applicazioni e gli strumenti informatici forniti dall’azienda e contattavano l’IT solo quando qualcosa non funzionava, oggi vogliono mettere l’innovazione tecnologica al centro delle proprie attività di business. Per le aziende, la trasformazione digitale è diventata una questione di sopravvivenza e anche quei dirigenti che non erano naturalmente orientati all’innovazione, sembrano averlo capito.

Questa è un’ottima opportunità per i CIO che possono riaffermare l’importanza strategica del proprio ruolo nel guidare e governare il cambiamento, ma la strada non è priva di sfide o insidie.

Smettere di essere il “Signor No”

“La Data Management Platform voluta dal marketing comporta dei rischi per la compliance GDPR; il cloud richiesto per il progetto IoT della produzione è poco sicuro; il progetto di smart working dell’HR viene cassato perché prevede che alcuni dipendenti accedano alle applicazioni aziendali da reti non protette; l’ERP scelto dall’amministrazione è lento, ma fino a che i server attuali saranno ancora in ammortamento, non c’è speranza di trovare il budget per un upgrade…”

Sono tanti e spesso giustificati i motivi per cui il CIO si trova spesso a occupare la sgradevole posizione del “Signor No” (per chi non lo ricordasse, il giudice di gara che annullava le risposte dubbie dei concorrenti nei quiz televisivi di Mike Bongiorno).

Visto che i progetti di innovazione sono, giustamente, sempre più spesso sponsorizzati dal board o dalla proprietà, accade sovente che le funzioni di business ottengano direttamente dalla direzione aziendale il budget per i loro progetti e coinvolgano l’IT solo “a cose fatte”, o quando si presentano i primi problemi da risolvere. Come mi diceva il consulente di business di una multinazionale qualche giorno fa, “è come essere costretti fare le pulizie dopo una festa, senza nemmeno essere stati invitati”.

Le sfide dei CIO per il prossimo futuro

Stante la spinta alla digitalizzazione, una carenza di risorse umane e finanziarie che fa procedere le aziende italiane “con il freno tirato” e vincoli di compliance sempre più stringenti, quali sono o dovrebbero essere le sfide e le preoccupazioni per i CIO che intendono guidare la strategia digitale dell’azienda?

Lo studio Intelligent Technology Index commissionato da Insight e condotto un campione di 1.012 professionisti IT di piccole, medie e grandi aziende in tutta Europa, ha evidenziato alcune tendenze e priorità che possono aiutare i CIO a liberare risorse per i progetti digital, acquisire e mantenere talenti e competenze e integrare in modo organico e non distruttivo le tecnologie emergenti come big data, intelligenza artificiale, IoT e cloud. In definitiva, rimanere il fulcro dell’innovazione dell’azienda.

1. Liberare risorse finanziare e umane per i nuovi progetti

Per quasi metà degli interpellati, i budget IT sono rimasti invariati rispetto all’anno precedente, e per il 69% non sono quindi sufficienti a garantire l’operatività quotidiana e, contemporaneamente, sviluppare progetti di innovazione. Un uso più spinto dell’automazione, e l’utilizzo di pratiche per ottimizzare le licenze software e i servizi cloud in uso possono essere una buona base di partenza per tagliare i costi e ridurre l’impegno del personale.

2. IT “bimodale” per gestione ordinaria e innovazione

La suddivisione del reparto IT in un team che gestisca le operazioni e le attività tradizionali e un altro focalizzato sui progetti innovativi (la cosiddetta IT bimodale), è utilizzata in azienda – spesso con risultati positivi – per il 78% degli intervistati. Il legittimo timore che si possano creare malumori nello staff sembra poco fondato: il 94% afferma che il team si è adattato bene.

Ovviamente bisognerà porre attenzione a non dare la sensazione che un team abbia più valore o prestigio dell’altro, e seguire le naturali attitudini delle persone. Spostare all’innovazione un ottimo sistemista che è contento nel suo attuale ruolo di “garante dell’operatività quotidiana”, per esempio, potrebbe essere una pessima idea e potrebbe far insorgere problemi su entrambi i fronti.

3. Reperire competenze in tecnologie sempre più complesse

Molte delle tecnologie necessarie a realizzare progetti di intelligenza artificiale, internet of things o big data sono insegnate nelle università solo da pochi anni. Qualcuna evolve così rapidamente che anche i neolaureati hanno già bisogno di aggiornarsi. Un professionista IT su tre vede come una preoccupazione primaria la capacità dell’azienda di attirare e trattenere i talenti più preparati.

Uno dei modi per creare un ambiente che attragga i talenti è quello di fornire strumenti di lavoro moderni e adeguati, improntati alla condivisione e alla collaborazione. Oltre a investire in servizi cloud che supportino la mobilità e la collaborazione dei dipendenti, le organizzazioni si stanno interessando ai managed services (42% degli intervistati) per supportare al meglio i dipendenti che richiedono esperienze tecnologiche superiori.

4. GDPR: da scocciatura a volano per l’innovazione

Quest’anno il GDPR ha dato filo da torcere a molti responsabili IT. La percezione raccolta dal sondaggio è che dati e processi delle aziende siano conformi con il Regolamento (per il 75% dei rispondenti). Un dato più interessante è che metà di questi ritiene che il GDPR avrà un impatto positivo sul proprio business. Se le aziende riescono infatti a trasformare i meri requisiti e vincoli del GDPR in un’occasione per ridisegnare i propri processi di business in un’ottica che metta i dati personali dei clienti – ben gestiti e protetti – al centro della strategia di business, migliorando la fidelizzazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

Una tavola rotonda per il CIO strategico

Di questi temi e delle priorità della funzione IT nel prossimo futuro si parlerà a Milano il 4 dicembre durante una tavola rotonda “a porte chiuse” organizzata da CIO Italia e Business International con alcuni tra i leader IT delle più importanti aziende italiane. I posti sono limitati e la partecipazione dell’evento è su invito: CIO e direttori dei sistemi informativi possono segnalare il proprio interesse a partecipare alla tavola rotonda da questa pagina o richiedere informazioni contattando Giuliana Mancini al numero 06/84.54.12.19.

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Gartner: il “fattore umano” è l’elemento forte dell’intelligenza artificiale

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Secondo Gartner l’AI abilita un nuovo modello decisionale, nel quale gli esseri umani giocano un ruolo fondamentale. Ai CIO il compito di preparare le aziende alla nuova era dell’apprendimento continuo

L’impatto dell’intelligenza artificiale nella realtà lavorativa è uno dei temi trattati in occasione del Gartner Symposium, che si è svolto questa settimana a Barcellona. Secondo la società di analisi, nel prossimo futuro l’intelligenza artificiale (AI) solleverà i lavoratori dai compiti più noiosi e ripetivi, aprendo nuovi spazi per lavori creativi e d’impatto. Il messaggio lanciato da Gartner è chiaro: spetta ai CIO preparare le aziende e i dipendenti per questa nuova era, in cui l’AI aumenta l’intelligenza “ordinaria” e aiuta le persone a realizzare il loro pieno potenziale.

Abbinare l’intelligenza artificiale agli esseri umani crea un nuovo modello decisionale, in cui l’intelligenza artificiale offre nuovi fatti e opzioni, ma la testa che decide rimane quella umana, così come il cuore”, ha dichiarato Svetlana Sicular, vicepresidente di ricerca di Gartner. “Spetta agli umani identificare le risposte più adatte tra quelle offerte dall’IA e usare il tempo ‘liberato’ dall’intelligenza artificiale per creare cose nuove”.

L’AI elimina meno posti di lavoro del previsto, e ne crea di nuovi

Se da un lato è innegabile che l’intelligenza artificiale modificherà la forza lavoro, eliminando alcuni ruoli, dall’altro potrà aprire nuove opportunità. E’ quanto emerge da un sondaggio di Gartner, condotto nel primo trimestre 2018 nel Regno Unito e negli Stati Uniti, e che ha coinvolto 4.019 lavoratori.

Nelle aziende che non hanno ancora intrapreso iniziative AI il 77% dei dipendenti si aspetta che l’intelligenza artificiale eliminerà dei posti di lavoro. Per contro, nelle aziende che hanno già adottato tecnologie di intelligenza artificiale solo il 16% dei dipendenti ha visto effettive riduzioni del personale, e il 26% degli intervistati ha segnalato che i posti di lavoro sono aumentati dopo l’adozione dell’AI.

Per quanto riguarda il nostro Paese, un recente sondaggio di Chorally ha evidenziato che il 44% degli italiani teme le applicazioni dell’AI in ambito lavorativo, pur esprimendo un giudizio generale neutro o positivo sull’intelligenza artificiale.

Secondo Gartner, mano a mano che le attività di routine saranno eseguite dalle macchine, i dipendenti dovranno essere addestrati per svolgere nuovi compiti. “Il fattore umano è l’elemento più forte nell’intelligenza artificiale”, ha commentato Sicular. “I neonati hanno bisogno di un adulto per sopravvivere, e lo stesso vale per l’AI. L’intelligenza artificiale serve a scopi umani ed è sviluppata da esseri umani”.

Persone e macchine: una nuova era di apprendimento

Anche se l’AI offrirà ai lavoratori nuove opportunità, le aziende dovranno formare e riqualificare i propri dipendenti in previsione degli investimenti in intelligenza artificiale.

Stiamo entrando in un’era di apprendimento continuo”, ha affermato Sicular. “Le persone dovranno imparare come vivere con macchine abilitate dall’AI. Quando le macchine svolgeranno i compiti di routine, le persone avranno il tempo per dedicarsi ad altri compiti, quindi dovranno costantemente imparare”. Le persone avranno anche bisogno di imparare come addestrare i sistemi di intelligenza artificiale a essere utili, chiari e affidabili, al fine di lavorare al loro fianco in modo cooperativo.

La scelta del “maestro” diventa fondamentale

È probabile che i CIO siano i leader o i promotori delle iniziative AI nella loro azienda. Mentre l’apprendimento automatico si concentra sulla creazione di nuovi algoritmi e sul miglioramento dei sistemi che apprendono, ovvero gli “studenti”, la disciplina dell’insegnamento alle macchine si concentra sull’efficacia degli “insegnanti“.

Il ruolo dell’insegnante è trasferire le conoscenze alla macchina che impara, in modo che possa generare un modello utile per rappresentare un concetto o uno scenario. I modelli di apprendimento automatico e le applicazioni AI traggono intelligenza dai dati disponibili e dal modo in cui sono istruiti. “Queste tecnologie apprendono dagli insegnanti, quindi è essenziale sceglierli bene”, ha sottolineato Sicular.

E qui entra in gioco la figura del CIO. “In qualità di CIO, modellerai il futuro della tua azienda in base al modo in cui investi in tecnologia e persone”, ha aggiunto Helen Poitevin, direttore di ricerca senior di Gartner. “Oggi la maggior parte dei CIO con cui parliamo deve confrontarsi con la proliferazione di ‘bot’ (robot fisici e assistenti virtuali software). L’adozione di bot in ambito lavorativo aumenta man mano che i lavoratori si sentono più a proprio agio con le macchine e diventano più solidali con esse”.

Gartner prevede che, entro il 2020, le tecnologie AI pervaderanno quasi tutti i nuovi prodotti e servizi software. Per questo, secondo Poitevin, è fondamentale che “robot e assistenti virtuali siano ben progettati, in modo che i dipendenti li accolgano e li considerino come un supporto per il loro lavoro”.

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