La cultura dell’ascolto e del feedback come stimolo per l’innovazione
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di leader, di persone che si assumano responsabilità, sappiano guidare e ispirare gli altri. Possiamo scegliere modelli di riferimento, ma ogni leader deve trovare il suo modo di essere. La leadership è come una stoffa, con cui realizzare il proprio abito su misura”. Così Sabrina Zanino racconta la sua idea di leadership. Dopo una lunga esperienza in una multinazionale, oggi supporta aziende e persone come Mental coach, trainer ed esperta di leadership, attraverso percorsi personalizzati e il podcast Leadership Time.
Se la leadership è una stoffa, per fare il proprio abito su misura ci sono caratteristiche fondamentali che un leader deve avere. O allenare, se non le ha. Con Sabrina Zanino ne abbiamo approfondite due esaminando i vantaggi che offrono, le difficoltà del percorso, gli esercizi di allenamento: la capacità di ascoltare e di dare (e ricevere) feedback.
La cultura dell’ascolto: creare fiducia e rendere attraente la propria azienda
L’ascolto non è solo una questione di rispetto verso gli altri, ma anche una questione pratica. “Senza ascolto non c’è innovazione – dice Sabrina Zanino – Ascoltare significa raccogliere informazioni, lasciare emergere la creatività, creare un clima di fiducia. Se mancano questi aspetti in un team o in azienda le persone non sentono di fare la differenza e i migliori talenti scelgono di andarsene”.
La pandemia ha inciso pesantemente sulla nostra capacità di ascolto, nei lunghi mesi di lockdown e mancanza di contatti personali ci siamo sentiti tutti un po’ invisibili e adesso abbiamo bisogno di riaffermare la nostra presenza, sia nella vita personale che professionale, e quindi “tendiamo a parlare molto e ascoltare poco”.
Per facilitare l’ascolto lo psicologo americano George Kohlrieser, esperto di negoziazione e ostaggi, che è stato a sua volta un ostaggio, suggerisce di pronunciare al massimo quattro frasi di seguito e poi cedere la parola all’interlocutore. Quattro frasi sono il limite massimo che può sostenere la nostra memoria a breve termine. “Non si tratta naturalmente di contare le frasi e le parole, ma di non cadere nella trappola del monologo, cosa che spesso succede ai leader. O, peggio ancora, in quella del multitasking: quante volte, quando qualcuno ci parla, guardiamo il cellulare o finiamo di scrivere una mail?”.
Ascoltare significa raccogliere informazioni, punti di vista, lasciare spazio a nuove idee. Questo crea fiducia nei team, tra le persone e verso il leader, un clima in cui le persone sentono di fare la differenza e si sentono motivate a restare in azienda. In mancanza di ascolto e fiducia, quale collaboratore sarebbe disposto a condividere una proposta originale con un superiore o un manager? Probabilmente nessuno. E i talenti migliori, le persone più intraprendenti e ambiziose, cercheranno un nuovo ambiente dove proporsi.
Ascoltare richiede tempo e disponibilità, ma sono risorse che vengono ricompensate, seguendo il “paradosso dell’ascolto” della psicologa Amy Cuddy, scrittrice e docente alla Harvard Business School: quando ascolti cedi temporaneamente a qualcun altro il potere di parlare, asserire, dare indicazioni, e in quel momento diventi più potente. “Perché gli altri si fidano di te – sottolinea Sabrina Zanino – sembra un controsenso, ma è una cosa straordinaria”.
“Senza ascolto non c’è innovazione”
Per creare una cultura dell’ascolto il leader deve, prima di tutto, saper ascoltare, perché darà l’esempio a tutti gli altri. Sembra una cosa scontata, ma non è così facile metterla in pratica. Ecco allora i suggerimenti di Sabrina Zanino per allenare la capacità di ascolto. “Esercizi da fare nella nella vita quotidiana. Allenamenti duri e faticosi, ma aiutano ad arrivare preparati alla partita da giocare, che sia nella vita privata o in azienda”.
- Confrontarsi con persone che la pensano in modo diverso da noi. La difficoltà è estrarre il contenuto, mettendo da parte i pregiudizi e tenendo a freno le emozioni. Quando ci confrontiamo con qualcuno che ha idee opposte dalle nostre il rischio è entrare in “sequestro emotivo”, perdere il buono della conversazione, quel qualcosa che potrebbe arricchirci, perché le emozioni e la voglia di controbattere prendono il sopravvento. E’ un esercizio difficile, “ma quando vado a giocare la mia partita nella leadership sarò allenato nel tenere indietro il pregiudizio, quello che mi viene in mente come istinto e emozione, quindi potrò veramente ‘estrarre’ dalle conversazioni ciò che è importante”.
- Andare in giro e osservare. Bastano anche dieci minuti, ma è importante prendersi il tempo per uscire dal proprio ambiente e guardarsi intorno con curiosità, allenando più sensi contemporaneamente. “Osservare significa ascoltare con gli occhi, chiederci senza pregiudizio – e senza sbirciare il cellulare!- cosa succede intorno a noi”, spiega Zanino, che regolarmente propone ai manager sessioni di coaching “in cammino”, all’aria aperta. “Stare all’aperto e osservare, senza avere soffitto e muri che limitano lo sguardo, fa davvero pensare a soluzioni e idee che al chiuso non erano immaginabili”.
- Allenarsi a fare domande. Fate domande su cose che vi interessano davvero e poi ascoltate la risposta, proprio come faceva Leonardo da Vinci, che faceva molte domande e annotava le risposte su un taccuino. E’ utile anche rivolgersi a persone esperte in settore diverso dal nostro. “C’è la cattiva abitudine di pensare che il leader sia la persona che da solo risposte. Invece dovrebbe fare molte domande, con curiosità e mente aperta, anche alle persone appena arrivate in azienda: il loro punto di vista è prezioso, perché a breve cambierà e tenderà a uniformarsi alla cultura aziendale”.
La cura del feedback: dare e ricevere considerazione
Dopo aver imparato ad ascoltare, il leader deve prepararsi a dare e ricevere feedback. In alcune aziende ci sono momenti strutturati per dare feedback ai dipendenti, e se non ci sono è bene crearli. “Il feedback si deve dare perché serve a migliorare, a far capire alle persone che vengono considerate e hanno il loro posto nel team”. A patto, naturalmente, di non confondere il feedback con il dire quel che si pensa senza filtri, in nome di presunte onestà e trasparenza.
Dare feedback. Si possono creare dei momenti dedicati e formali per dare feedback, con un incontro specifico messo a calendario, o cogliere occasioni informali della giornata lavorativa. In ogni caso è fondamentale la tempistica, secondo Sabrina Zanino. “Il feedback va dato prima possibile, non aspettando troppo tempo. Per esempio, se durante una riunione un collega o un collaboratore fa una presentazione che ci sembra poco efficace, questo va detto subito, non a distanza di mesi”.
E soprattutto, entrando nel dettaglio: perché la presentazione è poco efficace? troppe slide? poche argomentazioni? mancano dati salienti? Evitando l’insidia del giudizio: “il feedback è sempre sull’azione, sul comportamento specifico di una persona, non sulla sua identità”.
Oltre ai feedback negativi è importante dare anche feedback positivi, soprattutto in questo momento che è venuta meno la presenza in ufficio e molte persone si sentono demotivate: lavorare da remoto può essere complicato, e non avere riconoscimento del proprio lavoro può creare un senso di smarrimento. La soluzione non è l’eccesso di presenza del capo o del responsabile, che verrebbe interpretata come controllo e mancanza di fiducia, ma l’alternanza di feedback positivi e negativi. Da calibrare e distribuire nel tempo, evitando la cosiddetta tecnica “a panino”: inserire tra due feedback positivi, le fette di pane, un feedback negativo, nella speranza di farlo digerire meglio. “E’ poco onesto, ed è anche inutile edulcorare troppo il feedback negativo. E’ preferibile dare feedback negativi quando è necessario e, nel corso del tempo, sottolineare gli aspetti positivi del lavoro di un collaboratore”.
“Il feedback è sempre sull’azione di una persona, non sulla sua identità”
E’ il suggerimento dato da Stephen Covey, autore del bestseller “Le 7 regole per avere successo”, che paragona il rapporto che abbiamo con ogni persona ad un conto corrente, dove si eseguono prelievi e versamenti. “Prendendo a prestito questa metafora per i feedback, ricordiamoci di dare sia quelli positivi che quelli negativi, facendo attenzione a non andare in rosso”.
Le indicazioni pratiche:
- dare feedback sul comportamento, non sull’identità della persona
- entrare nel dettaglio, spiegando in modo approfondito cosa funziona/non funziona e come si può migliorare
- alternare feedback positivi e negativi, tenendo a mente la metafora del conto corrente
Ricevere feedback. La cultura del feedback è bidirezionale: il leader deve dare feedback, ma anche saperli ricevere. “Viviamo nell’epoca della ‘customer obsession’, in cui le aziende chiedono continuamente feedback ai clienti per raccogliere dati sono preziosi. Ma è raro che i responsabili aziendali chiedano feedback dall’interno come si fa verso l’esterno”.
E’ invece un aspetto fondamentale, anche perché spesso le persone lasciano l’azienda senza dire il perché. Qualche tempo fa Sam Walton, fondatore della catena di negozi Walmart, affermò che “dobbiamo avere paura dei clienti che non reclamano e non dicono niente, perché sono quelli che perdiamo. In modo silenzioso se ne vanno, e non sappiamo come avremmo potuto migliorare per trattenerli”.
“La stessa cosa succede in azienda”, sottolinea Sabrina Zanino. “Se non c’è possibilità di dare feedback ai propri superiori, se i collaboratori temono ritorsioni personali, si rischia di perdere i migliori talenti. Senza nemmeno sapere perché cercano un altro datore di lavoro”.
“Quando qualcuno mi da un feedback ascolto in rigoroso silenzio“
A questo proposito Zanino cita l’esempio di una grande compagnia assicurativa dove ha tenuto degli incontri di team building. “Era un ambiente energico e positivo, con un leader visionario e un team molto affiatato. Tuttavia, nel corso degli incontri è emerso che, secondo le persone, facevano troppe riunioni. Per il leader è stata una sorpresa, lui le organizzava per condividere quello che succedeva e coinvolgere i dipendenti. Era in assoluta buona fede, ma stava ottenendo l’effetto contrario del coinvolgimento. Ed era stupito che nessuno glielo avesse detto, nonostante il clima di lavoro molto positivo”.
Come allenare la capacità di ricevere feedback? Ecco i suggerimenti di Sabrina Zanino, tanto pratici quanto sfidanti.
- La regola base è questa: “quando qualcuno mi da un feedback ascolto in rigoroso silenzio“. La tentazione di rispondere e argomentare è fortissima, ma bisogna resistere e non entrare in contraddittorio. “Ringraziate per il tempo che vi è stato dedicato e andate via, letteralmente!”. Bisogna prendersi il tempo per riflettere in modo oggettivo sui contenuti, separandoli dall’emotività. Quando le emozioni e il contenuto sono stati separati si può tornare sull’argomento, dire la propria opinione o chiedere altre spiegazioni.
- Creare momenti dedicati per dare e ricevere feedback. Tante situazioni di incomprensioni e conflitto si potrebbero evitare se ci fosse l’abitudine a condividere i propri punti di vista sull’operato degli altri. “Il miglioramento continuo, di cui oggi si parla molto, si realizza anche così”.
- Abituarsi ad argomentare le proprie opinioni. A partire da situazioni semplici, come la visione di un film: non limitiamoci a dire bello/brutto, ma spieghiamo perché ci è piaciuto oppure no argomentando, entrando nei dettagli. “Così si allena anche la creatività. Se impariamo a farlo partendo da piccole cose, possiamo portare questa capacità in azienda nella vita quotidiana da leader”.