Call center: le 5 criticità riscontrate dai clienti… e come risolverle

Call center
Secondo una nuova ricerca di Jabra esistono cinque problemi comuni ai call center che possono causare a un’azienda la perdita di 9 clienti su 10. Ecco come risolverli.

Quando i clienti chiamano un call center per risolvere un problema, in genere si dimostrano piuttosto arrabbiati e impazienti. E questo è comprensibile. Hanno acquistato un prodotto o un servizio e, per qualsiasi ragione, qualcosa è andato storto. Non si preoccupano dei problemi di un fornitore di servizi, bensì, semplicemente, dei loro “grattacapi” che devono essere risolti. E se il call center non li può aiutare, essi in breve tempo si rivolgeranno alla concorrenza.

Da quello che emerge dalla nuova ricerca Jabra, quello che i clienti non vogliono, in particolare, è un confronto con un addetto all’altro capo della linea che sembra distratto e poco propenso al supporto. Vogliono una chiamata focalizzata, con un addetto che conosca bene il tema in oggetto e che possa offrire buoni consigli o una soluzione rapida e di successo.

Eppure, oggi le condizioni per far sì che questo si verifichi sono più che mai flebili. In un momento in cui le chiamate al servizio clienti sono diventate più complesse (il 24% dei dipendenti del call center deve consultare un collega), lo staff specializzato in questa attività è sempre più distratto. Spesso, una delle principali ragioni alla base di questa problematica è un ambiente di lavoro “povero”.

Ai clienti non potrebbe importare di meno dei problemi del posto di lavoro di un call center, ma come manager d’azienda la conoscenza della tematica dovrebbe essere di primaria importanza. Perché? Perché l’89% dei clienti ha dichiarato che si sarebbe rivolto alla concorrenza dopo un’esperienza negativa con il servizio clienti, mentre la percentuale del 55%, che stava cercando di acquistare un prodotto, ha detto di aver cambiato idea dopo una chiamata deludente.

La stessa ricerca di Jabra ha rilevato che il 73% dei responsabili decisionali vede un aumento della complessità delle interazioni con i clienti. In breve, l’azienda alle prese con la problematica vive “la tempesta perfetta”: le probabilità di fallire nella gestione del servizio clienti si ritorcono contro essa. Ma c’è una buona notizia, con due aspetti collegati. Innanzitutto, è facile identificare ciò che causa un’esperienza negativa per i clienti. In secondo luogo, correggendo i problemi i ritorni positivi saranno maggiori di quanto si potrebbe pensare. Non solo il cliente sarà felice e più incline a continuare la sua relazione, ma i dipendenti delle imprese avranno un upgrade di produttività pari al 47% rispetto ai colleghi meno efficienti.

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Cinque ragioni per cui le imprese rischiano di perdere i clienti

Secondo lo studio di Jabra, i cinque motivi che influiscono maggiormente negativamente sulle prestazioni e sulla produttività degli odierni Call Center sono:

Troppe interruzioni da parte dei colleghi

Sia che si cerchi un consiglio su come risolvere un problema, sia che il discorso scivoli su cose extra-lavoro, le interruzioni da parte dei colleghi sono al top della speciale graduatoria: il 25% degli addetti lo cita come il problema più grande che essi devono affrontare.

I livelli del rumore

È ovvio che più rumoroso è un ufficio, più difficile è concentrarsi. Anche in questo caso il 25% dei lavoratori dei call center ha dichiarato che si trattava di un problema che ha condizionato la loro produttività.

Troppe e-mail

Troppi messaggi in arrivo interrompono la produttività e aumentano lo stress di un dipendente: il 22% degli intervistati ha affermato che è stato il problema più grande che hanno dovuto quotidianamente affrontare.

Troppe chiamate durante il giorno.

C’è una massa critica rappresentata dal numero delle chiamate. Se si oltrepassa il limite si riduce la produttività, così come la soddisfazione del cliente. Il 19% dei lavoratori dei call center ha affermato che si trattava del problema che influiva negativamente sulla qualità del proprio lavoro. In media, questi lavoratori trattano 37 complesse chiamate ogni giorno.

Mancanza di privacy

Gli spazi di lavoro troppo piccoli riducono la privacy e hanno un impatto negativo sulla produttività. Il 19% dei lavoratori intervistati ha menzionato la mancanza di privacy personale come il problema principale.

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Cosa deve fare un’azienda?

Superare questi problemi è possibile, ma ciò che spesso impedisce alle aziende di farlo è la mentalità. Le distrazioni sul posto di lavoro sono fenomeni di routine da sempre, e pochissime imprese si sono attivate per porvi rimedio: in media una società dedica solo il 12% del budget del marketing al servizio dei clienti esistenti. Le imprese che affrontano con successo i cinque problemi sopra esposti saranno quelle che investiranno per supportare i propri lavoratori a concentrarsi meglio, e così facendo forniranno un servizio eccezionale nel contatto con il call center. E un ottimo servizio, naturalmente, aiuta a fidelizzare i clienti.

Il servizio call center deve essere organizzato sotto una corretta leadership strategica. Quindi è necessario investire nella corretta tecnologia di supporto, con cambiamenti comportamentali e culturali che possano ridurre le distrazioni, migliorando il raggiungimento degli obiettivi, e aumentando la soddisfazione dei dipendenti e la loro produttività.

Le esigenze dei clienti

Quando i clienti telefonano a un call center, essi sono effettivamente “ciechi”: non vedono la persona con cui parlano, non sono consapevoli di quanti altri agenti si trovano nelle vicinanze del loro interlocutore e non hanno idea se la loro sia la prima chiamata del giorno, o la cinquantunesima. E se anche i clienti fossero a conoscenza dei problemi dell’ambiente di lavoro con cui entrano in contatto, di certo non se ne preoccuperebbero. Non è un loro problema, non quello per il quale cercano invece una soluzione.

Quindi c’è solo una domanda che ci si deve porre. Per entrambe le parti in campo (il cliente e l’agente di servizio che prende la chiamata): cosa conta di più? La risposta è semplice: la qualità della comunicazione e l’efficacia del confronto al suo interno.

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Smart working: in Italia lo pratica un lavoratore su due

Smart working
Secondo una recente ricerca sullo smart working condotta in Italia da IWG il 56% degli intervistati lavora abitualmente in un luogo diverso dalla sede principale dell’azienda.

Anche il mercato italiano segna la tendenza che si registra a livello globale per quanto riguarda lo smart working. Dalle imprese multinazionali alle start up sino ai freelance, il quadro che si va delineando depone a favore di una maggiore richiesta di spazi di lavoro flessibile. Il dato è confermato anche da una recente ricerca condotta in Italia da IWG, gruppo primario di aziende fornitrici di spazi di lavoro flessibile, tra cui Regus e Spaces.

Più in dettaglio, dalla ricerca emerge che il 56% degli intervistati lavora abitualmente in un luogo diverso dalla sede principale dell’azienda, mentre il 41% sostiene di utilizzare spazi di lavoro flessibili una volta alla settimana. Addirittura l’80% degli interpellati indica nel fattore produttività la chiave vincente del lavoro flessibile: lavorare in luoghi diversi rispetto al classico ufficio sembra infatti che aumenti l’efficienza produttiva. Produttività che va di pari passo con la soddisfazione del lavoratore, che aumenta, per il 71%, lavorando da remoto.

lavoro tradizionale

Smart working significa anche adeguarsi con tempestività alle richieste del mercato. Dal campione intervistato si evince che, tra i motivi principali per cui si ricorre allo smart working, vi è la capacità di rispondere rapidamente alle tempistiche dei mercati in cui si sviluppa o si contrae il business, sfruttando il fattore competitività garantito da uffici flessibili che garantiscono una presenza capillare sui mercati internazionali, mantenendo un filo diretto con la sede principale dell’azienda.

Da non trascurare, tra i motivi che depongono a favore del lavoro flessibile, anche gli aspetti legati ai costi di gestione degli uffici. Infatti, secondo gli intervistati, questa modalità di lavoro comporta minori costi di gestione immobiliare, con conseguente capacità di liberare capitali da investire nella crescita. Tra i fattori positivi che depongono a favore di spazi alternativi in cui lavorare sono da annoverarsi, sempre secondo il campione demoscopico, l’ottimizzazione dei costi, la riduzione dei tempi improduttivi legati al pendolarismo e, laddove gli utilizzatori sono nuove imprese e start up, il minor rischio legato agli investimenti iniziali.

“Regus sulla scia di questa tendenza, porta avanti un piano di crescita che testimonia una significativa accelerazione nel cambiamento delle abitudini di lavoro nel nostro Paese” spiega Mauro Mordini, Country Manager di Regus in Italia. “Dalla ricerca emerge a gran voce, da parte di tutti gli attori coinvolti nella filiera, una richiesta sempre maggiore di lavoro flessibile. Anche se ancora spesso quando si parla di lavoro agile si tratta di lavoro da casa, penso che il punto di svolta non sia poi così lontano e presto parleremo di lavoro flessibile come della forma più utilizzata. In questo scenario ovviamente i cambiamenti nella tecnologia e nella digitalizzazione hanno favorito la richiesta di servizi on demand, con le imprese che tendono sempre più a esternalizzare le attività non core”.

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