La ricerca di un migliore equilibrio per il futuro del lavoro
La tentazione di fare del futuro del lavoro un riflesso digitale dei vecchi modi di lavorare esiste ancora e quindi ci vorrà del tempo per trovare il giusto equilibrio. In effetti, per raggiungere il potenziale per pratiche di lavoro ibride e remote asincrone, sarà necessaria una certa immaginazione.
Questo è il senso dell’ultimo rapporto sul futuro del lavoro di Qatalog e GitLab, che spiega come i datori di lavoro che insistono ancora oggi su una giornata lavorativa di otto ore in questa era digitale riducano la produttività e aumentino il tasso di insoddisfazione e di abbandono del personale avendo in cambio poco o niente. Il presenzialismo digitale, che insiste sul fatto che le persone siano alla scrivania durante orari prestabiliti, intacca l’equilibrio tra lavoro e vita privata che i dipendenti cercano e non funziona più come un tempo.
Pensatela in questo modo. Una volta i lavoratori venivano in ufficio per sedersi in silenzio alle scrivanie per otto ore al giorno mentre cercavano di apparire occupati. I dirigenti potevano guardare cosa facevano le persone, convocavano il personale in riunioni ad hoc per spingerlo a lavorare di più e talvolta si presentavano in ufficio per far sentire la loro presenza. La situazione ha iniziato a cambiare quando Apple, con iPhone e iPad, ha mostrato il potenziale della tecnologia mobile per trasformare il modo in cui lavoriamo, ma ha fatto un salto di qualità quando è scoppiata la pandemia. Un decennio di trasformazione digitale è avvenuto in poche settimane.
Alcuni datori di lavoro continuano poi a insistere su una rigida cultura del lavoro 9-5 anche con il lavoro da remoto. Combinato con gerarchie rigorose e l’uso di più strumenti di lavoro a distanza, ciò crea una “cultura pervasiva del presenzialismo digitale”.
Il problema, secondo la ricerca, è che il 54% del personale si sente costretto ad essere sempre disponibile (e visibile) online. Parte di questo sforzo, come partecipare a riunioni extra o rispondere alle e-mail a tarda notte, significa che si aggiungono in media 67 minuti alla giornata lavorativa (la maggior parte dei quali è improduttiva). Quelle ore aggiuntive e la sfida di gestire notifiche apparentemente infinite delle app hanno come conseguenza che i lavoratori sono stressati, la concentrazione diminuisce e la produttività può diminuire.
Non bisogna poi trascurare un recente sondaggio di Corel secondo cui le aziende si affidano agli strumenti sbagliati per una notevole quantità di tempo. Le aziende dovrebbero invece riflettere a fondo per garantire che gli strumenti che forniscono siano sufficientemente validi da consentire ai lavoratori di utilizzarli. Gli autori del report sostengono che i datori di lavoro dovrebbero cambiare il loro modo di pensare e imparare ad abbracciare la flessibilità, non solo in termini di dove lavorano le persone, ma anche in termini di quando. Grazie alla tecnologia, i lavoratori possono svolgere il proprio lavoro in quasi ogni ora del giorno, il che significa che l’orario coordinato sta diventando un anacronismo.
“Tra 10 anni, ripenseremo a questo periodo e ci chiederemo perché il lavoro asincrono sembrava così difficile. Coloro che avranno successo nel prossimo decennio avranno una mentalità iterativa, un team potenziato e una propensione all’azione. Così vedo il futuro del lavoro” scrive Darren Murph, Head of Remote di GitLabs.
Abbracciare il cambiamento
Vale la pena notare che il principio dell’orario di lavoro coordinato negli uffici è nato dai modelli di lavoro nelle fabbriche in un’epoca in cui la tecnologia per le imprese era principalmente un esercizio di persona. Tuttavia, come sanno tutti coloro che hanno attraversato la pandemia, i knowledge worker non funzionano più in questo modo: siamo ormai diventati asincroni, remoti e internazionali.
In molti sensi, questo cambiamento nelle aspettative non è affatto un cambiamento. Il lavoro della conoscenza è sempre stato caratterizzato da un senso di asincronia. Le persone si incontrano, parlano, si accordano e poi vanno a lavorare in piccoli gruppi o da sole. Ciò che è cambiato è che il 65% dei lavoratori ora ha, e si aspetta, maggiore flessibilità per decidere quando lavorare.
È tempo di usare le app giuste
Forse una delle sfide più noiosamente prevedibili che i lavoratori remoti devono affrontare riguarda gli strumenti che devono utilizzare. In media, i lavoratori hanno 6,2 app che inviano notifiche al lavoro e il 73% di essi risponde alle notifiche al di fuori dell’orario di lavoro, erodendo ulteriormente la divisione tra tempo di lavoro (asincrono) e tempo personale. Ciò significa che oltre la metà (52%) dei lavoratori ha difficoltà a staccare la spina e questo è aggravato dalle abitudini del presenzialismo digitale. Un lavoratore può svolgere il proprio lavoro negli orari che meglio gli si addicono, ma si sente comunque sotto pressione nel dover essere presente anche per il resto del tempo.
Ad essere onesti, anche i manager stanno avvertendo la pressione, con oltre il 70% di essi che si sente esausto nel gestire così tanti cambiamenti. Per arrivare a queste conclusioni sul futuro del lavoro, gli autori del rapporto hanno parlato con 2.000 knowledge worker (coloro che usano un computer o un laptop per oltre il 50% del tempo per lavoro) negli Stati Uniti e nel Regno Unito. “Il concetto di tempo al lavoro è morto. Semplicemente non lo sappiamo ancora”, si legge nel report.