Aumenti VMware, il CISPE chiede un’indagine: “Decimeranno il cloud in Europa”

VMware Cloud Foundation Broadcom VMware
Secondo l'associazione europea di cloud provider i nuovi termini di licenza software di VMware faranno fallire alcuni dei propri membri e danneggeranno gli utenti finali

Il CISPE, associazione senza scopo di lucro per i fornitori di servizi cloud in Europa, ha chiesto alle autorità di regolamentazione di indagare sugli accordi di licenza software di VMware e Broadcom, che secondo il gruppo manderanno in bancarotta alcuni dei suoi membri e danneggeranno gli utenti finali.

CISPE contesta più precisamente la cancellazione unilaterale dei termini di licenza per un software di virtualizzazione essenziale da parte di Broadcom. “I clienti del cloud, compresi gli enti pubblici, le grandi aziende, le PMI e le start-up europee, sono minacciati da nuovi termini contrattuali e aumenti di prezzo ingiustificati. Chiediamo come minimo una pausa immediata alle rescissioni dei contratti e la possibilità per i clienti di uscire dal contratto pluriennale imposto da Broadcom non appena saranno disponibili alternative valide”, ha scritto il CISPE nella sua richiesta.

Il riferimento è sia al fatto che Broadcom ha annullato il programma per i partner di VMware e lo ha sostituito con il proprio, sia al requisito per coloro che offrono prodotti VMware as-a-service di avere almeno 3.500 core in produzione per qualificarsi per una licenza. Broadcom smetterà di vendere licenze ai fornitori cloud più piccoli alla fine di questo mese, rendendoli incapaci di offrire VMware-as-a-service e rendendo probabilmente necessaria una migrazione improvvisa e non richiesta per i loro clienti.

Pochi operatori di cloud basati su VMware gestiscono infatti 3.500 core e quindi la maggior parte di essi si trova ad affrontare un futuro molto incerto. Broadcom sembra aver lanciato un’ancora di salvezza a questi operatori con un accordo che classificherà quelli non ammessi al programma di canale di Broadcom come fornitori “secondari”, che possono acquistare licenze da quei fornitori “primari” che invece soddisfano il requisito dei 3.500 core.

multicloud

Costi delle licenze aumentati fino a 12 volte

Sebbene però i partner primari siano predisposti per ospitare più tenant (e quindi la gestione dei partner secondari non sarebbe una complicazione enorme), raramente forniscono un supporto software allo stesso livello di un fornitore.

Lo schema primario/secondario concesso da Broadcom ha quindi suscitato critiche e il CISPE riferisce che anche coloro che sono invitati a diventare partner primari sono insoddisfatti. “Le nuove condizioni includono impegni minimi pari a decine di milioni di euro per periodi di tre anni. In alcuni casi i costi delle licenze sono aumentati di dodici volte”, scrive l’associazione, secondo cui molti partner secondari potrebbero fallire.

“Diversi membri del CISPE hanno dichiarato che senza la possibilità di concedere licenze e utilizzare i prodotti VMware andranno rapidamente in bancarotta e fuori dal mercato”, continua l’organizzazione, aggiungendo che alcuni di questi partner secondari traevano oltre il 75% delle loro entrate dal software VMware.

“Broadcom venga designata come gatekeeper”

Il segretario generale del CISPE, Francisco Mingorance, sostiene che Broadcom “sta tenendo in ostaggio il settore sfruttando la posizione dominante di VMware nel settore della virtualizzazione per imporre termini di licenza iniqui e ottenere rendite ingiuste dai clienti cloud europei”.

Per questo Mingorance ha chiesto che Broadcom venga designata come gatekeeper ai sensi del Digital Markets Act europeo. “Il CISPE chiede alle autorità di regolamentazione europee di esaminare rapidamente le azioni di Broadcom e di chiederne conto”, ha aggiunto. Broadcom ha insistito sul fatto che il suo nuovo regime di licenze VMware non cambierà e ha dichiarato di non essere preoccupata per la perdita dei clienti più piccoli. Fatto sta che la situazione attuale rischia di scontentare anche i suoi clienti più grandi, alle prese con un onboarding dei partner secondari tutt’altro che semplice.

Condividi:
 

VMware, un programma “white label” salverà i piccoli partner cloud?

VMware HQ digitalworlditalia white label
I partner VCSP e VCPP che Broadcom non ha invitato al suo programma potranno comprare licenze e servizi dai partner invitati, sostiene The Register

Broadcom avrebbe deciso di tornare parzialmente sui suoi passi a proposito della decisione di escludere dal proprio partner program centinaia di cloud provider che erano partner di VMware.

Lo sostiene The Register, che avrebbe avuto accesso ai documenti che descrivono un programma “white label” che consentirebbe aquesti cloud provider di continuare a vendere servizi cloud basati su tecnologie VMware anche se non sono stati invitati all’Advantage Partner Program di Broadcom.

Ma andiamo con ordine. Prima dell’acquisizione, VMware aveva tra i suoi programmi di canale il VCSP (VMware Cloud Services Provider), con cui alcuni partner vendevano soluzioni VMware come cloud managed services, e il VCPP (VMware Cloud Providers Program), dedicato a circa 4mila partner che erogavano servizi di public cloud basati su VMware Cloud Foundation.

Dopo l’acquisizione, Broadcom ha chiuso il programma VCSP, spiegando che avrebbe invitato al proprio programma solo i partner con licenze per almeno 3500 core, una soglia al di là delle possibilità di molti partner che aderivano al programma.

Secondo The Register, centinaia di partner dei programmi VCSP e VCPP non sono stati invitati nell’Advantage Program di Broadcom. E questo ha creato problemi sia a questi partner, impossibilitati a erogare i servizi VMware, sia ai loro clienti, costretti a un rischioso e indesiderato passaggio a un altro partner VMware ammesso da Broadcom, o addirittura a valutare il passaggio a tecnologie di vendor concorrenti.

La risposta di Broadcom a questa situazione sarebbe appunto un programma “white label”, visionato da The Register, che permetterebbe ai cloud provider ammessi all’Advantage Program, definiti “Primary VMware Cloud Service Provider”, di vendere servizi o licenze a quelli che invece non sono stati ammessi appunto per la soglia dei 3500 core, detti “Secondary VMware Cloud Service Provider”.

In pratica gli ex partner VCSP e VCPP potranno portare avanti il business VMware come prima, pagando le licenze a un altro partner invece che direttamente a VMware.

Per Broadcom invece i vantaggi saranno due. Uno è mantenere nell’ecosistema VMware un gruppo di operatori molto diversi – global system integrator, specialisti di workload verticali o di cloud sovrani, piccoli cloud provider – che i clienti hanno scelto perché alternativi agli hyperscaler. L’altro è limitare la fuga dei clienti di questi operatori verso altri vendor tecnologici.

Condividi: