AWS: con i partner italiani innovazione cloud “al quadrato”
È il momento degli eventi dei colossi mondiali del cloud a Milano: pochi giorni dopo Google Cloud, il centro congressi MiCo ha ospitato Amazon Web Services e il suo AWS Summit Milano 2022, una due-giorni proporzionata nei numeri alla vasta community italiana del leader mondiale dei servizi di Public Cloud IaaS confermato recentemente da Gartner.
L’AWS Summit di Milano ha infatti registrato oltre 8000 iscritti e 57 sponsor in 7 categorie – citiamo solo i “global sponsor” Intel, VMware, Datadog, Veeam, New Relic, Palo Alto Networks, e i “diamond” Accenture, Besharp (la società pavese tra i più piccoli Premier Partner AWS al mondo) e Reply – con oltre 90 sessioni tecniche e di business, e ha ospitato anche l’AWS Partner Summit.
Nell’incontro con i partner italiani, AWS ha parlato tra l’altro dei 10 anni della community mondiale dei partner APN (AWS Partner Network), delle più recenti iniziative per il canale, e dei suoi investimenti in Italia. Abbiamo approfondito questi e altri temi con Vittorio Sanvito, Head of EMEA Partner Organization in AWS.
Qual è il suo bilancio del decennale dell’APN?
L’incontro con i partner italiani all’AWS Summit di Milano è stata un’occasione importante per festeggiare questo traguardo. Più di 300 partner italiani sono intervenuti in questi due giorni. Come ho detto anche a loro, abbiamo una grandissima opportunità: i vari analisti di mercato stimano che finora solo una quota tra il 5 e il 15% dell’IT spending è stato migrato nel cloud.
APN è nata, come la maggior parte delle innovazioni di Amazon e AWS, ascoltando i clienti – che in questo caso chiedevano modalità semplici per trovare partner con le competenze più adatte alle proprie esigenze specifiche – e 10 anni dopo conta oltre 100mila partner in 150 paesi. Ha iniziato con due sole categorie di partner – technology e consulting – e oggi comprende tutte le tipologie: distributori, system integrator, service provider, ISV, MSP.
Quali sono state le tappe più importanti dell’APN?
È stato un percorso graduale. Nel 2014 abbiamo introdotto le Competency, che sono programmi per certificare non la singola persona ma l’intera azienda partner, garantendo la sua capacità di erogare soluzioni verticali o tipologie di progetti.
Successivamente nel 2015 è arrivata la certificazione MSP per i managed service provider, e nel 2016 il programma di Service Delivery, per certificare i partner in grado di vendere soluzioni legate ai nostri servizi, per esempio Connect (il servizio di contact center di AWS, ndr). Nel 2019 abbiamo introdotto Service Ready: noi lanciamo continuamente servizi e funzioni innovative, nel 2021 sono stati più di 3000, e con Service Ready certifichiamo i partner capaci di fare innovazione “al quadrato”, cioè di innovare sulla nostra innovazione. Infine nel 2021 abbiamo lanciato i Partner Paths, di cui abbiamo parlato anche qui all’AWS Summit.
Può fare un esempio di innovazione “al quadrato”?
Per esempio c’è il caso dell’Università Uninettuno. Aveva migrato l’infrastruttura su AWS ben prima del Covid, ma durante la pandemia ha registrato una forte crescita di studenti, e insieme al nostro partner VMEngine ha voluto ridisegnare l’intera architettura, ottenendo immediati risultati di efficienza, con risparmi di costo del 35%, e introducendo molta più flessibilità, per permettere agli studenti di collegarsi da dovunque e con qualsiasi dispositivo. Ma non solo: grazie all’infrastruttura IT flessibile, Uninettuno ha ampliato il raggio d’azione oltre il mondo accademico, fornendo corsi di formazione ai dipendenti di aziende private ed enti pubblici. In questo caso quindi “innovazione al quadrato” significa che il partner ha aiutato il cliente non solo a ottimizzare i costi e a innovare, ma anche a introdurre un nuovo modello di business con opportunità prima inaccessibili.
Ha accennato ai Partner Paths, di cosa si tratta più in dettaglio?
I path sono percorsi guidati, che accompagnano il partner passo per passo su appositi portali verso il successo in cinque ambiti, attraverso formazione, programmi di co-funding e di marketing congiunto, e supporto dedicato.
Fino all’anno scorso l’APN era diviso in consulting partner e technology partner: quando un partner si iscriveva, doveva classificarsi come technology o consulting. Questa distinzione però ormai non rispecchiava più la situazione reale sul mercato: molti consulting partner si occupano anche di software, mentre molti ISV fanno anche i system integrator. L’ecosistema è diventato molto più ibrido.
Perciò abbiamo lanciato questi cinque “paths”, che riguardano hardware, software, servizi, formazione, e distribuzione. Non sono legati alla tipologia di partner ma alla tipologia di offerta, e sono più flessibili, nel senso che un partner può iscriversi a più di un path.
La domanda di servizi cloud in Italia presenta qualche caratteristica particolare?
La domanda in Italia è in crescita e omogenea anche dal punto di vista dei servizi più richiesti e della propensione alla digitalizzazione rispetto agli altri paesi europei. Il trend più rilevante che riscontriamo è una domanda di servizi di migrazione verso il cloud in tutti i paesi.
In ambito tecnologico l’intera gamma di servizi sta evolvendo, sia gli ambiti più classici, sia i più innovativi. I più classici – storage, database – stanno attraversando una profonda trasformazione. Per noi lo storage è legato alla gestione del dato, c’è una forte richiesta di servizi a valore aggiunto di trattamento dei dati. Anche i database sono in evoluzione, è sempre più forte l’esigenza di gestire il dato destrutturato, a partire dai social. Poi crescono molto anche gli ambiti più innovativi: IoT, machine learning, AI.
Le competenze e certificazioni AWS sono tra le più richieste sul mercato del lavoro IT. Cosa state facendo per aiutare a colmare il gap tra domanda e offerta in Italia?
Stiamo lavorando tantissimo sulle certificazioni, introducendo sempre più offerta per i partner. Esistono percorsi in APN per progredire nei vari livelli, dall’entry level ai più avanzati, ma stiamo lavorando per creare sempre più percorsi. Le certificazioni ovviamente sono fondamentali per acquisire le competency a livello di azienda, e per qualificarsi come Service Ready.
Ci sono svariati esempi di partner che acquisendo particolari competenze si creano un vantaggio competitivo. Un esempio in Italia è Claranet, un partner internazionale con forte presenza in Italia, che ha contribuito alla trasformazione digitale del Sole 24 Ore con alcuni progetti basati su tecnologia serverless, che rende molto più semplice innovare, e innovare sull’innovazione. Un esempio è il motore di ricerca e di correlazione dei contenuti, che al Sole era basato su tag inseriti manualmente. Claranet ha ridisegnato completamente il processo, implementando meccanismi di correlazione tramite machine learning e AI, grazie alle sue competenze in questo campo, ottenendo un risparmio del 50% dello sforzo manuale, e nel contempo migliorando l’esperienza dell’utente finale. Questo è un altro esempio di come vogliamo lavorare con i partner facendo innovazione “al quadrato”.
Ci sono aree di competenze in cui notate una domanda particolarmente alta in Italia?
Vediamo moltissima richiesta di competenze di migrazione, vista ormai come passaggio fondamentale. All’inizio era vista come punto d’arrivo: sono arrivato al cloud. Adesso è un punto di partenza: la migrazione predispone un ambiente pronto per innovare. Le modalità di migrazione delle aziende utenti sono molto varie. Abbiamo clienti che decidono dall’oggi al domani di migrare l’intera infrastruttura nel cloud. Altri che vogliono cominciare con il testare singole aree con POC (Proof of Concept), altri che migrano tutto ciò che non è mission critical, e altri ancora che cominciano proprio dal core business, che tipicamente è l’infrastruttura più datata e legacy.
AWS ha una struttura interna di servizi professionali. Quando intervenite in modo diretto nel progetto, e quando vi affiancate al partner?
AWS ha un programma e una struttura all’interno del team professional services che è dedicata ai partner, e prevede appunto l’affiancamento ad alcuni partner durante i progetti. È un programma a cui sempre più partner si mostrano interessati. Abbiamo tre modalità di ingaggio. A volte è il partner che sta lavorando su una opportunità e che ha capacità limitate in un certo ambito che chiede il supporto della nostra struttura. In questo caso parliamo di “partner prime”: il partner gestisce i progetto e noi aumentiamo la sua “potenza di fuoco”. La seconda modalità è l’opposto: i nostri professional services lavorano sul cliente ma hanno bisogno di determinate capacità di determinati partner. La terza modalità è mista, il progetto vede contributi di partner su alcune aree e il nostro contributo su altre.
Noi siamo “customer obsessed” e andiamo incontro al cliente per trovare la soluzione che risolve meglio le sue esigenze. A volte i clienti chiedono i nostri professional services, a volte quelli dei partner. APN serve ai partner per crescere e procurarsi opportunità, ma anche ai clienti per sapere quali sono i partner che hanno determinate competenze.
Nel 2020 AWS ha aperto una cloud region a Milano: qual è il bilancio di questi due anni?
La region ha creato nuove opportunità per tutti. Per i clienti, che hanno una possibilità di scelta in più. Per i partner, che possono proporre diverse opzioni. E per il paese in generale. Abbiamo appena annunciato che da qui al 2029 investiremo 2 miliardi di euro nella region. Questo naturalmente oltre a quello che genererà la continua crescita del business AWS in Italia e del suo indotto nei partner e nei clienti. Sono segnali chiari dell’attenzione di AWS per l’Italia.