Esattamente un anno fa abbiamo parlato delle 9 tendenze che avrebbero cambiato il Canale ICT nel 2020, secondo Jay McBain, Principal Analyst of Channel Partnerships & Alliances di Forrester Research. Ovviamente McBain non poteva prevedere il Covid-19 e il suo pesante impatto sul settore ICT, ma un anno dopo l’analista è tornato sull’argomento, analizzando criticamente quali di quelle previsioni si sono rivelate corrette, e quali no. Vediamole una a una.

1) La quota di vendita indiretta nell’ICT si contrarrà nei prossimi 10 anni

La tendenza all’acquisto diretto dell’utente presso il produttore, scriveva un anno fa McBain, si sta affermando anche nel mercato ICT, dove il Cloud e le tecnologie emergenti – AI, automazione, IoT – hanno quote di vendite indirette inferiori alle tecnologie legacy tradizionali. Un anno dopo la tendenza secondo l’analista è più che confermata: “Il Covid ha diviso il canale in due: chi lavora su infrastrutture IT e TLC, consulenza tecnologica e system integration tradizionale ha visto cali a due cifre, chi invece lavora sul cloud ha visto crescite a due cifre, specialmente nell’IaaS e nel SaaS. Per ora però gran parte del canale lavora per il 70-80% sulle categorie in declino, e per il 20-30% su quelle in ascesa”.

2) I marketplace saranno sempre più rilevanti

Anche su questa tesi McBain si promuove a pieni voti: “L’e-commerce è cresciuto più nei primi tre mesi di Covid che nei precedenti 10 anni, canalizzando circa un terzo delle transazioni dell’economia USA nel terzo trimestre, e gran parte di questa crescita si deve ai marketplace (qui abbiamo parlato dei marketplace dei Distributori ICT). La previsione di Forrester, secondo cui il 17% delle transazioni B2B avverrà tramite marketplace entro il 2023, si avvererà molto prima, forse già quest’anno”.

3) Si sta affermando un modello di canale ICT “tripartito”

Un anno fa McBain aveva evidenziato l’emergere di due nuovi tipi di partner “non-transactional”, definiti “influencer partner” e “retention partner” che si affiancano ai classici reseller (“transaction partner”) ma si concentrano solo sulle fasi precedenti o successive alla vendita. Gli influencer influenzando appunto le scelte d’investimento dei clienti, i retention “riconquistando” il cliente ogni volta che il contratto di subscription va rinnovato. I vendor devono quindi creare dei veri e propri ecosistemi con tutti questi tipi di partner, e saperli gestire nei loro Partner Program secondo le specifiche prerogative di ciascuna tipologia. E anche questa tendenza, osserva McBain, nonostante il Covid si è confermata, e forse accelerata: “Cisco, il gruppo Dell, IBM e HPE, per citarne solo alcune, hanno annunciato che passeranno a modelli di business totalmente basati su subscription e consumption, e decine di vendor hanno annunciato Partner Program tripartiti “build, sell and service” rivolti a partner transazionali e non transazionali”.

4) La gestione del canale diventerà gestione di ecosistema

La tripartizione del canale sta rendendo la gestione dei Channel Program sempre più complessa: le reti di partner stanno diventando veri e propri ecosistemi, e richiedono una più ampia gamma di competenze, e strumenti software e di automazione ad hoc: “Non si gestisce un ecosistema con un foglio elettronico”, sottolineava un anno fa McBain, e ora conferma la tendenza, anche se ritiene che la transizione da canale a ecosistema richiederà anni. “Nel 2020 sono stato convolto in centinaia di riunioni con channel professional: non abbiamo mai parlato di livelli di partnership o margini, ma di come gestire un ecosistema di partner, e promuovere la creazione di valore e la collaborazione al loro interno”.

Una delle principali difficoltà, sottolinea l’analista, è la scarsa flessibilità dei vendor: “Monitoriamo 10mila vendor che gestiscono programmi di canale strutturati, che però comunicano soltanto attraverso i propri canali. I partner leggono testate specializzate, partecipano a eventi, ascoltano influencer – tra cui distributori, associazioni, peer group: i vendor devono imparare a parlare con i loro partner di canale anche attraverso queste comunità”.

5) Le tecnologie emergenti non sono più emergenti: sono già qui

12 mesi fa il concetto era che il 2020 sarebbe stato l’anno del passaggio dalla early adoption all’adozione sistematica per i progetti IoT, AI, automation, 5G, advanced security e blockchain nelle aziende utenti. Poi il Covid ha fatto slittare molti di questi progetti, ma McBain rimane ottimista. “In Forrester stiamo monitorando 800mila startup e aziende hi-tech: tecnologie come AI, automation, blockchain non sono indipendenti, sono strati di soluzioni complesse che vanno assemblati e integrati, creando milioni di opportunità di business per il canale: non per niente secondo McKinsey il 76% dei CIO pensa che creare un ecosistema di partner sia l’unico modo di sopravvivere, e che ogni azienda di qualsiasi settore è ora una tech company”.

6) Channel Software, una nicchia da 2,8 miliardi di dollari

Dato che i Partner Program sono sempre più difficili da gestire, sta crescendo velocemente una nicchia di soluzioni – chiamata da Forrester “Channel Software” – pensate proprio per aiutare i channel manager e i loro staff in questo compito. Il 2020 ha confermato questo trend: la nicchia del channel software, scrive McBain, è arrivata a valere 2,8 miliardi di dollari solo di fatturato software (in gran parte software-as-a-service) ed è composta di 183 operatori di tutto il mondo suddivisi in sette categorie: partner relationship management, through-channel marketing automation, channel incentives management, channel learning and readiness, channel data management, channel marketplaces, financial, pricing & inventory, e channel ecosystem management. Quest’ultima è una nuova categoria appena coniata dall’analista di Forrester e, a conferma dell’affermazione degli ecosistemi, è quella che cresce di più: “Comprende 18 aziende che hanno generato 93 milioni di fatturato, ma almeno un’altra decina di aziende sta innovando in quest’area, che comprende funzionalità di recruitment, attribution, account mapping, enablement, collaboration e tech/API integration”.

7) Partner Experience (PX) sempre più simile alla Customer Experience (CX)

Su questa previsione McBain ammette di aver sbagliato: “La pandemia ha cambiato le priorità dei vendor nella gestione del canale, e la partner experience è passata in secondo piano rispetto all’avvento degli ecosistemi, dei marketplace, dei programmi tripartiti, dei modelli di subscription e consumption: tutto questo obbliga gli operatori di canale a cambiare più velocemente rispetto ai loro piani”.

8) “Super-influencer”, le figure chiave per rendersi visibili ai nuovi partner

Per i vendor che stanno ampliando i loro canali per farli diventare ecosistemi, i vecchi sistemi di reclutamento di nuovi partner non funzionano, soprattutto in un’epoca di eventi digitali che, sottolinea mcBain, danno ritorni incomparabilmente più bassi degli eventi fisici. In quest’ottica ha ancora più senso ricorrere a “super influencer” che diano visibilità ai vendor nelle community più frequentate dai potenziali partner più interessanti.

9) Il Channel Management Team sarà riassorbito nella funzione Vendite e Marketing

Questa è la previsione su cui McBain ammette di essersi sbagliato di più. Vista la crescente importanza degli ecosistemi per il modello di business stesso di sempre più aziende, ha senso che il Channel Manager, anzi l’Ecosystem Manager, riporti direttamente al CEO. “Gestire tanti tipi di partner molto diversi, transazionali e non transazionali, richiede una capacità di orchestrazione di persone, processi, e programmi che va oltre le attuali skill di molti Direttori commerciali odierni”.