Apple e Meta sotto indagine negli USA: non è solo la UE a voler regolare i gatekeeper
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e 15 Stati hanno citato in giudizio Apple, sostenendo che il gigante tech di Cupertino ha monopolizzato il mercato degli smartphone danneggiando i rivali più piccoli e facendo salire i prezzi. “I consumatori non devono pagare prezzi più alti perché le aziende violano le leggi antitrust”, ha dichiarato il procuratore generale Merrick Garland in un comunicato. “Se non viene contrastata, Apple continuerà a rafforzare il suo monopolio sugli smartphone”.
Il Dipartimento di Giustizia ha dichiarato che Apple fa pagare un iPhone fino a 1.599 dollari e realizza profitti maggiori rispetto a tutti gli altri operatori del settore. La risposta di Apple, che ha negato le accuse, non si è fatta attendere. “Questa azione legale minaccia chi siamo e i principi che distinguono i prodotti Apple in mercati fortemente competitivi. Se avesse successo, ostacolerebbe la nostra capacità di creare il tipo di tecnologia che la gente si aspetta da Apple, dove hardware, software e servizi si intersecano”, si legge in un comunicato dell’azienda.
L’obiettivo dell’azione legale, depositata presso il tribunale federale statunitense di Newark, è di “liberare il mercato degli smartphone dalla condotta anticoncorrenziale ed escludente di Apple e ripristinare la concorrenza per abbassare i prezzi degli smartphone per i consumatori, ridurre le tariffe per gli sviluppatori e preservare l’innovazione per il futuro”.
Nella causa vengono citati cinque esempi con cui Apple ha utilizzato meccanismi per sopprimere tecnologie che avrebbero aumentato la concorrenza tra gli smartphone: le cosiddette super app, i giochi in streaming, le app di messaggistica, gli smartwatch e i portafogli digitali. La causa sostiene ad esempio che Apple abbia reso più difficile il funzionamento delle app di messaggistica e degli smartwatch concorrenti sugli iPhone. Si sostiene inoltre che le politiche dell’app store di Apple relative ai servizi di streaming per i giochi abbiano danneggiato la concorrenza.
Non è però chiaro quali siano i cambiamenti specifici richiesti dal Dipartimento di Giustizia. La denuncia chiede al tribunale di impedire ad Apple di utilizzare il suo controllo sulla distribuzione delle app, sui contratti e sull’uso di interfacce software private per indebolire i rivali e di ordinare qualsiasi altra cosa necessaria “per ripristinare le condizioni di concorrenza nei mercati interessati dalla condotta illegale di Apple”, ma concretamente non si capisce bene quali siano le richieste dell’accusa.
Non c’è però solo Apple nel mirino della giustizia USA. Meta deve infatti affrontare un’azione collettiva da parte degli inserzionisti che hanno accusato il colosso di Mark Zuckerberg di aver gonfiato in modo fraudolento il numero di persone che i loro annunci potrebbero raggiungere. Ieri la Corte d’Appello di San Francisco ha dichiarato che gli inserzionisti possono intentare una causa collettiva per danni a causa delle affermazioni di Meta sulla “portata potenziale” dei loro annunci.
Gli inserzionisti sostengono infatti che la metrica utilizzata da Meta misurava il numero di account dei social media, non il numero di persone reali, gonfiando il numero di potenziali viewer delle inserzioni fino al 400%. Secondo le stime degli inserzionisti, Meta potrebbe dover pagare più di 7 miliardi di dollari di danni, come risulta dai documenti del tribunale. La class action, seppur non condivisa da uno dei giudici della Corte, comprende potenzialmente milioni di individui e aziende che hanno pagato per annunci pubblicitari su Facebook e Instagram a partire dal 15 agosto 2014. L’azione legale sostiene inoltre che i dirigenti, pur sapendo che gli account duplicati e falsi, compresi quelli dei bot, gonfiavano la metrica della “portata potenziale”, hanno preso provvedimenti per nascondere la cosa.