Data center in Italia, burocrazia e sostenibilità i temi più urgenti
I data center in Italia sono fondamentali per la digitalizzazione del Paese, e sono un mercato in piena salute. Ma richiedono impegno continuo per ridurre gli impatti ambientali, snellire gli iter autorizzativi, e aumentare i professionisti capaci di costruirli e farli funzionare. E anche per divulgare l’importanza di un settore che vale 5 miliardi l’anno ma che è conosciuto pochissimo da cittadini e istituzioni.
Questo il messaggio dell’evento che IDA, l’associazione italiana di operatori di data center, ha tenuto a Milano pochi giorni fa per festeggiare un anno di attività, nel quale, come ha detto il presidente di IDA Emmanuel Becker (nella foto), l’associazione è arrivata a 83 iscritti.
L’evento si è aperto con una tavola rotonda dedicata al Cloud in cui manager italiani dei tre principali hyperscaler – AWS, Google e Microsoft – hanno sottolineato gli investimenti delle loro aziende degli ultimi anni per costituire delle Region italiane di data center (ne abbiamo parlato qui, qui e qui). Investimenti trainati dalla forte crescita del mercato Cloud italiano, e dalle esigenze di riduzione della latenza per molte applicazioni mission critical, e di residenza dei dati in Italia o nella UE.
Almeno 12-15 mesi dall’acquisto del terreno all’attivazione del primo cliente
Citiamo in particolare l’intervento di Tiziano Durante, Data Center Lead italian region di Microsoft, perché riassume bene il tema della permessistica, più volte richiamato durante l’evento: “Microsoft ha fatto la scelta forte di costruire in proprio gran parte dei data center della sua Region italiana. È un mondo completamente nuovo di burocrazia e relazioni: al momento ci vogliono almeno 12-15 mesi dall’acquisizione del terreno all’attivazione del primo cliente. Occorre una collaborazione forte tra operatori del settore e istituzioni per definire regole precise e snellire le procedure”.
Un caso virtuoso di risposta istituzionale è quello del Comune di Settimo Milanese: “Sul nostro territorio una ex area Italtel di 225mila mq è stata convertita nel più grande campus di data center della regione milanese, che ospita diversi operatori”, ha spiegato la sindaca Sara Santagostino. “Il piano è partito nel 2015 ed è stato concretizzato da una serie di piani attuativi: sempre restando entro la normativa vigente ci siamo inventati delle regole urbanistiche perché non c’era niente di pronto”.
Settimo Milanese, dal campus di data center benefici per 13 milioni
C’è un forte contrasto tra i tempi della burocrazia pubblica e le necessità degli operatori, conferma Santagostino: “Occorre una normativa basata sulle esperienze territoriali, che parta da ciò che è stato già fatto, e collaborazione tra operatori diversi, anche se concorrenti, e tra operatori e istituzioni. La posta in palio a livello nazionale è molto alta, se teniamo conto che Settimo Milanese è un comune di 20mila abitanti, e che dal 2021 al 2027, quando finiranno le realizzazioni previste di data center, incasserà 13 milioni di euro”.
Altro tema ricorrente è stato l’accesso alle forniture di energia, che per i data center è fondamentale, tanto da essere uno dei principali requisiti per la scelta dei siti dove costruirli. Molti dati interessanti sono emersi nell’intervento di Enrico Maria Carlini, Grid Planning, Interconnections and Permitting Director di Terna: “Il fabbisogno di energia in Italia nel 2021 è stato di 340 TWh, di cui il 38% proviene da fonti rinnovabili, ma nel 2030 prevediamo un fabbisogno record di 355 TWh, di cui due terzi provenienti da fonti rinnovabili”.
Il piano 2023 di sviluppo della rete Terna, ha detto Carlini, prevede investimenti per 21 miliardi nei prossimi 10 anni, e nella pianificazione della rete, la domanda dei data center è un fattore sempre più rilevante. Secondo i dati di Terna, nel 2022 sul territorio nazionale la richiesta di potenza elettrica in prelievo è stata di 6,43 GW, in aumento del 41%. Oltre il 28% di questa richiesta proviene dai data center, percentuale che in Lombardia sale addirittura al 67%.
Proprio il ruolo preponderante della Lombardia nel mercato italiano dei data center è stato un altro dei temi dell’evento IDA, anche se negli ultimi mesi sono arrivati diversi segnali positivi anche da Roma e dal Sud (ne abbiamo parlato qui, qui e qui).
Francesco Vassallo, Vicesindaco della Città Metropolitana di Milano, ha spiegato che ben il 60% delle richieste di data center in Italia (30 su 50) si concentra appunto nell’area metropolitana di Milano, mentre Pavia, che ha già tre data center attivi e due in arrivo, si sta trasformando “in una terra di dati, talenti e comunicazione”, ha detto il presidente della provincia Giovanni Palli.
IDA al lavoro su riconoscimento, energia, permessistica, sostenibilità e formazione
A conclusione dell’evento, Becker di IDA si è soffermato sui risultati 2023 e sul piano 2024 dell’associazione. “Quest’anno abbiamo raggiunto quota 83 iscritti, stretto accordi con 5 associazioni estere di data center, organizzato o preso parte a una quindicina di iniziative ed eventi, e soprattutto abbiamo costituito 5 gruppi tecnici sui temi più importanti per i nostri associati”.
Più in dettaglio, il primo gruppo si occupa del riconoscimento del settore, cioè di promuovere i data center e i benefici che portano a cittadini, imprese e territori. “Al momento pochissimi, al di là degli addetti ai lavori, sanno cos’è e come funziona un data center. Il gruppo organizza e partecipa a eventi, e sta creando un documento sui trend tecnici e applicativi che sarà la base di un piano di comunicazione su LinkedIn in partenza a dicembre”.
Il secondo comitato si occupa di energia: “Studia il sistema elettrico sul territorio, la normativa di settore, offerte e tariffe, le modalità per favorire l’accesso dei soci alle forniture energetiche, e in prospettiva anche le opportunità per produrre energia da fonti alternative”.
Poi c’è il gruppo dedicato alla permessistica. “È un tema di cui si è parlato molto, anche in questo evento. Operatori ed enti pubblici devono collaborare per accelerare gli iter burocratici: parliamo di investimenti dell’ordine dei miliardi a livello nazionale, è una questione di competitività nazionale nei confronti di paesi, per esempio Spagna e Polonia, che stanno creando velocemente situazioni favorevoli per gli investimenti”.
“Non c’è un’industria che investa così tanto sulla sostenibilità”
Il comitato con il più alto numero di partecipanti, continua Becker, è dedicato alla sostenibilità. “Vogliamo tradurre in obiettivi, pratiche e processi l’esigenza di migliorare continuamente le prestazioni ambientali e gli impatti sociali dei data center, puntando sull’innovazione per superare i preconcetti. Non c’è un’industria che investa così tanto per diventare più sostenibile”.
Infine il comitato per l’education. “Nei data center abbiamo decine di mestieri, alcuni classici, come amministrazione e vendite, poi tutti quelli per la progettazione e costruzione, dall’architetto al muratore, e infine quelli per far funzionare le varie infrastrutture: informatiche, elettriche, di raffreddamento, di sicurezza. Tutti richiedono competenze specializzate, con prospettive interessanti perché un data center dura almeno vent’anni”.
Per rispondere alla carenza di queste risorse, soprattutto in Lombardia, IDA punta sul legame con il mondo accademico (“lavoriamo con università e istituti tecnici in tutta Italia per introdurre corsi nei curriculum formativi”) e sulla comunicazione, “per proporre i data center come alternativa a professionisti di altri settori, magari in crisi, come alcuni comparti dell’industria”.
“Attraverso questi gruppi di lavoro vogliamo continuare a impegnarci sulle aree chiave del settore, anche attraverso un’analisi di mercato più completa di quelle fatte finora in Italia. Comunicazione, networking e relazioni istituzionali sono i tre fronti principali su cui IDA lavorerà nel 2024”.