Intel starebbe valutando varie misure strutturali, tra cui la vendita di società del gruppo e ridimensionamenti degli investimenti nelle nuove fabbriche, per affrontare la crisi di risultati che ha fatto crollare la capitalizzazione dell’azienda sotto i 100 miliardi di dollari, contro i 3mila miliardi di Nvidia.

Secondo diverse fonti, Intel avrebbe incaricato consulenti e banche d’affari, tra cui Goldman Sachs e Morgan Stanley, di presentare proposte e opzioni a supporto di un piano di ristrutturazione che dovrebbe essere presentato dal CEO Pat Gelsinger in un consiglio di amministrazione verso la metà di settembre.

Un primo pacchetto di interventi, che prevede tagli di costi per 10 miliardi, tra cui 15mila esuberi (Intel ha circa 100mila dipendenti), e lo stop ai dividendi, era già stato reso pubblico esattamente un mese fa.

“Il nostro fatturato non è cresciuto secondo le attese, e non abbiamo ancora iniziato a beneficiare completamente di trend fondamentali come l’AI. I nostri costi sono troppo alti, i nostri margini troppo bassi”, aveva scritto allora Gelsinger ai dipendenti.

“RIspetto al 2020, il nostro fatturato è di 24 miliardi inferiore (54,2 miliardi nel 2023, contro 77,9 nel 2020, ndr) ma il numero di dipendenti è del 10% superiore: questo è successo per molte ragioni, ma non è più sostenibile”.

Intel è stata per anni la leader indiscussa del settore dei chip, con enormi profitti, ma secondo gli analisti il declino è iniziato quando ha perso il treno dei chip per gli smartphone, e si è aggravato perché non ha investito abbastanza velocemente sull’AI. Per questo da tempo sta affrontando una concorrenza sempre più agguerrita, sia sul mercato delle infrastrutture per data center (Nvidia, AMD, i produttori delle CPU ARM), sia su quello dei pc (AMD, Qualcomm).

Inoltre ha perso diversi grandi clienti che si sono convertiti alla progettazione interna delle specifiche per i chip, tra cui AWS e Apple.

Un altro fattore determinante dell’attuale situazione di Intel è il ritardo dei ritorni degli enormi investimenti nella produzione fatti negli ultimi anni, al fine di costruire nuove fabbriche per ammodernare i processi, raggiungere masse critiche più competitive rispetto ai leader del settore (a cominciare da TSMC e Samsung) e attivare un business di produzione per conto terzi (contract manufacturing) chiamato Intel Foundry.

Foundry nel 2023 ha fatto segnare perdite operative per 7 miliardi, e negli ultimi due trimestri di oltre 5 miliardi, cosa che ha spinto alcuni azionisti a fare causa alla società accusando il top management di avere fornito informazioni non accurate sul reale stato di salute della divisione.

Questa situazione ha portato Intel a risultati deludenti negli ultimi trimestri, in particolare l’ultimo, in cui ha registrato perdite nette per 1,6 miliardi, che hanno innescato il piano di tagli di costi per 10 miliardi accennato sopra.

Dall’inizio dell’anno, Intel ha perso oltre il 50% del suo valore in borsa, cosa che ne fa uno dei titoli “worst performer” dell’indice S&P 500, mentre Nvidia in questo momento è il “best performer”. Al momento Intel è classificata al quindicesimo posto del mercato dei semiconduttori per capitalizzazione di borsa, dietro non solo a Nvidia ma anche a TSMC, Broadcom, Samsung, AMD, Qualcomm e ARM.

L’azienda sta facendo grandi sforzi per recuperare competitività investendo come detto nel rinnovamento dei processi di produzione, e nello sviluppo di nuovi prodotti. Intanto però la situazione finanziaria richiede interventi immediati. Diverse indiscrezioni stanno circolando sulle misure che Intel potrebbe annunciare nel CdA di metà settembre.

Secondo CRN il piano prevede anche un taglio del 35% dei costi del Sales & Marketing Group, che tra l’altro gestisce i programmi di canale e i rapporti con i partner.

Inoltre Gelsinger potrebbe annunciare una riduzione degli investimenti nelle nuove fabbriche, e in particolare un ulteriore rinvio, o addirittura la cancellazione, del progetto per costruire uno stabilimento da 32 miliardi in Germania.

Altri interventi di grande impatto riguarderebbero le vendite di alcune attività. Bloomberg al proposito cita proprio Intel Foundry, che in effetti è stata scorporata come società a se stante nel gruppo Intel dall’inizio di quest’anno.

Reuters invece esclude che Foundry sarà venduta, almeno per ora, e indica invece come candidata per un’immediata vendita Altera, la divisione di chip programmabili. Nata dall’acquisizione della realtà omonima nel 2015 per 16,7 miliardi, Altera è stata ricostituita anch’essa come società a se stante dallo scorso gennaio.

Il piano originario era di quotarla in borsa, rendendo così flottante una quota di minoranza, ma a questo punto Altera potrebbe essere venduta a un altro produttore di chip: uno dei candidati secondo le fonti di Reuters è Marvell.

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