Salesforce spiega la sua IA: “È nel Trust che vogliamo fare la differenza”
Al suo evento Dreamforce di qualche settimana fa, Salesforce ha fatto due annunci fondamentali nella sua strategia di intelligenza artificiale (IA), di cui abbiamo parlato in questo articolo. Si tratta della nuova “trusted platform” Einstein 1 e di Einstein Copilot, un nuovo assistente AI conversazionale che farà parte di tutte le soluzioni Salesforce.
Nei giorni scorsi il management di Salesforce Italia è tornato su questi annunci in occasione della presentazione alla stampa della nuova country leader per l’Italia Vanessa Fortarezza, entrata in carica ufficialmente proprio ieri.
Il problema “AI Trust Gap”
“Salesforce ha avviato il primo team di ricerca sulla IA nel 2014, e nel tempo ha pubblicato 300 brevetti e 227 ricerche”, ha detto la country leader. “Ci sono 4 stadi di evoluzione della IA di Salesforce: predictive (già dal 2016), generative (in corso), autonomous & agents (quando l’IA sarà in grado di avere percezioni sensoriali e decidere indipendentemente dall’essere umano), e artificial general intelligence, stadio che secondo i nostri team di ricerca richiederà altri 15 anni”.
Sulle enormi opportunità dell’IA per persone, organizzazioni e sistemi Paese ormai è difficile avere dubbi, ha continuato Fortarezza. “Il problema è il cosiddetto “AI trust gap” tra volontà dei CEO (è la priorità numero 1 per loro) e dubbi dei consumatori: il 52% di loro non ritiene sicura la IA per tanti motivi, tra cui il pericolo che gli LLM utilizzino dati sensibili senza autorizzazione, le allucinazioni dell’IA, i bias, le tossicità”.
Per questo Salesforce, dopo una prima fase sperimentale (Einstein GPT), nel mettere a punto la sua piattaforma fondativa per l’IA generativa Einstein 1 ha puntato soprattutto sul concetto di fiducia (trust).
I tre pilastri di Einstein 1
“Il Chief Scientist di Salesforce è un italiano, Silvio Savarese, che è a capo anche dell’ufficio per l’uso etico del nostro software, e in particolare della IA. I nostri sviluppi si basano su alcuni principi di base come “your data is not our product”, e “you control access to your data”.
Principi su cui quindi si basa anche Einstein 1, che ha tre pilastri: Data Cloud (l’erede di Salesforce Genie, di cui avevamo parlato qui), le app CRM (le componenti della suite Salesforce 360), ed Einstein, il vero e proprio pacchetto di tecnologie AI di Salesforce. “L’interazione tra Einstein e le app CRM avviene attraverso Einstein Trust Layer: è qui che vogliamo fare la differenza”, ha sottolineato Fortarezza.
Andrea Buffoni, Regional Vice President di Salesforce, ha spiegato in dettaglio il funzionamento di Einstein 1. “Un componente fondamentale è Data Cloud, che è il motore di dati hyperscale di Salesforce, con oltre 2mila miliardi di record processati al mese: in pratica serve ad “armonizzare” tutti i dati relativi ai clienti, mappandoli in un data model unico, che siano strutturati e non, in qualunque formato, e anche in altri sistemi, visto che abbiamo accordi in questo senso con diversi altri vendor”.
Einstein Trust Layer: come funziona
Quanto a Einstein Trust Layer, “quando l’utente inserisce un prompt per l’IA generativa attraverso Einstein Copilot, c’è un primo passaggio di verifica dell’utente e della richiesta (data retrieval), poi l’IA prende i dati mappati da Data Cloud nelle app per rispondere, e li fa passare per le fasi di “grounding” e “masking”, quindi li processa con modelli LLM interni o esterni, garantendo che nessun dato sia salvato all’esterno di Salesforce (Zero Retention)”.
Dopo la generazione della risposta, continua Buffoni, c’è una fase di toxicity detection, per individuare e neutralizzare contenuti potenzialmente offensivi, falsi o pericolosi in tempo reale, e infine l’audit trail, cioè la registrazione di ogni passaggio di questo processo, prima di “consegnare” la risposta alla app in cui è stato inserito il prompt, attraverso Copilot.
Il regional VP di Salesforce poi ha spiegato il funzionamento di Copilot con un paio di esempi. Uno è quello di un marketing manager a cui l’IA propone in tempo reale componenti da aggiungere a una mail in funzione del comportamento di un cliente che sta navigando un sito di ecommerce. Un altro è il caso di un agente commerciale a cui l’IA propone un prospect che sta navigando tra i prodotti B2B del sito dell’azienda, quindi gli mostra tutte le informazioni su quel cliente preparate da Data Cloud, e suggerisce di telefonargli, sintetizzando poi la chiamata e corredandola con tre possibili azioni.
Hyperforce, all-in sul cloud pubblico: “Dismetteremo i data center”
Tornando a Vanessa Fortarezza, è in Salesforce da quasi 9 anni, dopo averne trascorsi più di 12 in Microsoft, e si è sempre occupata del mondo enterprise, tranne l’ultimo anno in cui è stata responsabile Sud Emea Public Sector.
“Settore in cui Salesforce Italia è attiva con una vera e propria business unit solo da un paio d’anni, ma ha già all’attivo clienti tra cui Istat, Sogei, Agenzia delle Entrate, CDP e Ministero del Lavoro”, ha detto Fortarezza, che ha ricordato anche l’impegno della filiale sulla formazione di competenze digitali (“in Italia abbiamo 50mila iscritti alla nostra piattaforma di formazione Trailhead”), con iniziative come Digital Career Factory, insieme a partner italiani e università, e Generation Italy con McKinsey.
Infine un accenno anche agli ultimi sviluppi di Hyperforce, l’architettura per gestire e utilizzare le soluzioni Salesforce in cloud. “L’abbiamo riscritta per girare anche su cloud pubblici, ci sono voluti 4 anni. Il primo accordo con un hyperscaler è stato con AWS, giriamo anche nel data center di Milano di AWS, anche se per ora non c’è la garanzia che il supporto tecnico sia basato nell’Unione Europea”.
Salesforce ha quindi abbandonato l’idea di proporre un “cloud pubblico proprietario”. “Abbiamo un piano di dismissione dei data center”, conclude Fortarezza. “Siamo troppo grandi per occuparci di costruire e gestire data center, per cui ci affidiamo a partner che ci garantiscano scalabilità, sicurezza, e tutti i punti di forza tipici degli hyperscaler. Andremo incontro anche ai clienti che non hanno investito su AWS: faremo accordi anche con altri hyperscaler”.