Intelligenza Artificiale, in Italia vale 300 milioni: nell’anno della pandemia è cresciuta del 15%

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il 53% delle aziende medie e grandi ha almeno una soluzione, e il 94% dei consumatori ha almeno sentito parlare di AI. I dati dell'Osservatorio AI del Politecnico di Milano

Il mercato italiano dell’intelligenza artificiale ha risposto bene all’emergenza sanitaria, segnando una crescita del 15% rispetto al 2019 e raggiungendo un valore di 300 milioni di euro, di cui il 77% commissionato da imprese italiane (230 milioni) e il 23% come export di progetti (70 milioni). La spesa è trainata dalla componente dei software, che vale il 62% del mercato; i servizi valgono il 38%, mentre rimane marginale la componente hardware.

Nonostante i problemi di budget dovuti alla pandemia siano stati una forte barriera (indicata dal 35% delle aziende) alla diffusione di soluzioni di IA, queste sono ormai presenti nel 53% delle imprese medio-grandi italiane e sono cresciute le realtà che hanno in corso progetti pienamente operativi, passate dal 20% del 2019 all’attuale 40%.

Negli ultimi dodici mesi l’intelligenza artificiale ha attirato un crescente interesse da parte delle istituzioni: è stata pubblicata la Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale, sono state poste le basi per la nascita dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A) e l’IA è stata citata nel piano europeo per la ripresa come una delle tecnologie chiave per il rilancio dell’economia e la trasformazione digitale. Ed è ormai un concetto noto anche ai consumatori, con il 94% che ha sentito parlare almeno una volta di IA e il 51% che ha utilizzato prodotti e servizi con funzionalità di intelligenza artificiale.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, presentata ieri.

“La resilienza mostrata dal settore IA durante l’emergenza permette di guardare al 2021 con ottimismo, così come positivi sono gli sforzi a livello europeo per definire delle linee guida che regolamentino lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale” ha affermato Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence. “La Commissione Europea ha pubblicato un white paper che ha posto le basi per la tutela dei diritti dei consumatori, mentre lo scorso ottobre il Parlamento Europeo ha adottato tre risoluzioni che riguardano rispettivamente gli aspetti etici, il tema della responsabilità civile e i diritti di proprietà intellettuale relativi a robotica e IA. Non sono atti vincolanti, ma è una prima presa di coscienza del tema e una richiesta alla Commissione Europea di elaborare normative specifiche per disciplinare il settore”.

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Il mercato IA: progetti e investimenti

I progetti di IA che attirano più investimenti sono gli algoritmi per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Intelligent Data Processing), che coprono il 33% della spesa (+15%). Seguono le soluzioni per l’interpretazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing) con il 18% del mercato (+9%), gli algoritmi per suggerire ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation System) con un’incidenza del 18% (+15%) e le soluzioni con cui l’IA automatizza alcune attività di un progetto e ne governa le varie fasi (Intelligent Robotic Process Automation), che valgono l’11% della spesa (+15%).

Il restante 20% del mercato è suddiviso equamente fra Chatbot e Virtual Assistant (10%), che sono i progetti con la crescita più significativa (+28%), e le iniziative di Computer Vision (10%, +15%), che analizzano il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione. Il settore più attivo come investimenti in soluzioni di IA è la finanza (23%), seguita da energia/utility (14%), manifattura (13%), telco e media (12%) e assicurazioni (11%).

L’IA nelle imprese

Più di metà delle 235 imprese medio-grandi italiane analizzate dall’Osservatorio ha attivato almeno un progetto di IA nel corso del 2020. Ma emergono differenze notevoli fra le grandi imprese, dove queste iniziative sono presenti nel 61% dei casi e si concentrano sulla crescita organizzativa e culturale oltreché sulla valorizzazione dei dati e lo sviluppo di algoritmi, e le medie aziende, che appaiono ancora poco mature e hanno progetti attivi solo nel 21% dei casi. Il 91% del campione ha un giudizio positivo sulle iniziative di IA, con risultati sopra (45%) o in linea (46%) con le aspettative; solo il 9% sperava in risultati migliori.

La pandemia non ha frenato il percorso di avvicinamento all’IA delle imprese, ma ha comunque ridotto le risorse disponibili. La diminuzione del budget è stata la principale barriera all’adozione delle soluzioni di IA, indicata dal 35% del campione, soprattutto nelle realtà più piccole e nei settori più colpiti come la manifattura. Gli altri ostacoli più rilevati dalle aziende sono lo scarso impegno del top management (34%), la limitata cultura digitale aziendale (26%) e la difficoltà a definire come applicare l’IA all’interno del business (26%).

Il mercato consumer

L’AI è ormai nota a quasi tutti i consumatori italiani (il 94% ne ha sentito parlare almeno una volta) e la maggioranza ne ha una concezione corretta, legata all’automazione di specifici compiti (65%), alla guida di veicoli senza l’intervento umano (60%), all’interazione fra uomo e macchina (58%) e al ragionamento logico (40%).

Oltre metà degli utenti (il 51%) ha già utilizzato prodotti e servizi che includono funzionalità di intelligenza artificiale, principalmente assistenti vocali del telefono (65%), altoparlanti intelligenti come gli smart home speaker (62%) e sistemi che forniscono suggerimenti sui siti di eCommerce (58%). Il giudizio complessivo sull’IA è positivo per l’83% degli utenti intervistati, percentuale che sale al 91% se si considerano gli utilizzatori di prodotti e servizi con funzionalità IA.

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Iconsulting, “puntiamo a primeggiare nell’analytics consulting in Italia”

iConsulting Formisano e Piva
Da BI e data warehouse a big data e advanced analytics, la società emiliana vuole accelerare crescita e investimenti, anche grazie alla partnership con AWS

“Potenziare le aziende clienti valorizzando il principale e più abbondante asset del mercato odierno: i dati”. Così presenta la propria mission Iconsulting, società di consulenza e system integration che non a caso si definisce “data driven transformation company”.

Fondata vent’anni fa da un gruppo di ricercatori universitari a Bologna, e arrivata a oltre 1000 progetti realizzati presso 150 clienti – tra cui Barilla, Calzedonia, Coop Italia, Diesel, Ducati, Sky Italia, Technogym – Iconsulting nel 2020 ha registrato importanti novità. Tra queste la nomina ad amministratore delegato di Giovanni Ciarlariello – proveniente da Sky Italia, dove era Chief Media Digital and Data Officer, e con esperienze manageriali in Google, ING Direct e McKinsey – e l’assegnazione da parte di Amazon Web Services dell’AWS Award 2020, insieme ad altri quattro partner italiani. Di tutto questo abbiamo parlato con Alfredo Formisano e Riccardo Piva, rispettivamente Senior Manager e Industry Leader per il settore manifatturiero, e Alliance Manager di Iconsulting.

Quali sono i principali numeri e aree di attività di Iconsulting oggi?

Il core business è nelle soluzioni di analytics e advanced analytics. Lavoriamo per lo più sul mercato italiano, con qualche progetto all’estero, soprattutto nel Regno Unito, e con clienti per lo più medi e grandi. A oggi siamo circa 240 consulenti, il fatturato l’anno scorso è stato di 24 milioni di euro, il quartier generale è a Bologna, con altre sedi a Milano, Roma, e sede commerciale a Londra. Non abbiamo una industry di riferimento, lavoriamo per tutti i settori, e negli ultimi 2 anni abbiamo sviluppato competenze di eccellenza negli ambiti blockchain, object detection, e image recognition.

Quali sono i vostri principali obiettivi strategici per il 2021?

La cosa più importante è la nomina dell’amministratore delegato. Questa è un’azienda non grande, ma abituata a lavorare con aziende grandi e l’obiettivo è sempre stato di eccellere in alcuni specifici ambiti. Quindi su una base di ottime competenze tecnologiche si innesta ora un management strutturato con piani strategici a 3 e 5 anni con cui vogliamo darci una organizzazione più strutturata, e accelerare crescita e investimenti. Per crescita si intende un 20-25% annuo, rispetto al 15-20% degli ultimi anni. Gli investimenti per noi significano soprattutto competenze da acquisire sul mercato, assunzioni su vari livelli. L’obiettivo ultimo è diventare il punto di riferimento nel panorama delle realtà italiane di analytics consulting.

Ci sono dei particolari settori o aree tecnologiche su cui state puntando di più?

Sui sistemi analitici tradizionali, data warehouse e business intelligence, che in questo periodo vengono trasportati da architetture on-premise al cloud, siamo fortissimi: buona parte del business si basa su questo. Poi c’è l’area big data e advanced analytics, che svilupperemo basandoci sulle tecnologie AWS e cercando di creare delle eccellenze, per esempio manifatturiero, customer data platform, unica vista del consumatore finale, image recognition. L’azienda ha sempre dato molta importanza alla crescita organica, ma ci sono aree in cui non ci si può inventare esperti in poco tempo, e quindi dovremo fare investimenti. Quanto ai settori, il mercato parla chiaro. In questo momento banche, assicurazioni e farmaceutico sono quelli che offrono maggiori opportunità. Sono mercati che già presidiamo, ma dove possiamo ancora crescere in modo importante.

Quanto conta il cloud nel business di Iconsulting?

Lavoriamo sulle principali tecnologie di mercato, sia on-premise che cloud, ma il cloud incide per circa l’80% sul nostro business. Nel cloud i tre partner principali sono AWS, Microsoft Azure, e Google, con incidenze rispettivamente di circa il 50%, il 40% e il 10% di questa parte del business.

A proposito di AWS, come avete ottenuto l’award come Social Impact Partner 2020 per l’Italia?

L’abbiamo ottenuto grazie alla nostra soluzione di Object Detection, che permette di monitorare il distanziamento tra le persone e ridurre il rischio di contagio da Covid-19 in luoghi pubblici e di lavoro, individuare eventuali aree critiche e progettare adeguatamente gli spazi. È sviluppata e integrata totalmente con i servizi AWS, ed è stata implementata in CeMeDI, un centro medico privato specialistico e diagnostico di Torino. È una soluzione che nasce da lontano, dalla nostra esperienza di sviluppo di soluzioni di image recognition per il monitoraggio delle macchine in ambito manifatturiero, iniziata anni fa. Poi abbiamo investito per convertirla all’uso per l’emergenza sanitaria e abbiamo ricevuto importanti riscontri da diversi clienti.

Ci sono molte soluzioni oggi per la messa in sicurezza dei posti di lavoro attraverso le telecamere, ma la nostra usa il dato in un modo più aperto. La telecamera traccia tutto ciò che c’è all’interno dello spazio che sta monitorando – ambiente produttivo, ufficio, ospedale – e crea uno storico di dati che può essere usato per ottimizzarne il layout e il design.

Quale importanza ha per Iconsulting il fare parte dell’ecosistema italiano di AWS?

In questo momento abbiamo almeno 30 persone che stanno lavorando a progetti basati su tecnologie AWS a tempo pieno, e altri a tempo parziale. Proprio in questi giorni stiamo avviando un piano di certificazioni e upgrade: prevediamo di arrivare a 20-25 persone certificate entro l’anno rispetto alle circa 10 che abbiamo oggi. Uno dei punti positivi della partnership con AWS è il rapporto continuo. Strumenti come l’APN Partner Portal, al quale in Iconsulting accedono tutti coloro che sono coinvolti in progetti su tecnologie AWS, ci permettono di essere sempre aggiornati sia a livello tecnologico che metodologico. E poi c’è il contatto diretto con i vari solution architect o account manager di AWS Italia, che ci aggiornano non solo sui progetti ma sull’evoluzione del mondo dati in ambito cloud.Una cosa particolarmente apprezzabile di questa partnership è che non c’è una pressione sull’overselling da parte di AWS, non bisogna per forza vendere a tutti i costi. Lavorando anche con altri vendor sappiamo che questa cosa non è scontata.

Potete citare un vostro progetto recente particolarmente innovativo?

Uno dei progetti più avanzati dell’ultimo anno ha riguardato un’importante multinazionale di elettrodomestici che da circa un anno ha riportato buona parte della sua produzione in Italia, e anche il quartier generale europeo, per sviluppare una business unit dedicata all’IoT. L’idea è di inserire una serie di sensori negli elettrodomestici, che inviano dati a una piattaforma AWS: un’enorme mole di dati su cui basare dei sistemi di analytics avanzati. Sistemi che monitorano l’utilizzo reale degli elettrodomestici per guidare il marketing e la ricerca e sviluppo, ma anche sistemi che ne analizzano il funzionamento per offrire servizi di manutenzione predittiva. Questo è possibile perché oggi siamo in grado di trattare enormi moli di dati destrutturati per produrre analisi che generano output comprensibili al decisore.

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