L’Internet of Things in Italia vale 6 miliardi, in calo del 3% causa Covid
Il mercato Internet of Things (IoT) in Italia ha risentito fortemente dell’emergenza Covid-19, attestandosi a 6 miliardi di euro nel 2020, con un calo del 3% che stride rispetto alle forti crescite degli anni precedenti (+24% nel 2019, +35% nel 2018), ma è in linea con l’andamento dell’IoT nei principali paesi occidentali (fra -5% e +8%), ed è nettamente migliore della performance (-8,9% nel 2020) dell’economia italiana nel suo complesso.
Sono i principali dati dell’edizione 2021 dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, presentati pochi giorni fa. “L’emergenza non ha permesso di replicare nel 2020 il ritmo di crescita degli ultimi anni”, commenta in un comunicato Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio. “Pur in leggera flessione, però, il mercato è in salute e presenta tanti ambiti che sono cresciuti rispetto al 2019, come Smart Agricolture, Smart Factory, Smart Logistics e Smart City”.
Altro segnale positivo è la crescita della componente dei servizi collegati agli oggetti IoT, che è cresciuta del 4% e ormai con 2,4 miliardi di euro rappresenta il 40% del mercato.
Crescite a doppia cifra per Smart Factory e Smart Agriculture
Analizzando il mercato IoT italiano per comparti, il più grande resta lo Smart Metering & Smart Asset Management nelle Utility, che vale 1,5 miliardi di euro (-13%). Nel 2020 sono stati installati altri 2,7 milioni di contatori gas connessi, portando la diffusione al 69% del parco complessivo, e 4,8 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 50% del totale dei contatori elettrici. Seguono la Smart Car, con fatturato di 1,18 miliardi (-2%) e 17,3 milioni di veicoli connessi (il 45% del parco circolante in Italia), e lo Smart Building, che vale 685 milioni (+2%) ed è legato prevalentemente alla videosorveglianza e alla gestione dei consumi energetici nell’edificio.
Il comparto a più forte crescita è la Smart Agricolture (140 milioni, +17%), trainato da soluzioni per monitorare e controllare mezzi e attrezzature agricole, macchinari connessi e robot per le attività nei campi. Cresce anche l’ambito Smart Factory (385 milioni, +10%), la Smart Logistics (610 milioni, +4%), con soluzioni per la gestione delle flotte aziendali e di antifurti satellitari e 1,9 milioni di mezzi di trasporto merci connessi via SIM, e la Smart City (560 milioni, +8%), con un aumento del numero dei progetti avviati dai comuni e i primi esempi di successo di collaborazioni pubblico-privato.
In calo invece, la Smart Home (505 milioni, -5%) e lo Smart Asset Management in contesti non-utility (330 milioni, -20%), legato principalmente al monitoraggio di gambling machine per il gioco d’azzardo, ascensori e distributori automatici.
Industrial IoT, cala il divario tra grandi aziende e PMI
Come emerge da un sondaggio dell’Osservatorio su 102 grandi aziende e 295 PMI italiane, il 94% delle grandi aziende conosce le soluzioni IoT per l’industria 4.0 e il 68% ha avviato almeno un progetto, mentre fra le PMI solo il 41% ne ha sentito parlare e solo il 29% ha attivato iniziative. Tuttavia, nel 2020 il gap è diminuito del 5% in termini di conoscenza e del 6% nella presenza di progetti.
Le applicazioni più diffuse sono di Smart Factory (66% dei casi), soprattutto per il controllo in tempo reale della produzione e dei consumi energetici, e di Smart Logistics (27%), guidate dalla tracciabilità dei beni nel magazzino o lungo la filiera.
L’emergenza ha portato le imprese a rivedere le priorità: nel 2020 solo il 15% delle PMI e il 12% delle grandi aziende ritiene prioritario attivare iniziative di I-IoT, mentre rispettivamente il 25% e il 16% le mettono in secondo piano. Il 22% delle grandi imprese ha aumentato il budget dedicato ai progetti IoT per l’Industria 4.0 (il 14% lo ha ridotto), contro l’11% delle PMI (il 12% lo ha diminuito), mentre un quarto delle grandi imprese e un terzo delle PMI rimandano la decisione ai prossimi mesi.
“Il mercato si sta progressivamente spostando dalla vendita del solo hardware alla vendita di servizi aggiuntivi: 3 aziende su 4 che hanno avviato progetti di questo tipo, fra cui spiccano i servizi di tipo informativo (84%, come le notifiche push in caso di evento avverso), e quelli per l’energy management (45%)”, spiega nel comunicato Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio. “Per attivare questi servizi occorre saper analizzare, gestire e valorizzare i dati raccolti da impianti e macchinari connessi, capacità che però è ancora scarsa sia nelle grandi aziende (solo il 38% usa i dati) sia nelle PMI (39%)”.
Smart City, cresce l’interesse ma anche l’incertezza
Nel 2020 l’89% dei comuni italiani con più di 15mila abitanti considera la Smart City un tema rilevante (+9%) e per il 47% l’emergenza lo ha reso ancora più prioritario. La situazione sanitaria ha stimolato l’avvio di nuovi progetti non pianificati in precedenza (16%), ma ha anche generato incertezza nelle decisioni (37%), con il 4% dei comuni che ha rallentato i progetti già programmati.
Il 59% dei comuni ha attivato almeno un’iniziativa di Smart City nel triennio 2018-2020, contro il 42% del periodo 2017-2019, ma il 46% dei progetti analizzati è ancora in fase pilota. Più di un comune su due ha avviato programmi stabili estesi all’intera area urbana coinvolgendo anche altre municipalità e attori terzi, ma solo l’11% di questi progetti è coordinato da un gruppo esteso di municipalità, mentre il 35% è realizzato dal singolo comune.
La principale barriera all’avvio di progetti di Smart City è ancora la mancanza di competenze (+7% sul 2019), seguita dalle scarse risorse finanziarie (+8%), che si riflette nella capacità di usare i dati: il 65% dei comuni ha iniziato a raccoglierli ma solo nel 14% dei casi condividendoli con altre società pubbliche o private, un terzo non li usa e il 29% non ha intenzione di farlo nemmeno in futuro.
Il 35% dei comuni collabora con le aziende municipalizzate ai progetti di Smart City, il 32% con le forze dell’ordine, il 26% con università e centri di ricerca. In prospettiva, i comuni guardano soprattutto ad altre municipalità limitrofe (40%), startup innovative (32%) e fornitori di servizi (28%).
“Per trasformare le città italiane in Smart City è necessaria una più stretta collaborazione fra pubblico e privato”, commenta Salvadori. “La creazione di un ecosistema con più attori pronti a scambiarsi dati, asset e competenze è una delle principali leve da sfruttare”.
Specifiche tecniche del 5G, lavori in corso
Sono 93 milioni le connessioni IoT attive in Italia, di cui 34 milioni su reti cellulari (+10%) e 59 milioni abilitate da altre tecnologie, come Wi-Fi e ZigBee (+15%). Tra queste, le reti Low Power Wide Area (LPWA) hanno raggiunto un milione di connessioni (+100%), e guidano l’evoluzione tecnologica del mondo IoT. “Queste tecnologie in banda non licenziata sono sempre più adottate per lo sviluppo di soluzioni IoT, in virtù di una maturità tecnologica che si sta consolidando e che è oggi riconosciuta anche dagli enti regolatori a livello nazionale”, spiega Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio IoT.
Proseguono anche i lavori di definizione delle specifiche tecniche del 5G (vedi grafico in fondo all’articolo) a opera del 3rd Generation Partnership Project (3GPP), il consorzio che cura la standardizzazione delle tecnologie cellulari, in particolare per l’introduzione del supporto alle applicazioni safety critical e industriali. Occorrerà aspettare almeno un anno dal rilascio delle specifiche tecniche, inizialmente previste a giugno 2020 e posticipate al 2021, prima di assistere al lancio di prodotti commerciali.