Capacità di innovazione, “in Italia quadro fortemente negativo”
A che punto è l’Italia nella capacità di favorire e sostenere l’innovazione? Piuttosto indietro: al 24° posto su 37 paesi ad alta performance innovativa. Questo il responso del Teha-GII, il Global Innosystem Index di The European House – Ambrosetti (Teh-Ambrosetti), la cui seconda edizione è stata presentata pochi giorni fa a Stresa.
Rispetto alla precedente edizione del 2020, Teh-Ambrosetti ha ampliato il suo Global Innosystem Index – sia in termini di paesi analizzati, saliti da 22 appunto a 37, sia in termini di KPI. I KPI infatti sono quasi raddoppiati, da 16 del 2023 a 30 del 2024, e raggruppati in 5 dimensioni: Human Capital, Financial Resources for innovation, Innovative Ecosystem, Actractiveness of Ecosystem, Effectiveness of Innovative Ecosystem (vedi in fondo all’articolo).
Il risultato è che nel Teha-GII 2024 l’Italia rimane tra gli ultimi Paesi per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione, in notevole ritardo rispetto a Paesi come Regno Unito, Svizzera, Germania e Francia.
Al primo posto c’è Singapore (uno dei paesi new entry nel campione), con punteggio di 5,41 (in una scala da 1 a 10), al secondo Israele (5,21) al terzo l’Estonia (5,17). Seguono, a completare la Top 10, nell’ordine Finlandia, USA, Svezia, Corea del Sud, Regno Unito, Belgio e Svizzera.
La Germania è al 12° posto, la Francia al 17° e l’Italia appunto al 24°, con 3,19 punti, precedendo Spagna, Grecia e Cina e perdendo un posto rispetto al Teh-Ambrosetti-GII del 2020 (che è stato opportunamente ricalcolato per consentire un confronto omogeneo con l’indice di quest’anno).
I punti di forza dell’Italia: brevetti, pubblicazioni, export hi-tech
Il quadro “fortemente negativo” della situazione italiana secondo Teh-Ambrosetti si evidenzia ancora meglio scendendo nel dettaglio delle cinque dimensioni di cui si compone l’indice.
L’Italia si classifica infatti 32ª per l’ecosistema dell’innovazione, 28ª per capitale umano, e 24ª per attrattività dell’ecosistema. Sulla dimensione “risorse finanziarie a supporto dell’innovazione” il nostro paese si colloca invece al 22° posto, mentre la dimensione su cui siamo messi meglio è l’efficacia dell’innovazione dell’ecosistema, che comprende KPI come il numero di brevetti per abitante, le pubblicazioni dei ricercatori e la percentuale di prodotti hi-tech nelle esportazioni.
“L’Italia è infatti leader per la qualità della propria ricerca accademico-scientifica, misurata dalle pubblicazioni e dalle citazioni per ricercatore, e per tasso di successo dell’attività brevettuale, ma deve migliorare nella creazione delle condizioni necessarie per favorire l’innovazione”, commenta Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di Teh-Ambrosetti. “Se l’Italia si allineasse alle performance dei Top5 Paesi EU nelle variabili relative alle risorse dedicate alla ricerca e sviluppo, al capitale umano e all’attrattività degli investimenti esteri, raggiungerebbe la 12esima posizione nel ranking”
C’è molto da fare, quindi, per migliorare la capacità di innovazione dell’Italia. Teh-Ambrosetti suggerisce di partire da quattro aree: capitale umano, ricerca e sviluppo, facilità nel fare impresa, e attrattività del Paese, sia in termini di investimenti dall’estero che di prodotti tech da esportare.
Quattro proposte: dalla ricerca e sviluppo alla presidenza italiana del G7
Più in dettaglio, sulla base dei risultati del rapporto e di un’indagine condotta su 88 imprese italiane del suo Teha Club, Teh-Ambrosetti ha sviluppato quattro proposte per dare una spinta all’innovazione in Italia.
1) Aumentare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo. In Italia solo l’1,45% del PIL viene allocato per la ricerca, il budget che deriva dal settore pubblico è ancora troppo limitato (1,18% è destinato alla Ricerca e Sviluppo) e, nonostante i ricercatori italiani siano i secondi più premiati in Europa dai bandi di eccellenza ERC, l’Italia è al quarto posto tra i Paesi che ospitano i programmi di ricerca premiati. È necessario allinearsi quantomeno al 3% di spesa in rapporto al PIL, target definito dall’Unione Europea e che l’Italia non ha ancora raggiunto. Inoltre, occorre migliorare i finanziamenti e l’accesso agli incentivi per le imprese che investono in innovazione e tecnologie, stimolando in particolare gli investimenti in beni immateriali previsti dal piano Transizione 4.0. Infine, finanziare e creare programmi di ricerca di lungo periodo permette di rendere il sistema di ricerca nazionale più attraente e minimizzare la fuga di cervelli.
2) Migliorare i processi di trasferimento tecnologico e rendere l’Italia un paese per “unicorni”. In Italia, nel 2023, gli investimenti dedicati a startup e scaleup (Private Equity e Venture Capital) sono sensibilmente diminuiti, da 23,7 a 8,2 miliardi di euro. Sono nati solo 3 “unicorni” su un totale di 109 in Europa e i TTOs (Technology Transfer Offices), che giocano un fondamentale ruolo nell’innovazione, sono ancora sottodimensionati. Il nostro Paese deve introdurre meccanismi per ridurre il divario tra ricerca e sviluppo e bisogni del mercato, facilitare la creazione di startup rendendo più semplice accedere ai finanziamenti, e rafforzare i TTOs.
3) Sfruttare la presidenza italiana del G7 e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Sfruttando questa opportunità, l’Italia potrà guidare lo sviluppo di modelli di governance che rispettino i principi di fiducia, sicurezza e trasparenza. Contestualmente, è necessario migliorare l’educazione STEM e supportare l’uso dell’IA nelle aziende, allineandoci con la media europea (In Italia solo il 5% delle imprese utilizza l’IA vs 8% media UE).
4) Lanciare un New Deal delle competenze per creare una società sostenibile e digitale. Oltre la metà delle aziende italiane ha difficoltà a reperire risorse con adeguate skill e la percentuale di laureati STEM è solo del 21,1% rispetto al totale dei laureati. Si stima che l’Italia abbia bisogno di formare oltre 2 milioni di dipendenti con competenze digitali di base entro il 2026 per stare al passo con il mercato. È fondamentale definire nuovi programmi per insegnare le competenze digitali lungo tutto il percorso di formazione e corsi digitali ad hoc negli Istituti Tecnici Superiori (ITS), in particolare quelli essenziali per specializzarsi nelle professioni della Data Economy. Nelle Università bisogna potenziare le lauree professionalizzanti anche con nuovi percorsi di studio legati alla transizione digitale ed ecologica, mentre nel mondo del lavoro occorrono meccanismi di aggiornamento continuo delle competenze dei lavoratori (Lifelong Learning).
Innovazione e regioni europee: Lombardia al 39° posto
Teh-Ambrosetti ha anche presentato l’edizione 2024 del Teh-Ambrosetti-RII, che valuta la capacità di 242 regioni europee di supportare l’innovazione. La Lombardia è la regione italiana che si piazza meglio (39° posto), guadagnando 4 posizioni rispetto al 2020, seguita da Provincia Autonoma di Trento (48° posto), Lazio (49°) ed Emilia-Romagna (76° posto), ma in generale, le Regioni italiane risultano molto al di sotto delle top 10 regioni classificate in quasi tutti gli indicatori di performance considerati.