I dazi americani spaventano e confondono il mercato ICT globale

L’annuncio del presidente USA Donald Trump di nuovi dazi doganali su beni importati dalla Cina ha scatenato un’ondata di incertezza nel settore tecnologico, colpendo direttamente produttori, distributori e fornitori di soluzioni IT. Wallace Santos, CEO dell’assemblatore di PC Maingear con sede nel New Jersey intervistato da CRN, è stato tra i primi a essersi mosso per evitare i rincari, spostando l’assemblaggio dei suoi laptop gaming dalla Cina a Taiwan. Tuttavia, questa decisione ha portato a ritardi nel lancio dei nuovi prodotti dotati di GPU Nvidia RTX 5000 e a un aumento dei costi pari a circa 70 dollari per unità, a causa delle maggiori spese di spedizione e manodopera a Taiwan.
Santos pensava inoltre di aver aggirato l’aumento dei dazi americani, ma un nuovo pacchetto di tariffe annunciato nei giorni scorsi da Trump, che coinvolge circa 60 Paesi, ha introdotto un dazio del 32% su tutti i prodotti (tranne i semiconduttori) provenienti anche da Taiwan. Una mossa che ha riacceso i timori tra gli operatori del settore, tanto che questa incertezza ricorda a Santos i momenti più stressanti della pandemia.
Il nodo cruciale, secondo il CEO di Maingear, è proprio l’imprevedibilità della politica commerciale americana, visto che i dazi sembrano essere usati come strumenti di negoziazione e non è chiaro se possano essere revocati o modificati da un giorno all’altro. Una situazione che rende difficile, se non impossibile, pianificare importazioni e gestire i prezzi, anche perché eventuali cambiamenti successivi alle spedizioni non chiariscono se sia previsto un rimborso o meno.
Carenza di componenti e panico da approvvigionamento
L’incertezza sta influenzando anche i fornitori di schede grafiche, molti dei quali stanno spostando la produzione fuori dalla Cina causando ritardi e carenza di prodotti. Questo meccanismo ha innescato un effetto domino: i rivenditori iniziano a ordinare più di quanto necessario per paura di restare senza scorte, alimentando ulteriormente la scarsità di prodotti.
Nonostante alcuni fornitori IT comprendano l’intento del governo americano di riequilibrare la bilancia commerciale e favorire la manifattura locale, la gestione “caotica” e senza preavviso dei dazi sta generando turbolenza in tutto il canale.
L’impatto sulle vendite IT
Matt Zafirovski, CEO dell’americana ACP CreativIT, ha sottolineato che l’effetto immediato dei dazi americani sarà un aumento dei prezzi dei prodotti hardware, che verrà trasferito direttamente ai clienti. Questo, a sua volta, potrebbe portare molte aziende a ritardare o ridimensionare i propri investimenti IT. “Se le imprese vedono diminuire la domanda dei loro prodotti, avranno meno fondi da destinare alla tecnologia”, ha spiegato Zafirovski.
Il 5 aprile è entrato in vigore un dazio del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, mentre il 9 aprile toccherà ad aumenti ancora più marcati, tra cui quelli del 34% per la Cina, 20% per l’Europa e 24% per il Giappone. La reazione dei mercati non si è fatta attendere. Giovedì scorso si è registrata la perdita di 3.100 miliardi di dollari di capitalizzazione, la peggiore da marzo 2020. Aziende come Dell, HP e Apple hanno perso fino al 19% in un solo giorno e anche venerdì si è assistito a veri e propri crolli azionari a livello globale.
Zafirovski ha dichiarato che, nonostante l’incertezza, le aziende come la sua continueranno a supportare i clienti nella gestione dei budget IT. ACP CreativIT ha avviato un programma FinOps per aiutare le imprese a ottimizzare la spesa tecnologica e in molti casi ha già anticipato l’acquisto di hardware prima che i nuovi dazi entrassero in vigore, immagazzinandolo per garantire prezzi stabili.
Confusione tra vendor e distribuzione
Molti produttori hanno inoltre interrotto temporaneamente preventivi e lead time per valutare l’impatto dei dazi americani, con le aziende coinvolte che vanno da produttori di schede madri a quelli di hard disk e alimentatori. Questo blocco, pur non influenzando l’inventario esistente, mette a rischio forniture future e contratti già siglati.
Michael Goldstein, presidente di LAN Infotech, prevede negli USA rincari del 10-15% su notebook, desktop e server, oltre a ulteriori aumenti sulle GPU NVIDIA, già cresciute del 20% in sei mesi. Contando che Trump ha annunciato che anche i semiconduttori saranno presto soggetti a dazi, Goldstein teme un effetto a catena globale dei dazi, che potrebbe favorire una recessione: “Le ripercussioni globali sono senza precedenti. È un momento davvero preoccupante.”
Considerazioni nate anche dalla risposta ai dazi (qui vi spieghiamo perché i contro dazi europei sono una pessima idea). La Cina, ad esempio, ha risposto a Trump con tariffe di ritorsione e nuove restrizioni sui minerali delle terre rare. A partire dal 10 aprile, la Repubblica Popolare Cinese imporrà una tariffa del 34% su tutte le merci americane in entrata nel paese, pari al 34% aggiuntivo imposto dall’amministrazione Trump sulle forniture cinesi.
Oltre ai dazi sulle importazioni statunitensi, la Cina ha limitato la vendita di diversi minerali delle terre rare agli acquirenti stranieri, tra cui samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. La Cina è uno dei maggiori produttori di minerali delle terre rare (detiene circa il 95% della produzione mondiale) e, di conseguenza, gran parte del mondo, compresi gli Stati Uniti, dipende dalle importazioni cinesi di questi minerali per la produzione di veicoli elettrici, semiconduttori e altri componenti elettronici.
Eppure, nonostante tutto, la spesa IT non si fermerà. L’imminente fine del supporto a Windows 10 prevista per ottobre spingerà infatti molte aziende a sostituire i PC, rendendo inevitabili alcuni investimenti. “Anche se i clienti saranno frustrati dai prezzi più alti, non potranno evitare di spendere”, ha affermato Goldstein.
Verso un’economia più stabile?
Bob Venero, CEO di Future Tech Enterprise, pur riconoscendo le difficoltà attuali, si è mostrato più fiducioso sugli obiettivi a lungo termine dei dazi americani. “Potremmo attraversare un periodo difficile, ma se servirà a rendere il nostro Paese più stabile e responsabile fiscalmente, ne sarà valsa la pena,” ha detto. Venero, come altri, non esclude una recessione, ma la ritiene preferibile a una crisi economica più profonda.
(Immagine di apertura: Shutterstock)