Il software gestionale italiano cresce del 16% e vale 20 miliardi
Le aziende italiane che forniscono software e servizi a esso correlati hanno generato nel 2021 un fatturato di 51,3 miliardi di euro, in crescita del 14% rispetto al 2020.
All’interno di questo mercato, le aziende italiane che forniscono software gestionale e servizi correlati nel 2021 hanno generato un fatturato di 19,9 miliardi, in crescita del 16% rispetto al 2020, con totale di oltre 133mila dipendenti impiegati. Sono i principali dati della ricerca “Il software gestionale in Italia: il percorso di trasformazione di PMI e PA”, realizzata dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, in collaborazione con AssoSoftware, e presentata oggi.
L’indagine rileva una crescita della consapevolezza dell’importanza del digitale, ma solo il 9% delle PMI e il 7% delle PA intervistate possono definirsi “avanzate” nell’uso del software gestionale. Quanto ai benefici più percepiti, tra le PMI prevalgono la capacità di prendere decisioni migliori perché più informate e l’ottenimento di dati sempre aggiornati in tempo reale, tra gli enti pubblici invece la trasparenza e il controllo sui processi, e la qualità del patrimonio informativo.
“La pandemia ha fatto maturare una nuova consapevolezza sull’importanza del digitale per le imprese di ogni settore. L’adozione di strumenti digitali a supporto dei processi è cresciuta, anzitutto per una risposta tattica all’emergenza, che ha portato le applicazioni a proliferare in poco tempo”, dichiara in un comunicato Marina Natalucci, Responsabile della ricerca sul software gestionale degli Osservatori. “Questo è evidenziato dalla crescita del business riscontrata dai produttori software, che caratterizza un settore in buona salute nonostante la crisi pandemica. La maturità d’uso nelle organizzazioni è lievemente cresciuta, dopo una prima adozione contingenziale è partito un percorso di consolidamento della tecnologia. Manca ancora però un vero impegno organizzativo alla revisione delle modalità di lavoro e una chiara visione strategica sul digitale, che faccia leva anche sul software gestionale”.
Il modulo più diffuso è la gestione amministrativa, il meno diffuso è il CRM
La ricerca ha coinvolto un campione di 514 PMI private di diversi settori e 158 enti comunali, evidenziando secondo i ricercatori un buon livello di diffusione dei software gestionali e, in alcuni campi, un trend di crescita rispetto allo scorso anno.
Tra i software considerati nel perimetro d’analisi, la crescita più significativa è dei moduli di Gestione documentale e workflow (adottati dal 48% delle PMI, +6% rispetto al 2021), probabilmente promossi dalla forte diffusione dello smart working.
Secondo per crescita ma primo per diffusione è il modulo di Gestione amministrativa e contabile (presente nell’87% delle imprese, +4%) che resta il più presente nelle imprese e rappresenta spesso il primo passo nell’adozione di soluzioni software, mantenendo una crescita significativa anno su anno.
In lieve crescita anche i software di Controllo di gestione (58%, +3%), il CRM (42%, +2%) – che tuttavia risulta ancora il modulo meno diffuso – e i software per la gestione del personale (61%, +1%).
Restano invece stabili i livelli di diffusione dei moduli gestionali legati ai processi core di back end, ovvero la Logistica e magazzino (54%) e l’Approvvigionamento e produzione (50%).
Solo il 29% ha integrato almeno in parte le applicazioni, il 43% ha un repository unico di dati
Guardando ai dati sull’integrazione tuttavia lo scenario risulta ancora estremamente frammentato. Oggi solo il 29% delle PMI ha integrato almeno in parte i software adottati, dato in linea con il 2021. Va meglio per l’integrazione dei dati: il 43% delle PMI lavora con un repository unico per tutte le applicazioni e un ulteriore 30% ne ha uno per una parte dei software utilizzati. Resta più di un’azienda su 4 che lavora con strumenti completamente a silos, ciascuno con un repository dati differente, rischiando duplicazioni ed errori.
Secondo i ricercatori, il freno principale verso un’adozione più estesa e interconnessa del software gestionale è di natura culturale. Per imprese ed enti medio-piccoli è difficile investire nel digitale e nell’arricchimento delle competenze IT perché spesso manca una visione strategica sul tema: l’uso del software è puntuale, per rispondere a esigenze tattiche o, nel caso del mondo pubblico, ad adempimenti normativi, e solo metà delle PMI (più precisamente il 51%) ha personale dedicato all’IT e al digitale. Percentuale che sale al 100% nella PA, ma solo perché gli enti sono obbligati per legge ad avere un responsabile per la transizione digitale. Se si esclude questa figura, solo il 35% degli enti ha personale IT.
I benefici nell’uso di software gestionale: percezioni diverse tra aziende private e PA
Pur con i limiti sopra esposti, i ricercatori rilevano una consapevolezza ormai radicata sulla rilevanza strategica dei software gestionali, in ambito sia pubblico sia privato, anche se con obiettivi diversi.
Nella PA il beneficio più sentito è la trasparenza e il controllo sui processi (74%), seguito da aumento della qualità del patrimonio informativo (72%), capacità di supportare nuove modalità di lavoro come lo smart working (72%) e maggiore interoperabilità tra applicativi e processi (71%).
Nel mondo privato invece i benefici più rilevanti si spostano verso temi di competitività d’impresa: il primo è la capacità di prendere decisioni migliori perché più informate (76%), seguito da ottenimento di dati sempre aggiornati in tempo reale (74%), con conseguente controllo sulle performance di processo (72%) e capacità di intervento in caso di anomalie e cambiamenti.
Performance superiori del 65% per chi usa il software gestionale in modo avanzato
Nell’ambito dell’indice di maturità nell’uso del software gestionale sviluppato dalla ricerca (e basato su 4 parametri, come si spiega in questo articolo), il valore medio per le PMI è circa del 44%. Emerge un 9% di PMI avanzate (percentuale stabile rispetto a 12 mesi fa) mentre si è dimezzata (17% contro il 33% del 2021) la quota parte di campione agli inizi del percorso. Si è quindi ampliata la percentuale di aziende in situazione intermedia, con profili di maturità eterogenei, più o meno avanti rispetto ai 4 parametri che compongono l’indice.
L’individuazione e quantificazione dei benefici sulle performance operative risulta a volte complessa anche a causa di approcci poco strutturati. Tuttavia le PMI avanzate registrano un indice di performance, secondo l’indicatore sviluppato nella ricerca, superiore di oltre il 65% rispetto alla media di mercato, grazie a un’adozione complessivamente più alta, a un’organizzazione più strutturata ma soprattutto a un livello di integrazione significativamente più esteso.
Analizzando la distribuzione dell’indice nella PA, emerge invece che solo il 7% degli enti locali può definirsi avanzato. Pur registrando un indice di adozione complessivamente più alto di quello delle PMI, nella maggior parte dei casi queste realtà non hanno un approccio maturo all’uso delle nuove soluzioni, che nasce da obblighi e adempimenti più che da una reale visione strategica sul digitale.
“L’impatto potenziale di queste soluzioni sul sistema paese è significativo ma deve essere correttamente guidato”, commenta nel comunicato Piermassimo Colombo, Vicepresidente AssoSoftware. “Enti e aziende dichiarano una mancanza di risorse finanziarie e competenze per poter accelerare: è necessario che tutto l’ecosistema, dalle istituzioni agli attori del mercato, si muova in modo coordinato, promuovendo piani di incentivazione e lavorando alla creazione delle competenze digitali nel Paese, ambito su cui l’Italia è particolarmente indietro rispetto al resto d’Europa”.