Il software italiano cresce del 17%, ora vale 63 miliardi: “Filiera chiave per la competitività del Paese”
In Italia la filiera del software e servizi correlati è in buona salute: nel 2023 le oltre 26 mila aziende del settore hanno fatturato 62,8 miliardi di euro (+17,4% rispetto al 2022), e hanno dato lavoro a oltre 300 mila dipendenti.
Non solo: il settore risulta tra i primi sei nel Paese per investimenti in Ricerca e Sviluppo, e ben il 15% delle imprese che vi operano è classificato come startup innovativa. Il grande problema è il divario rispetto ai principali paesi europei, legato al minor numero di imprese – in Francia le realtà che fanno software o servizi correlati sono più di 60mila, in Germania 40mila – e alla maggior frammentazione.
In Italia infatti l’83% degli operatori del settore ha meno di un milione di fatturato, e manca una grande realtà di rilevanza internazionale, come SAP per la Germania o Capgemini per la Francia. Il risultato è che il rapporto tra il fatturato di questo settore e il PIL in Italia si attesta al 3%, mentre in Francia è circa il 7%: più del doppio.
Sono i principali responsi del primo report dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation del Politecnico di Milano, presentato ieri e realizzato in collaborazione con AssoSoftware e con il patrocinio del Ministero dell’Economia.
“Su questi temi lavoriamo con AssoSoftware da 5 anni: già dal 2020 abbiamo realizzato la prima mappatura dell’offerta di software gestionale in Italia”, ha detto Alessandro Piva, co-direttore dell’Osservatorio. “Quest’anno però il progetto di ricerca si è ampliato diventando appunto un Osservatorio, per monitorare in modo permanente l’evoluzione di questa filiera chiave per la competitività del Paese”.
Il software infatti ormai è dappertutto, ha continuato Piva: è alla base della digitalizzazione di grandi aziende, PMI ed enti pubblici, e sta contribuendo a rivoluzionare i modelli di business anche in settori tradizionali, come quello finanziario, attraverso le imprese cosiddette “digital native”, che generano valore creando prodotti digitali.
Più in dettaglio, dei 62,8 miliardi citati in apertura, 35,7 miliardi vengono dal software vero e proprio (+17% annuo), di cui circa 29 miliardi dal software gestionale, e 27,1 miliardi (+18,3%) dai servizi correlati (system integration, consulenza, ecc.).
Ma a parte questi numeri, di positivo per la filiera del software italiano ci sono anche diverse evoluzioni settoriali e sistemiche che stanno creando un terreno fertile di sviluppo anche a livello internazionale.
Piva ha citato come esempi le continue aperture di nuovi Data Center sul territorio italiano, con piani di investimento miliardari da parte dei grandi provider internazionali (AWS, Google, Microsoft, Oracle), e i 12,7 miliardi di euro stanziati per il 2024-2025 dal PNRR nel recente Piano Industria 5.0, segno della crescente attenzione delle istituzioni.
Il 79% delle imprese software italiane vende gestionali, il 37% cybersecurity
Tra le altre cose, il report fa il punto sull’offerta di software disponibile oggi in Italia. I ricercatori hanno selezionato un campione di 1884 fornitori, che rappresentano il 59% del fatturato complessivo del settore, di cui 1031 produttori di soluzioni proprietarie. Tra i prodotti più diffusi emergono i Gestionali (offerti dal 79% delle aziende censite), seguiti dai software di Cybersecurity (37%) e da quelli di Analytics & AI (18%).
Inoltre emerge uno scenario di operatori software fortemente radicati sul territorio. L’80% delle 1884 aziende censite è italiana e rappresenta il 54% del fatturato complessivo del campione, mentre il restante 20% (divisioni italiane di realtà multinazionali) realizza il 46% del fatturato, ovvero in media quasi 3,5 volte di più delle realtà nostrane.
“L’offerta di software innovativi, per esempio di AI, in Italia è spesso integrata nelle soluzioni gestionali, e quindi direttamente nel cuore dei processi aziendali”, ha spiegato Marina Natalucci, co-direttrice dell’Osservatorio. “Questo rafforza la rilevanza strategica di un settore che in Italia vanta tante piccole eccellenze ma che ancora non è competitivo quanto in altri Paesi europei. La capacità di attirare capitali internazionali, per portare lo sviluppo di software in Italia, e di supportare la crescita dei produttori locali sarà cruciale per il futuro dell’industria digitale nel Paese”.
Maturità nell’uso dei software gestionali, medie imprese in forte crescita
Dato che i gestionali sono le soluzioni più diffuse nell’offerta italiana di software, e che i loro utenti sono prevalentemente PMI, l’Osservatorio ha anche valutato la maturità di utilizzo dei gestionali da parte delle PMI, attraverso un indice che sintetizza 4 dimensioni: adozione dei software, presenza di personale e competenze dedicate, livello di integrazione, e impatto sulle performance.
Nel 2024 il punteggio medio ha superato i 51 punti su 100, in crescita di quasi 3 punti rispetto allo scorso anno e di quasi 12 rispetto al 2021. Emerge però una sostanziale differenza tra piccole imprese (10-49 dipendenti), arretrate rispetto alla media, e medie imprese (50-249 dipendenti), in forte crescita su tutte e quattro le dimensioni dell’indice.
Tra i benefici dall’utilizzo esteso dei software gestionali, le PMI segnalano un maggiore controllo sui processi (82%), maggior visibilità e tracciabilità (81%), riduzione degli errori (76%) e la possibilità di usare dati aggiornati in tempo reale per prendere decisioni (75%). Inoltre l’utilizzo maturo del software gestionale è correlato alla capacità di internazionalizzazione. Risulta infatti attivo all’estero il 67% delle realtà con indice superiore a 70, ma solo il 34% di quelle con indice sotto i 25 punti.
Invece le principali difficoltà riscontrate dalle PMI nell’adozione del software gestionale sono i costi della digitalizzazione (61%), e mancanza di personale IT (50%) e di incentivi statali (46%).
Potenzialità di crescita per 1-2 punti di PIL
“I risultati di questa ricerca sono confortanti e testimoniano un settore dinamico e in crescita da diversi anni, ma di dimensioni ancora insufficienti se raffrontato agli altri Paesi Europei. Lo stesso vale per la maturità delle imprese utenti nell’utilizzo del software”, commenta Piermassimo Colombo, Vicepresidente di AssoSoftware. “Per ridurre il gap con la parte più avanzata dell’Europa serve una svolta culturale, sostenuta dalla politica e dal Governo, da una parte superando le attuali criticità e rendendo strutturali i nuovi incentivi sul software previsti dal Piano Transizione 5.0 e dall’altra mettendo in campo un grande programma di investimenti per rendere l’Italia l’hub europeo del software. Solo così sarà possibile liberare le energie della filiera, con potenzialità di crescita stimate tra 1 e 2 punti di Pil e circa 500.000 nuovi lavoratori specializzati, tutti formati e residenti in Italia, entro i prossimi 5 anni”.
Infine a conclusione del convegno di presentazione del report, l’Osservatorio ha conferito il Premio “innovatori italiani nel campo del software” per la crescita registrata nel periodo 2020-2023 a Cyber Guru, Beentouch e Digitalnology.